Il ricambio e le giovani generazioni in politica

Sono state pubblicate le statistiche dell’età media dei consiglieri comunali e provinciali. Sul sito di RomagnaOggi la notizia è stata accolta con sdegno in alcuni commenti, del tipo “tanto gli elettori trovano sulla scheda sempre gli stessi nominativi” e “Chi è riuscito a “sedersi” una volta, senz’altro vi ha messo un po’ di colla”. Ve lo assicuro, la situazione non è affatto questa. Nel consiglio comunale ci sono ancora i voti di preferenza, ed anche per questo motivo le liste di candidati sono sempre molto eterogenee, per sesso ed età. Se il risultato quindi non è uniforme alla distribuzione di genere e di età, questo non è causato dalle dirigenze di partito, che comunque sono elettive e riflettono il parere degli iscritti, ma dal voto dei cittadini.

C’è da chiedersi se un giovane sia meglio a tutti i costi di un uomo maturo, ed ovviamente la risposta è no. La verità è che gli under 30 interessati di politica ed attivi in prima persona sono pochissimi, e scarsa è anche la selezione. Molti meno di quelli che partecipavano attivamente quarant’anni fa , è un dato di fatto.

Oggi la politica, purtroppo, non è più considerata uno strumento per modificare le cose. Ci si sente ingiustamente impotenti, e si utilizza questo pretesto per fare altro (magari volontariato in qualche associazione).

Nel 2004 avevo 24 anni e 4 anni di politica universitaria (fatta in una associazione apartitica) alle spalle. Mi hanno chiesto di presentarmi alle elezioni amministrative come candidato e l’ho fatto volentieri, facendo campagna elettorale e cercando consenso per me e la mia lista. I pochi giovani che sono nei consigli comunali e provinciali non hanno ricevuto chissà quali investiture dalle gerarchie, ma si sono rimboccati le maniche.

Spesso questi ragazzi sono le ultime foglie di un albero genealogico di politici, e credo che la causa di questo si possa cercare in una cultura politica familiare (i genitori con ogni probabilità impartiranno una diversa cultura sull’impegno politico ai propri figli), e nella mancanza di nuove leve che si fanno avanti senza la certezza di risultati.

Il ricambio e le giovani generazioni in politica

2 commenti su “Il ricambio e le giovani generazioni in politica

  1. I motivi per i quali i giovani hanno disinteresse verso la politica ritengo siano 2:
    Innanzitutto l’attuale cultura di riferimento, prevalentemente trasmessa dai più importanti mass media, ha creato una generazione frivola, materialista, superficiale e irresponsabile. Questa non è la prima generazione a presentare questi problemi, ma ritengo che la nascita delle TV private, cacciatrici di ascolti e produttrici di spettacoli sempliciotti e banali, abbia abbassato l’interesse verso quei temi ritenuti lontani dalla vita di tutti i giorni e/o di competenza di “qualcun’altro”. Credo, però, che uno sviluppo e un utilizzo sensato di internet possa far cambiare tendenza.
    Il secondo motivo penso stia nel cambiamento della funzione dei partiti. Prima erano delle organizzazioni che avvicinavano gli iscritti, i militanti, gli elettori, alla vita politica del paese; erano punto d’incontro e di confronto. Ora sono solo delle elite che venerano e servono un leader; dei cacciatori di elettori che considerano dei semplici numeri i cittadini.
    Tutto questo allontana dalla politica perche la fa sembrare un cosa appertenente ai “vecchi che ci governano”

    1. Credo che i due motivi siano legati. Il berlusconismo ha avvicinato la politica ai mass media, e questi hanno bisogno di un riferimento unico, non di complessità legate al dibattito democratico.

      Il bello è che ogni giorno in televisione assistiamo a decine di dibattiti: basta guardare Forum o altre trasmissioni di quel tenore, per capire che l’attenzione al dibattito si è spostata dai temi importanti a quelli che non lo sono, dai fatti concreti alle discussioni inventate.

      Meglio seguire una discussione su un divorzio piuttosto che ascoltare un confronto politico su temi concreti? Probabilmente per ragioni pubblicitarie è più importante sviare l’attenzione dai conflitti veri (che porterebbero cali di investimenti pubblicitari dai soggetti coinvolti) a quelli finti (che non fanno male a nessuno.

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