Forlì distretto delle bioenergie?

Scopro con disappunto da una notizia sul sito ProRinnovabili che Forlì starebbe per diventare il primo distretto per le bioenergie in Italia.
Bagnara parla con disprezzo delle “singole e casuali” idee sul fronte delle biomasse, mentre proprio le piccole centrali sono le uniche ad avere un bilancio energetico positivo (ed anche economico, se escluse le sovvenzioni europee).
Questa intervista è preoccupante, perché ha due possibili interpretazioni: se da un lato è positivo che esista una programmazione, e quindi anche una limitazione, delle centrali elettriche a biomasse, dall’altro bisogna rendersi conto che non può pensare di rendere una zona sola il centro per la produzione di energia da coltivazioni non food.

Questo non avrebbe assolutamente senso perché il rischio è quello di perdere la capacità di un territorio, sviluppata lentamente, sulle coltivazioni agricole. Dall’altro puntare su coltivazioni non food creerebbe necessità di importare cibo da zone lontane, aggravando il bilancio energetico della zona invece di alleggerirlo dalla dipendenza del petrolio.

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Forlì distretto delle bioenergie?

3 commenti su “Forlì distretto delle bioenergie?

  1. condivido quanto quì esponi e ti ammiro per l’impegno che dedichi anche ben oltre al tuo incarico istituzionale.saluti fausto

  2. Cara Beatrice, in pratica ti sei risposta da sola:
    – il fatto che sia possibile importare dall’estero pellets, significa fuori dal politichese che faranno così dopo pochi anni, perché costa meno. Guarda cosa è successo ad Argenta.

    – la rumorosità dipende dal progetto, ma solitamente non è questo il problema

    – come fa a non avere comignoli, se brucia metano e biomasse?

    Questo progetto, così come lo descrivi, è una semplice centrale elettrica a metano, con l’aggiunta di un pizzico di biomasse per acquisire incentivi.

  3. Sto cercando di documentarmi sui megaimpianti cogeneratori di energia da biomasse e metano. Nel mio piccolo comune, S. Donato di Lecce (Salento), vogliono costruire una centrale di questo tipo facendola passare per ecologica a basso impatto ambientale. Si tratta di una costruzione molto grande, anche se priva di comignoli, che necessita di un’area destinata alle coltivazioni (da “consumare”, visto che non bruciano)di circa 70.000 ettari. Quindi significherebbe modificare l’attuale sistema agricolo non solo di S. Donato, ma anche delle provincie di Lecce, Brindisi e Taranto. Alla fine, nel dibattito è uscito fuori che in caso di mancato raccolto locale, si possono fare arrivare navi cariche di pellets, per “far mangiare” l’impianto, da altre parti del mondo. L’amministrazione comunale ha elencato i vantaggi: le royalties al comune, l’assunzione per due anni di 200 persone per la costruzione dell’impianto, l’assunzione di 50 persone con l’impianto a regime, una nuova filiera agricola che aiuterebbe gli agricoltori locali.
    … e il nostro territorio come si trasformerebbe? è vero che questo tipo di impianti sono rumorosi? e le colture crescerebbero comunque con la siccità che è tipica di questa terra? dopo 60 anni l’impianto si chiuderà, la mega struttura rimarrà lì a decorare il paesaggio? e se non riuscissero a rifornirsi di metano (necessario per il funzionamento della centrale)la centrale sarebbe inutile?
    Ho mille dubbi, che non ha l’amministrazione comunale. Aiutatemi a capire e, se i dubbi sono giusti, a motivarli.
    grazie
    B.V.

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