Una analisi delle società partecipate a partire dal Comune di Forlì

Ieri in Consiglio Comunale abbiamo discusso (senza voto) sul ruolo delle società partecipate del Comune di Forlì. Queste società tolgono in generale potere decisionale dalle mani del Consiglio, e quindi dal controllo elettorale dei cittadini, e servono ad uno scopo ben preciso: conseguire l’oggetto sociale su indirizzo dell’amministrazione.
Non sempre questo avviene, e la gran parte dei problemi deriva non tanto dagli indirizzi che l’amministrazione cerca di imporre, ma dalla struttura societaria. Una S.P.A. come Hera, anche se a maggioranza pubblica, cercherà di perseguire come scopo il maggior dividendo possibile, altrimenti le sue quotazioni in borsa perderanno valore.
In questi giorni si è parlato tanto della crisi finanziaria di Sapro, che deriva dalla mancata vendita dei terreni a disposizione (sulla stampa si parla di circa 100 mln di euro di debiti). In questo caso il problema è aggravato dai conflitti d’interessi tra chi programma l’uso del territorio (il Comune, la Provincia), chi ha bisogno di aree (i privati) e Sapro (che è di proprietà delle amministrazioni locali).
Nella delibera che ci è stata presentata ieri Sapro viene individuata tra le società che si occupano di servizi di interesse generale a libero mercato. Questo però non combacia con le richieste fatte dalla società di coprire con una lettera di patronage (una garanzia) l’indebitamento con le Banche.

Quale società nel libero mercato può godere delle stesse garanzie?
Il ruolo del Comune nei confronti della sua società, al di là del patronage, è particolarmente complesso. Quando il Comune programma il territorio, modificando la destinazione d’uso dei terreni, va ad incidere sul bilancio di Sapro.

Uno schema per chiarire:
– Gli enti pubblici dettano gli indirizzi e fanno la programmazione del territorio.
– Sapro ed altri privati realizzano questi indirizzi, anche con accordi di programma fuori dalle previsioni.
– Gli enti pubblici sono proprietari di Sapro.

Nell’accordo di programma Querzoli-Ferretti, ad esempio, la scelta politica di fare un accordo di programma ha permesso alle aziende di non utilizzare i terreni di Sapro. Se non lo avesse fatto probabilmente le aziende si sarebbero rivolte a questa società, che avrebbe migliorato i suoi bilanci (ed essendo partecipata anche quelli dei suoi proprietari, tra i quali il Comune). In ogni caso queste scelte politiche incidono, in un verso o nell’altro, sul mercato e sui bilanci.

Gli accordi di programma e le continue varianti permettono di superare qualsiasi programmazione, sulla base di un interesse pubblico difficilmente dimostrabile.

Tornando ad Hera, qui i problemi di gestione e governance si moltiplicano:
– Il Comune dovrebbe impostare gli indirizzi
– l’ATO, che raduna tutti i comuni, dovrebbe gestire le tariffe
– Hera ha in affidamento i servizi pubblici
– Il Comune ha una partecipazione in Hera

I problemi sono ben facili da individuare in questo ciclo chiuso: senza fare una gara d’appalto, in questi anni ATO è stata costretta ad accettare le tariffe richieste da Hera. I guadagni di Hera sono anche i guadagni del Comune e degli enti che fanno parte di ATO (quindi paradossalmente il committente è proprietario del fornitore).
I guadagni di Hera sono i guadagni degli enti proprietari, che dovrebbero fare gli indirizzi (inceneritore sì, inceneritore no, porta a porta no).

La scarsa percentuale di partecipazione ha fatto perdere agli enti qualsiasi capacità di indirizzo: il 2.15% del comune di Forlì in Hera certamente non sposta nulla nel CDA.

Si aggiunga poi che il Comune è proprietario di Romagna Acque, che vende l’acqua ad Hera, o che Hera è proprietaria di parte di Agess, che scrive i piani energetici del Comune (che include ad esempio il teleriscaldamento di Hera). Si possono individuare molti altri problemi che certamente rendono più complicata la guida e la gestione dei servizi pubbilci.

Sul teleriscaldamento si gioca un’altra partita complicata e sottovalutata: le reti dell’acqua e del gas, per fortuna, sono pubbliche. Il teleriscaldamento invece è totalmente di proprietà del gestore, che è proprietario anche delle reti: in futuro se un’altra ditta vorrà fornire il servizio dovrà sfruttare le reti di Hera, che come concorrente ha la possibilità di impedirlo.

Non è una ipotesi assurda, se pensiamo a quanto è avvenuto sulla telefonia, sia fissa sia mobile. Per quella fissa abbiamo liberalizzato il mercato vendendo le reti (il doppino è di telecom). In questo modo telecom ha sempre avuto il controllo, che porta le nostre bande larghe per internet tra le più care d’Europa.
La proprietà privata delle reti di telefonia mobile, invece, hanno moltiplicato il numero di antenne per i cellulari: ogni gestore ha le sue. E questo difficilmente può essere considerato un bene.

Bisognerebbe fare quindi una riflessione approfondita sul ruolo delle società partecipate, sulla loro necessità e sulle modalità per recuperare trasparenza, governance e credibilità.

Sono molto curioso di sapere in quanti hanno letto fino alla fine questo lungo articolo, ed hanno una loro opinione in merito, penso che il tema sia uno dei più importanti per una amministrazione pubblica.

Una analisi delle società partecipate a partire dal Comune di Forlì

9 commenti su “Una analisi delle società partecipate a partire dal Comune di Forlì

  1. se è vero che il direttore di ATO costa 95.000 €/anno ed è fratello del presidente di Hera, che la società Hera luce pesca il presidente nel presidente della fondazione CdR di Forlì e che la Fiera era presieduta dal commmittente della campagna elettorale del sindaco uscente, fino alle dimissioni per lo scandalo IPER, e romagna acque è presieduta per dirittto ereditario da chi è stao sindaco a bertinoro, mentre il sincaco uscente di castrocaro presiede lo sviluppo discolto del turismo di forlì mentre quello (il sindaco) di forlì è presidente dell’aeroporto e l’ex presidente della provincia è presidente dell’università (non conosco o non cito i compensi), partendo dal presupposto che i curriculum non paiono così specifici per vedersi conferiti in modo insindacabile tali incarichi, allora possiamo immaginare che le società partecipate non servono allo scopo ma sono solo un vecchio solito grande magna magna

  2. Certo che l’ho letto tutto, e con grandissimo interesse aggiungo.
    Non sono un tecnico della questione, ma mi scontro continuamente con l’ottusità soprattutto di Hera, pertanto qualche esperienza l’ho avuta.

    Quando un comune decide di affidare in “outsourcing” parte delle proprie competenze gestionali, lo fa principalmente per liberare risorse, non si occuperà quindi più della gestione diretta di un servizio, tuttavia non dovrebbe MAI abdicare dal ruolo di controllo della efficacia gestionale dell’ente che è stato affidato alle logiche di mercato. Troppo spesso l’unico obiettivo che l’ente si pone si limita alla verifica (?!) dello stretto rispetto delle normative e alla bontà di remunerazione del capitale, essendo la maggioranza delle quote di proprietà pubblica.

    L’ipertrofia di queste aziende, come Hera, che travalicano i confini provinciali fondendosi assieme in multi-utility più simili a multinazionali che a ex-municipalizzate, porta una frammentazione enorme del controllo, per cui pur avendo ATO la possibilità ad esempio di incidere sulle scelte gestionali, nei fatti non lo fa, ABDICANDO COMPLETAMENTE AL RUOLO DI CONTROLLO, non solo di gestione.

    Aggiungiamoci poi il conflitto di interesse e di ruolo di coloro che, inseriti come consiglieri C.d.A. per nomina politica, sono anche titolari nei partiti delle scelte nelle direzioni strategiche (vedi caso Sacchetti pagato da Hera e che ha ruolo di coordinatore del gruppo ambiente nel PD), e i giochi sono presto fatti.

    Hera controlla, direttamente attraverso i dividendi, indirettamente attraverso i consiglieri politici pagati, le scelte operative dei partiti, i quali non solo avvallano qualsiasi cosa che il C.d.A delibera, ma rinunciano al ruolo di controllo e verifica nei dati da Hera forniti, con il pericolo che questi vengano “taroccati” ad arte per evitare frizioni.

    Così è accaduto con la raccolta differenziata.

    Credo che una riflessione approfondita nelle ruolo delle ex municipalizzate non possa prescindere, oltre alla necessità di trasparenza, anche alla limitazione dei CONFLITTI DI RUOLI, altrimenti una reale opera di controllo e denuncia degli abusi diventa infattibile.

    1- Chi esercita ruolo di controllo NON deve fare parte del C.d.A
    2- Limitare la dimensione delle multi-utility, oltre ad una certa dimensione è meglio che vengano privatizzate completamente !!
    3- Mantenere le reti “idrica, elettrica, telefonica, etc.” di proprietà PUBBLICA, lasciando ai privati la sola gestione operativa e la fornitura dei servizi.
    4- Rendere ELETTIVE e non ereditarie le cariche degli enti, basta con le nomine come “premio” per il servizio di protezione politica reso, (vedi il sindaco Conti che appena uscente viene promosso come presidente del patto di sindacato di Hera)

    In conclusione, il problema non è la compartecipazione pubblica ma un sistema che rende impossibile e frammentario qualsiasi ruolo di verifica e controllo.

    1. Concordo sul fatto che uno dei problemi sia il conflitto dei ruoli. Questo però dipende strettamente dalla compartecipazione: se una azienda è partecipata dal Comune, è giusto che nel CDA siano presenti rappresentanti del Comune.

      Di conseguenza, questi rappresentanti vengono scelti direttamente dal Sindaco, mentre dovrebbe a mio parere eleggerli il consiglio comunale.

      Quindi la soluzione per evitare conflitti di ruoli sta nel fare una scelta tra due sistemi:
      – liberalizzazione della gestione ad aziende completamente private, andando a bando
      – gestione interamente pubblica

      L’Europa ci impone di liberalizzare i servizi pubblici che hanno un interesse economico.

      Fatta dunque la prima scelta, non si può fare un incesto pubblico/privato dove i controllati sono i controllori.

      Voglio ricordare che gli unici a votare contro Hera sono stati Verdi e Rifondazione (a Forlì). Il centrodestra votò contro a Forlì, ma a Bologna dove aveva il sindaco parteciparono all’operazione.

      Una cosa: quanto scrivi “i partiti” sei troppo generico e fai di tutta l’erba un fascio, e non è giusto.

  3. Molto interessante l’articolo, anche se deprimente.
    Solo una cosa che non ho capito bene, non mi e’ chiara una cosa
    maginale;
    Hai riportato l’esempio delle antenne, e qui esco un po’ dal discorso per entrarne in uno ormai trito e ritrito:
    Il gestore della telefonia fissa e’ unico e quindi decide la tariffa
    (come sottolineavi) la piu’ alta d’europa.
    In quella mobile non e’ cosi’ perche’c’e’ una diversa conformazione,
    ogni gestore ha la sua antenna, e questo permette di diversificare
    le tariffe.
    Da un punto di vista “ecologico”, non deve trarre in inganno
    il numero di antenne. Le antenne non inquinano, cio’ che produce il campo elettromagnetico e’ il numero di telefonate, e quindi di portanti a radiofrequenza emesse dai gestori. Che ci siano 10 portanti di Telecom o 5 di vodaf 3 di Wind e due di Tre alla fine, il conto e’ uguale.
    Aldila’ dell’aspetto estetico, che queste antenne sembrano ormai dei “panettoni”, in realta si puo’ affermare che piu’ antenne ci sono e maggiore e’ la probabilita’ di avere concorrenza tra le parti.
    Se ho capito bene..
    Un saluto.

    1. Si, hai capito bene.
      Però se la rete di telefonia mobile poggiasse su una rete pubblica (ricordiamoci la privatizzazione delle frequenze) potremmo decidere dove posizionarle, allontanarle da strutture sensibili che invece il privato può ignorare perché paga meno di affitto, e così via.

      Quindi non è solo un fattore estetico.

    2. Non entro nel merito della questione se le antenne inquinano o non inquinano, tuttavia riguardo alle reti di telefonia mobile vorrei precisare quanto segue.
      Quelle che noi vediamo come antenne (1.8 e 1.9 Ghz, quindi relativamente piccoline) sono solo la punta dell’iceberg di una infrastruttura molto più complessa, che vede tanti altri componenti tecnici poco noti (BTS, BSC, MSC … vedi http://www.bsi.de/literat/doc/gsm/index_e.htm), nonchè cavi e interconnessioni fra i vari elementi. Questi sistemi sono duplicati per ogni operatore di telefonia mobile, nonchè diffusi capillarmente sul territorio, con ovvio dispendio di energia, risorse, tempo. A mio parere è un perfetto SPRECO, soprattutto energetico, in quanto ogni operatore deve raggiungere possibilmente una ampia fetta di popolazione, pertanto queste varie portanti si “contendono” gli slot di frequenza. Meglio sarebbe avere una UNICA infrastruttura pubblica e instradare la tariffazione al gestore “virtuale” a cui si è abbonati, si avrebbe il vantaggio di un minore “inquinamento” elettromagnetico, una copertura equivalente per ogni gestore, un utilizzo di energia e di risorse molto ridotto, con un servizio migliore per l’utente.
      A quanti è capitato di dire “in questa zona Tim prende bene, Wind così così, Vodafone no, 3 si” … etc.etc.

      Cosa pensereste (paragonando impropriamente il servizio rifiuti alla telefonia mobile) se ci fossero ipoteticamente alcuni concorrenti di Hera che vendono rispettivamente la chiave dei LORO cassonetti ? Arrivo in una piazzola e avrò tre bidoni dell’umido (di Hera, di Bis-Hera e Tris-Hera), ma potrò usarne solo uno (perchè ho pagato la chiavetta)! Non sarebbe uno spreco immondo ?

      La privatizzazione perfetta porta a questo, moltiplicazione dell’uso irrazionale delle risorse ai fini del profitto privato, a meno che non si tratti di monopolio ed in quel caso non fa molta differenza, perchè il pubblico e privato adotteranno le stesse logiche di gestione.

      L’equilibrio precario che è stato adottato, privato a controllo pubblico, non è un male in se, purchè esista DAVVERO il controllo pubblico e si riesca a trovare un sistema affinchè controllori e controllati non debbano più coincidere.

      1. Il problema è che le reti e le infrastrutture non possono essere private, ma devono rimanere pubbliche.

        Il privato a controllo pubblico è possibile solo se ci sono le condizioni tecnico-giuridiche, ed il sistema adottato per Hera secondo me non lo rende praticabile.

I commenti sono chiusi.

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