Cosa succede, cosa succede in città

Mi sento in dovere di dire due cose su quello che vedo in questi giorni. Da un lato si affacciano alla finestra delle scelte importanti, compiute dal governo, che modificheranno la nostra struttura sociale, e dall’altro manca la forza necessaria per contrastarle o emendarle in maniera decente.

Qualche dichiarazione di Fassino che si dice contrario (poveretto, è costretto tutti i giorni e tutto il giorno a rilasciare dichiarazioni di contrarietà!) , e la cosa finisce lì: dopo qualche giorno niente più quotidiani, nessuna televisione parlerà più di questo argomento.

Se riuscite a sentire qualche dialogo serio sul merito della questione, siete molto fortunati e vi prego di condividere la vostra fortuna con gli altri cittadini italiani, se possibile.

Questa situazione probabilmente ci mostra come tutto il sistema politico che ci dovrebbe sostenere sia sbagliato, nel mondo dei media e dell’informazione.

Prendiamo la riforma della scuola, ad esempio.

Un ministro indecente decide di apportare cambiamenti sostanziali al nostro sistema scolastico, contestato da migliaia di docenti, genitori, studenti (vedi la mozione di ReteScuole).

In televisione Fassino si esprime contrariato, si fanno vedere due manifestazioni di piazza, poi più nulla.

Nel frattempo, nessuno che dica perché queste modifiche sono sbagliate, perché dividere tra licei ed istituti professionali, che avranno canali di finanziamento diversi, significa aumentare il divario tra chi è benestante e chi invece ha bisogno di lavorare. Perché invece di incentivare con risorse la scuola e la ricerca, si taglia ovunque. Qualcuno che, in tutta sincerità, dica che la scuola non interessa ai gruppi politici perché i risultati di grossi investimenti si vedono solo dopo vent’anni, e tra vent’anni al governo a riscuoterne i benefici ci saranno altre persone.

Ci sono quindi due o tre problemi, fondamentali, che devono essere risolti prima possibile, se vogliamo che uno stato come il nosto arrivi al prossimo lustro con dignità:
– Chi decide deve avere l’interesse che le cose vadano bene, oppure deve stare nei posti decisionali meno tempo possibile, incentivando il continuo ricambio negli organi di decisione ed il continuo controllo sulle decisioni apportate. Bisogna trovare il modo di fare politica a lungo termine, ritornare agli interessi di tempi lunghissimi, che riporterebbero scuola, ricerca e formazione alla sua originaria importanza.

– Chi informa, deve iniziare a trattare meno problemi possibile ed andare un pochino più a fondo, alla stregua di quello che sta facendo Report, per spiegare e cercare di far capire la vera natura del problema, al di là del solito “il governo ha fatto una cosa sbagliata”. Ok, ma cosa e perché?. Non vale la scusante del gran numero di problemi da trattare, che rende impossibile la vera informazione (+ dati significa – informazione, ci spiegano all’università). Altrimenti servono altri strumenti di controllo dell’operato dei nostri politici.

Inoltre bisogna trovare il modo per permettere a gruppi di 100’000 cittadini interessati ad un problema di intervenire a livello istituzionale, sedendosi al tavolo con i rappresenanti politici e discutendo del problema. Se non si trova un accordo, nessuna delle due parti può decidere per tutti, quindi bisognerà escogitare un metro per portare a termine la soluzione, eventualmente ricorrendo ad esempi di democazia deliberativa, visto che i tempi e le tecnologie lo permetterebbero.

– Chi punisce chi sbaglia, deve farlo con la coscienza che la punizione serve come monito e come metro di educazione. E chi sta per compiere un reato deve essere insicuro, non deve avere la certezza o quasi di farla franca. Se viene a mancare la certezza di una punizione, allora viene a mancare anche l’incentivo a far bene. Non ci si può lamentare di una sparatoria, puntando il dito contro uno Stato che non è stato presente, ed allo stesso tempo condonare un palazzo illegale: se esiste una legge va rispettata, e se è sbagliata va corretta. Altrimenti è anarchia. L’onestà parte da noi, non tutto si può delegare ai politici.

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