Le invasioni Barbariche

Ho visto il film di Denys Arcand, “Le invasioni Barbariche”.

Mi è piaciuto molto, e mi è venuta voglia di fare un paio di considerazioni.

La prima è che la filmografia europea, in gran parte finanziata con contributi dell’Unione, in questi ultimi anni sta producendo un sacco di bei lavori, e spero che continui così, e che magari sempre più persone si spingano oltre l’ultimo Uomo Ragno (fermandosi prima del Natale in India).

Mi è parso interessante sotto molti punti di vista, soprattutto per i diversi pensieri che sono buttati al pubblico in mezzo alla cinica commedia, incentrata su un malato terminale che cerca il senso da dare alla sua vita. Come ad esempio, in due momenti diversi, i riferimenti alle invasioni barbariche che vengono collegate in un primo momento all’11 Settembre, data nella quale gli States per la prima volta si sentono colpiti in casa ( “invasi” ), e verso la fine, al figlio Yuppie chiamato dal padre “Il principe delle invasioni barbariche”.
Come a dire che queste due cose sono le due facce della stessa medaglia, che i movimenti di borsa e la speculazione sul petrolio, il denaro inteso come numeri slegati dalle persone che “producono” con il loro lavoro, e le guerre degli ultimi tempi sono strettamente connessi, inscindibili.

La politica in questo film assume un ruolo di tangente, che sfiora il film in diversi punti senza essere mai al centro del discorso, la trama è incentrata su altro e la regia è superba.

Le invasioni Barbariche
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