Giacomo Bulgarelli: Il mio Capitano

giacomo_bulgarelliDa bambino ci sono cose che pensi siano infinite.

La prima delusione in tal senso la provai il primo lunedì sera in cui sul primo canale (all’epoca non c’era bisogno di aggiungere RAI e le reti non esistevano) non trasmisero il film con Gary Cooper; per me lunedì sera significava film di cowboys, non sopportai l’idea che qualcuno potesse avere avuto l’idea di trasmettere altro.

Il calcio mi conquistò con la maglia del Bologna, io la immaginavo rossoblù – ma la vedevo in bianconero. Anzi, in grigio chiaro e grigio più scuro.
Il Bologna era Negri, Furlanis, Pavinato e così via fino a Pascutti, vinse lo scudetto e pertanto era la squadra più forte, oltre che la più simpatica. Mi innamorai di quell’undici e all’epoca, avevo sei anni, non potevo immaginare che una squadra perfetta potesse modificarsi nel tempo.

Già l’anno successivo spesso chiedevo a mio babbo sul perchè venisse preferito Micelli a Pavinato, devo dire che le spiegazioni di mio padre non mi convinsero mai pienamente.
Chi legge può immaginare il mio sconcerto quando, negli anni successivi, vennero ceduti e/o sostituiti i vari Tumburus, Fogli, Nielsen, Haller e Negri.
Ovviamente a me veniva sottaciuta la verità della convenienza economica, degli infortuni, del logorio fisico, io venivo convinto che i vari Spalazzi, Clerici, Turra e Tentorio fossero più forti e venissero inseriti nella squadra (e nell’album Panini) al fine di rinforzarla.

Pian piano capii che la vita, il mondo, non si fermano e le cose passano, si concludono, hanno un fine.

Una grandissima delusione, a me rimanevano Paperino e i suoi nipotini che non crescevano mai, Capitan Miki e Blek Macigno che vincevano sempre.
Loro e Giacomo Bulgarelli che vestiva sempre la maglia del Bologna, che rappresentava il punto fermo di una formazione che prima o poi sarebbe ritornata grande, costruita attorno al suo capitano.

“Bulgarelli” non è un cognome come un altro, dici “Bulgarelli” e pensi “Bologna FC”, anzi – pensi “grande Bologna”, “Paradiso”, “Scudetto”, “Coppa Italia”. Pensi a Bulgarelli e non ti viene in mente l’attuale stadio Dall’Ara, ti viene in mente il vecchio Comunale, con le sue pietre a vista all’esterno.

Guardo nella parete e c’è quella fotografia, anzi, quelle fotografie, di quel Bologna scudettato. Sempre schierati nello stesso modo, con Janich in alto a sinistra e Pavinato seduto in fondo a destra.

Quella squadra non muore, non morirà mai.

E Bulgarelli è sempre lì, fra Perani e Nielsen, con le sue mani nelle ginocchia dei due compagni.
Ecco, Bulgarelli “uomo” oggi se n’è andato, lo piange la sua famiglia soprattutto, lo piangiamo tutti noi che l’abbiamo visto mille volte, sentito commentare tante partite.
Ma il Bulgarelli “mito”, il Bulgarelli figurina e calciatore, quello fra Perani e Nielsen, quello non ci lascerà mai, questa delusione non la dovremo mai sopportare.

E colui che ha riempito le mie giornate di bambino, di adolescente, facendomi sognare di diventare come lui, di indossare la sua maglia,
ecco – lui non mi abbandonerà mai.

Rimarrà forever alle mie pareti, ma soprattutto nei miei ricordi.

Mio capitano.

Gianfranco Ronchi

Giacomo Bulgarelli: Il mio Capitano

3 commenti su “Giacomo Bulgarelli: Il mio Capitano

  1. Essì è stata dura dalla fine degli anni ’60 per noi bambini e tifosi del Bologna, mosche bianche fra tante altre rossonere, bianconere,nerazzurre più forti e vincenti. Bulgarelli è sempre stato però, nella buona come nella cattiva sorte, maestro non solo di calcio ma anche di stile (e quindi di vita). Allora anche a me piace ricordarlo “sempre giovane e bello” perchè come dice il Poeta.
    “La memoria è il solo paradiso da cui nessuno ci potrà mai cacciare”.
    Paul Valery

  2. Condivido appieno quello che scrivete.
    Pensate che io nella foto di classe di terza elementare anno 73/74 mi feci ritrarre voltato come lo era Bulgarelli nella foto della formazione (in piedi guardando a sinistra).
    Provate a pensare cosa può significare la sua morte per uno che dopo profonda e meditata analisi ha provato disgusto per il calcio attuale e dichiarandosi obiettore di coscienza si è dimesso dal tifo. Per uno che considera “bfc 1909” solo un’espressione dei tempi che corrono mentre BolognaFootballClub (tutto attaccato) una parola capace di descrivere un’epoca e richiamare emozioni infantili rendendole indelebili.
    Quando un uomo per le sue gesta entra nell’immaginario collettivo di una comunità (come può esserlo una tifoseria), la sua scomparsa priva della persona principalmente i familiari e quelli più fortunati che hanno avuto la possibilità di frequentarlo.
    Per tutti però restano le emozioni che il suo agire riesce ad evocare nel loro intimo. Queste generalmente si immagazzinano intensamente durante l’infanzia e restano per tutta la vita.
    Sono fiero di non ricordare un goal di mano (alla Boninsegna o Maradona per intenderci) di un giocatore del BolognaFootballClub (non si può dire invece la stessa cosa di alcuni del bfc1909), sono contento che non ci siano stati cascatori di professione tra i miei beniamini d’infanzia o dei macellai che hanno stroncato carriere agli avversari volontariamente (mi è sempre stato riferito che la frattura a Morra fu un incidente di gioco mentre quella del nostro Liguori… lasciamo perdere).
    Bulgarelli veniva da quel mondo, noi siamo cresciuti con quell’esempio di correttezza. Provate a seguire oggi una partita di bambini e guardate come si comportano in campo, guardate come si comportano i loro genitori sugli “spalti” e capirete il perchè del mio disgusto. Due generazioni che si sono perdute quel calcio e quei personaggi.
    Ho letto che Giacomo credeva e si prodigava al che il calcio si potesse salvare dalla propria deriva, la sua scomparsa non mi fa ben sperare.

    1. Posso confermarti, caro Fabrizio, che Bruno Mora si ruppe tibia e perone in uno scontro fortuito con il portiere Spalazzi. Dobbiamo ritornare alla stagione 1965/66 per un Bologna – Milan 4 a 1. Non venne fischiato nessun fallo e semmai fu lo stesso sfortunato giocatore del Milan (anch’egli scomparso) ad andare incontro al portiere rossoblu.
      Diverso il discorso per quanto riguarda Franco Liguori. Benetti gli spezzò la carriera con un’entrata micidiale che ho rivisto recentemente in un filmato d’epoca; posso assicurare di non aver mai visto nulla di simile, ne prima e neppure dopo, nemmeno in un una partita fra squadre sudamericane.

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