rischio

Il voto di minoranza

Appena concluse 7 elezioni regionali, si possono fare alcune riflessioni.
Il voto di Minoranza
La prima è che in 6 regioni su 7, i Presidenti sono stati eletti con un voto inferiore al 50%. Toti addirittura con il 34,4% dei voti.
Aggiungendo a questo una affluenza media del 53,9%, significa che i presidenti sono stati eletti con un 25% dei voti degli aventi diritto (con il picco negativo di Toti, eletto 17,43% degli aventi diritto).
Questo dato andrebbe tenuto a mente, perché ci ricorda sia che chi non vota perde sempre, sia che gli eletti rappresentano la scelta di una minoranza di persone.
Astensione ed elezioni di minoranze sono la diretta conseguenza della volontà di forzare la mano sul bipartitismo.

Il voto al Governo
Non si può utilizzare per un anno il voto alle europee come indice di gradimento del Governo, e pretendere che il voto delle regionali non venga valutato alla stessa maniera.
Entrambi i voti sono legati sia ai candidati specifici sia ai partiti che li sostenevano.

L’uomo solo e forte diventa meno forte e più solo
La parabola dell’uomo che risolve da solo tutti i problemi, che ha la bacchetta magica che serve al Paese, dell’innamoramento da premier, funziona solo finché vince.
Finché vince tutti salgono sul suo carro. Finché tutti salgono sul suo carro vince. Quando la ruota inizia a scricchiolare si inverte la tendenza, solitamente. Per fortuna, aggiungo io, perché quando si è innamorati non si ragiona.

La legge elettorale
C’è il rischio che la legge elettorale, cucita su misura sui risultati previsti prima del voto, abbia bisogno di una ricucita per adattarsi ai nuovi risultati.

Grillo Vittorioso?
Sarà anche un bel risultato, quello di Grillo e dei suoi 5 stelle. Però il dato di fatto è che sprecano un 20-25% di voti nella totale ininfluenza. Non hanno nessun presidente di regione, nessun assessorato, niente di utile a cambiare veramente qualcosa per il territorio. Anche il risultato elettorale andrebbe conteggiato non sulle percentuali ma sui voti alle urne.
Fossi in loro preferirei avere un 10% e decidere della metà delle politiche che si attuano, invece che criticare fuori dalla porta. Però ammetto che stare fuori dalla porta è più facile che lavorare dentro.

Un nuovo personaggino nel gruppo europeo 5stelle

Nei giorni scorsi il gruppo europarlamentare di Grillo rischiava lo scioglimento, a causa dell’uscita di un parlamentare e del requisito del limite minimo di membri.

Per fortuna hanno convinto il polacco di estrema destra Iwaszkiewicz ad entrare nel loro eurogruppo.

Iwaszkiewicz viene da un partito il cui leader è un negazionista dell’olocausto.

Iwaszkiewicz, in un’intervista al quotidiano polacco Gazeta Wroclawska pochi giorni dopo l’elezione alle europee, aveva difeso il capo del suo partito riguardo il negazionismo, aveva dichiarato che «in giro ci sono sicuramente delle mogli che se venissero picchiate verrebbero aiutate a tornare con i piedi per terra» e anche che «non è giusto che uno stato dica come educare i nostri figli: se gli dò una sberla rischio di andare in galera, invece questo può rafforzare il loro carattere».

Fonte: Il gruppo europeo di Grillo e Farage si è ricostituito – Il Post.

Le tessere di Grillo

Grillo ha sempre gridato contro le tessere dei partiti, però per le votazioni dei candidati e dei programmi userà lo stesso sistema.

Non che sia un male, è semplicemente assurda l’idea che tutti quelli che non condividono le tue idee possano decidere con quali programmi e quali persone ti presenti alle elezioni e ti candidi a governare. Molto meglio che le persone prima condividano una piattaforma di base, e poi scelgano insieme entrambe le cose. Un po’ alla volta (direi però troppo lentamente), anche il movimento 5 stelle capisce quelle che sono regole non scritte necessarie per una vera democrazia.

Però dire che queste “iscrizioni certificate” sono diverse dalle tessere di partito è una ipocrisia e una presa in giro. Del resto, hanno i due requisiti fondamentali delle tessere di partito: sono personali e non sono compatibili con quelle di altri partiti.

Però sono gratuite.
Quello che sembra superficialmente essere un aspetto positivo, è un rischio molto grave.

Quando ci sono in ballo posizioni (e stipendi) importanti, il rischio che le votazioni non avvengano democraticamente è molto elevato. Un potenziale malintenzionato si presenta con uno staff di persone che raccoglie iscritti fittizi, o semplicemente poco interessati, e li porta alle assemblee per farsi votare. Il limite, nei partiti seri, è che tutto questo ha un costo ed uno sforzo che ostacola le operazioni: il costo delle tessere ed il costo per il trasporto delle persone alle assemblee.

Con le tessere gratis, e le votazioni su internet, i malintenzionati potranno semplicemente mettersi un un angolo di piazza, raccogliere firme di adesione, e mandare le iscrizioni a nome degli ignari. Non gli costerà nulla, e potranno votare direttamente online con il loro nome. Senza un altro sistema che equilibri la partecipazione vera ed ostacoli le truffe, sarà un disastro.

Se questo è poco importante per i programmi, che di solito vengono ignorati per questo tipo di operazioni, non lo è per i candidati.

Opporsi alla corruzione ed agli inganni a parole è molto semplice. Ma l’efficacia e la serietà dipende dall’organizzazione, dalla capacità di equilibrare le forze in gioco, e dalla capacità di controllo e verifica.

Qualche giorno fa si è scoperto che probabilmente dietro la mostra di Brescia di Matisse c’erano falsi numeri di visitatori per ottenere i premi di risultato del bando, gli amministratori si sono detti estranei alla vicenda perché si erano semplicemente fidati delle rendicontazioni presumibilmente false degli organizzatori. Troppo facile, così. La responsabilità di chi gestisce la cosa pubblica non sta nel potersi considerare estranei alle truffe, ma nell’avere fatto tutto il possibile per controllare che queste non potessero avvenire.

Del resto è semplice: se lasci spazi per farti fregare, questi spazi verranno riempiti.
Non è un bel Mondo e non è semplice viverci, ma dovremmo essere abbastanza maturi per averlo capito, no?

Il decreto Salva Italia

Il decreto di Monti è il 5° in ordine di tempo per quest’anno. Siccome le prime 4 ce le siamo già dimenticate, le rielenco:

  1. Decreto Sviluppo 2011
  2. Manovra Correttiva 2011 (40 miliardi)
  3. Manovra Bis di Ferragosto
  4. Legge di Stabilità 2012 (Legge Finanziaria 2012)

Fonte: Fisco e Tasse

Quindi la 5° manovra di Monti, sarà forse essenziale per entità, ma sicuramente non obbligata nelle misure. Scegliere di colpire questo o quel settore è una scelta politica, non tecnica. Volete un esempio? La TAV Torino Lione costa circa 20 miliardi (molto probabilmente sottostimati). I nuovi caccia F35 pare costeranno 16 miliardi di euro. Il costo dell’esenzione dell’ICI sugli immobili della Chiesa circa mezzo miliardo l’anno, mentre 1,5 miliardi l’anno costa l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole. La Fornero dice che si possono fare modifiche: non si sa come, visto che il decreto è già stato votato e temporaneamente è già valido e già pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Alla conversione in legge, tra 60 giorni, si tornerà indietro su alcuni tagli già fatti? Inoltre chiedono che eventuali modifiche siano in pareggio sui conti, ma non ci dicono la portata delle singole iniziative, quindi è impossibile.

Detto questo, ho notato che in molti hanno commentato positivamente o negativamente la manovra sulla base di indiscrezioni, sciocchezze, sulla capacità oratoria di Monti o sulle lacrime della Fornero. In pochi, anche vista la complessità, hanno letto il testo del decreto almeno in parte, ed in pochi hanno commentato il metodo utilizzato per salvare l’Italia: un decreto legge.

I decreti legge sono provvisori e vanno convertiti in legge in Parlamento. Ora, si potrebbe discutere sull’urgenza nella quale ci troviamo, ma alcune misure intraprese sono talmente strutturali ed importanti da rendere l’uso del Decreto un precedente pericoloso.

Al di là della sostanza, i decreti vengono sovrautilizzati per evitare il voto del Parlamento. Ma il Parlamento è l’organo Istituzionale che più ci rappresenta, quello che abbiamo votato. La Costituzione mette nelle mani del Parlamento la responsabilità di rappresentarci, e proprio per questo non votiamo direttamente il Presidente del Consiglio.

Ora, anche dando per scontato che Monti ed i suoi Ministri siano la persone più oneste del Mondo, con questo Governo e questo decreto abbiamo visto scavalcare ancora una volta la Costituzione. Possiamo essere d’accordo con le misure o no, ma questo non cambia il fatto che la democrazia abbia delle regole. Quando queste non vengono rispettate, si toglie un pezzo di democrazia. Quando agiva in questo modo Berlusconi in molti, giustamente, lo criticavano. La mano è cambiata, ma quello che era sbagliato prima è sbagliato ancora, con l’aggravante che nessuno ha mai votato per Monti, in Italia.

Del resto la manovra contiene tutte misure assolutamente discutibili: nel senso che si possono accettare, convidere o contestare, ma nessuna delle quali è obbligatoria.

La complessità delle modifiche è tale che l’informazione è assolutamente parziale e gli approfondimenti che ho visto non scalfiscono nemmeno la pelle delle misure. I giudizi seri si fanno conoscendo le materie, lo diamo per scontato oppure giochiamo anche oggi al bar sport, facendo tutti gli allenatori?

Faccio 3 esempi:

– La manovra tocca il numero di consiglieri provinciali. Non tocca il numero dei componenti della Giunta. Così a fronte di un massimo di 10 consiglieri (che vengono eletti direttamente) avremo giunte di 15-20 componenti, nominati dal Presidente provinciale. Questo è molto peggio della soppressione dell’Ente, perché si toglie ai cittadini la possibilità di scegliere quali saranno i loro rappresentanti, aumentando la percentuale minima per l’elezione di un componente e riducendo le capacità di controllo dei cittadini nei confronti dell’amministrazione.

il taglio dell’indicizzazione Istat delle pensioni colpisce in particolar modo le pensioni medio-basse. Vengono salvate quelle fino a 950€. Quelle tra 3 volte e 5 volte il minimo erano già indicizzate al 70%, mentre quelle sopra le 5 volte già prima del decreto erano state de-indicizzate. Quindi la manovra Monti toglie, per il prossimo anno, il 2,6% (previsionale indice Istat per il 2012) a chi prende dai 950€ ai 1443€, l’1,82% dai 1443 ai 2405€, 20€ in tutto a chi prende più di quella cifra. Quindi chi colpisce maggiormente? Non i più ricchi, come ci viene raccontato.

– Nel decreto si cambia la tariffa dei rifiuti. Verrà calcolata sulla base della superficie dell’immobile, e non si dice come faranno i comuni che applicano già la tariffa puntuale (si paga in base ai rifiuti realmente prodotti) e quelli che intendono farlo. In più, la tariffa ricoprirà per una quota “gli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti”. Questo è esattamente il contrario di quello che hanno chiesto i cittadini, per l’acqua, nel referendum votato a Giugno 2011 (non molto tempo fa, ricordate?), che chiedeva l’eliminazione del recupero tramite tariffa del capitale investito.
Significa, in buona sostanza, che se il gestore dei rifiuti decide di costruire un inceneritore, il suo costo andrà in tariffa e noi lo pagheremo anche se nemmeno un chilogrammo di rifiuti ci andrà a finire. Che è l’esatto contrario del principio delle privatizzazioni e del libero mercato: le aziende assumono un rischio d’impresa per fornire un servizio, il cui costo unitario va in concorrenza con quello di altre aziende.

– Con il sistema contributivo non sarebbe necessario mettere limiti minimi di età o di anni di lavoro alla pensione. Se ho versato abbastanza, con un calcolo della aspettativa media di vita ed una rivalutazione del capitale contribuito, potrei andare in pensione anche dopo 10 anni. Ovviamente la misura sarebbe commisurata alla contribuzione, e probabilmente non sarebbe sufficiente, ma dovrebbero lasciare al singolo la decisione, e limitare i vincoli minimi alla fruizione della pensione minima. Ogni altra norma sarebbe solo utile a far cassa, e sarebbe aggiuntivo rispetto ad un sistema esclusivamente previdenziale. Tra l’altro obbligare al lavoro chi potrebbe andare in pensione, limita i posti di lavoro ed accentra la ricchezza su pochi invece di distribuirla: uno che ha guadagnato 4 volte la media potrebbe decidere di andare in pensione dopo 10 anni e prendere 1/4 di quello che prenderebbe lavorando 40 anni, avere comunque un entrata sufficiente per vivere e lasciando spazio ad altri. Non sarebbe questa la libertà? Quella libertà di cui parlano tutti e che tanti partiti mettono nei propri simboli e nei propri discorsi?

Questo per dire che nel merito se ne possono dire tantissime, e sarebbe giusto farlo. Dovrebbero farlo soprattutto i nostri Parlamentari, eventualmente anche dando un limite massimo ai tempi necessari per la discussione. Invece diamo per buono il tutto, alcuni addirittura “senza se e senza ma”.

Torna su