DVB-H: la normativa italiana è inadeguata

Pubblico integralmente alcune considerazioni scritte dall’Ing. Annino, membro esperto della seconda commissione consiliare del Comune di Forlì, sulla tecnologia DVB-H per la trasmissione di onde radio, comprese quelle televisive in digitale e sugli effetti che potrebbe avere sulla salute se non venisse adeguata la normativa vigente.

Considerazioni sulla applicabilità della attuale Normativa italiana alla tecnologia DVB-H

DVB-H è l’acronimo di “Digital Video Broadcasting – Handheld “. DVB-H è la specifica di un sistema che consente di portare sui cellulari servizi di trasmissione per onde radio, incluse le trasmissioni televisive in digitale. Lo standard definito da DVB-H è stato adottato nel novembre 2004.
DVB-H trasmette in “ Banda Larga “ ( impegnando molte frequenze contemporaneamente ) nelle seguenti “Bande “ di frequenza : 174-230 MgHz, 470-830 MgHz, 1452-2452 MgHz . La telefonia mobile invece trasmette in Banda Stretta. Inoltre la trasmissione DVB-H avviene per impulsi “ burst “, creando – presumbilmente – armoniche anche in bassa frequenza.

Occorre ricordare che il solo effetto biologico che oggi – secondo la Legge Italiana e in generale secondo le Leggi Europee – è considerato esistente è il cosiddetto “ effetto termico “ (riscaldamento dei tessuti ); non vengono invece considerati esistenti gli effetti biologici a lungo termine ( diversi tipi di interazioni cellulari ). Il parametro che fa da riferimento, in un certo sito con presenza umana prolungata, per la definizione del limite di radiazione da non superare in modo da non avere “ effetto termico “ potenzialmente dannoso è la “ densità di potenza “ ( espresso in Watt/ m2 ) dell’onda elettromagnetica nel sito in considerazione.

Nel caso di trasmissione in bada stretta e nel caso di sito non vicinissimo alle antenne ( lontano più di 1 metro dalle antenne ) ovvero in “ campo libero “ e in zona priva di ostacoli e in aria secca, la teoria delle onde elettromagnetiche stabilisce che il valore del campo elettrico ( espresso in Volt/metro ) sia correlato alla densità di potenza a meno di un fattore costante. Poiché la misura del campo elettrico è più facile della misura della densità di potenza, si usa esprimere il limite di densità di potenza in termini di campo elettrico equivalente.

Nel caso di trasmissione in banda stretta, in area priva di ostacoli, lontano oltre 1 metro dalle antenne, in aria secca, la densità di potenza assunta come valore limite dalle Norme è 0,0106 Watt/m2, e tale valore corrisponde al più noto 6 Volt/metro.

Ma la correlazione fra densità di potenza e campo elettrico di cui sopra non vale più nel caso di onde in Banda Larga; in tale caso ai 6 Volt/metro potrebbe corrisponde un valore della associata densità di potenza superiore ai 0.0106 Watt/m2: i 6 Volt/metro non possono quindi essere assunti come parametro di riferimento nel caso degli impianti DVB-H.
La Normativa e le necessarie Norme attuative vigenti in Italia non paiono quindi al momento aggiornate al punto da consentire la valutazione dell’impatto sulla salute di una stazione DVB-H.

A questa considerazione dirimente si possono aggiungere le seguenti altre, da ritenere accessorie in quanto non possono essere assunte come dirimenti in termini legali, ma che hanno un peso e che, se non altro, impattano sui comportamenti e sulle scelte personali nell’uso dei cellulari.

E’ infatti opportuno fare una considerazione più specifica sulle attuali conoscenze in relazione agli effetti a lungo termine delle onde elettromagnetiche che, come detto, sono considerati inesistenti dalle attuali normative. Gli effetti a lungo termine sono quelli che si potrebbero manifestare per esposizione prolungata a livelli di densità di potenza assai più bassi del limite stabilito in base ai soli effetti termici, e dipendono anche molto dalle frequenze delle onde elettromagnetiche in gioco.

Questi effetti si hanno a livello cellulare e sono di diversa natura; questo fatto è assodato scientificamente. Sulla pericolosità di questi effetti a lungo termine invece non c’è ancora accordo fra i ricercatori: i ricercatori si accusano fra loro. Da una parte alcuni dicono che non esistono ancora sufficienti dati epidemiologici che confermino la pericolosità di questi effetti; dall’altra parte si dice che i dati epidemiologici ci sono e che esiste invece un conflitto di interessi dei ricercatori che negano la pericolosità degli effetti a lungo termine, perché le loro ricerche sono sponsorizzate dai Gestori e quindi i risultati delle loro ricerche possono essere non oggettivi.

In una situazione come questa sembrerebbe opportuno applicare il principio di precauzione. Ciò significherebbe in pratica utilizzare come limite non superabile un valore del campo elettrico ( rappresentativo della densità di potenza limite ) più basso di quello attualmente in vigore.
Ebbene a maggior ragione ciò sarebbe necessario per le tecnologie DVB-H, in relazione alla molteplicità delle frequenze delle onde elettromagnetiche utilizzate.

Una ulteriore osservazione va fatta in relazione all’uso dei cellulari. Un cellulare acceso, a seconda della marca, presenta alla sua superficie campi elettrici variabili da 5 a 20 Volt/metro. Questi valori scendono velocemente con la distanza, riducendosi anche di un fattore 5 ad 1 metro di distanza. Ma questi valori NON sono confrontabili con il limite di normativa di 6 Volt/metro: infatti alla superficie di un cellulare si è in regione di “ campo vicino “ e il rapporto costante fra campo elettrico e densità di potenza non vale più, nemmeno per la telefonia mobile.

La situazione nel caso della tecnologia DVB-H peggiora in relazione all’uso della banda larga, e in relazione ad un uso del terminale che sarà presumibilmente più prolungato nel tempo.
In altri termini niente di preciso al momento si può dire in base alla normativa in relazione alla pericolosità dell’uso prolungato di un cellulare per telefonia mobile, in particolare se usato senza auricolare.

DVB-H: la normativa italiana è inadeguata
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