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condivido pienamente. ma alla base ci deve essere un progetto politico di lunga durata. nel senso che pure se non si va alle poltrone europee si continua a pensare al progetto verde, e non a virare verso altri lidi. altrimenti tanto vale fare il salto della quaglia subito, lo dico per chiarezza.
e comunque serve una linea chiara di demarcazione dalla linea precedente, per
ridare vigore al progetto verde.
lo dico con sincerità, faccio fatica a identificarmi con questi verdi. serve del nuovo
E’ ovvio che questo è un passaggio delicato, che punta non alle poltrone a breve termine, e nemmeno ad altri lidi.
Visto che non tutti i Verdi la pensano in questo modo, occorre raccogliere il consenso maggiore possibile su questa proposta.
cari amici,
sono transitato dai Verdi al PD, di cui ho condiviso il processo costituente, a partire dal 2004, quando i Verdi lasciarono l’Ulivo( che pure avevano contribuito a costruire) per lanciarsi nell’avventura – a mio avviso geneticamente modificatrice – della sinistra arcobaleno.
Sono sempre stato convinto che in Italia il ruolo dei Verdi dovesse ( e debba) essere quello di forza riformatrice che orienta lo sviluppo senza bardature ideologiche ed integraliste, ma con intelligenza e radicalità riformista.
In questa prospettiva continuo a rtenere che i Verdi dovrebbero aprire un tavolo di confronto con il PD, anche ( e sopratutto) in vista dell’appuntamento elettorale europeo per identificare formule politico-strategiche di lungo respiro, ed avviare un processo serio di ricambio del gruppo dirigente e della delegazione parlamentare oggi presente a bruxelles.
L’Italia ha bisogno di una cultura politica riformista e digoverno, che sia alimentata dal fondamentale apporto delle sensibilità ambientaliste ed ecologiste, che non devono pertanto rimanere chiuse dentro recinti identitari, ma essere parte di una nuova stagione che porti le forze progressiste al governo.
comunque auguri.
gianfranco passalacqua, sinistra liberale nel PD
Caro Gianfranco, non condivido per nulla quello che dici.
Intanto parti dal presupposto sbagliato che i Verdi abbiano lasciato l’Ulivo: in realtà DS e Margherita hanno deciso di appropriarsene, per cercare di recuperare i voti che stavano perdendo.
La Sinistra Arcobaleno è stato un tentativo fallito di superare il voto utile, e come tale è un esperimento chiuso.
I “recinti identitari” sono una bella invenzione semantica. Servono per dire che le idee diverse non devono avere una loro rappresentanza, seppur marginale, autonoma, ma essere inglobate e rese sterili in un contenitore che le disperda.
I Verdi hanno una idea diversa di sviluppo della società, differente da quella del PD che è sostanzialmente identica a quella del PDL (infatti sulle cose fondamentali queste due forze si trovano d’accordo, dall’energia allo sviluppo del territorio, dall’economia al welfare).
E’ giusto quindi che si presentino agli elettori così, con il loro programma, sempre che la democrazia di questo paese non scada a tal punto da eliminare con regole elettorali studiate appositamente per eliminare qualsiasi alternativa.
Anche in questo caso credo che ci si debba presentare autonomamente e non in accoppiate che non hanno una base comune.
Il dialogo può avvenire comunque, ognuno con la sua forza, prima e dopo il vaglio elettorale, sempre che non si ripeta il tentativo di annullare la presenza dei possibili alleati.
Se non riusciamo a capire che è meglio discutere piuttosto che sparare al proprio vicino, allora siamo entrambi destinati a costituire un recinto di poco valore, senza nemmeno una identità.
Del resto il PD non è che questo, un recinto privo di idee ed identità, e per questo motivo i risultati che può ottenere in Italia sono scarsi, di qui la necessità di cambiare appositamente le regole del gioco.