Month: Giugno 2011

Meritocrazia.


Meritocrazia.
Tutti concordano, a parole, sul fatto che serva affidarsi alle persone migliori per riportare il treno del Paese sui binari giusti.

La Costituzione è molto chiara.
Per garantire questo principio ed ostacolare i clientelismi, le raccomandazioni e la corruzione, i padri della nostra Democrazia scelsero di scrivere in modo inequivocabile l’articolo 97: “Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge”.

Il concorso pubblico potrà avere i suoi difetti, ma è l’unico strumento che garantisce una selezione di merito, se organizzato secondo regole rigide ed assoluta trasparenza.

Pochi sanno che in Italia esistono decine di migliaia di persone, già vincitrici o idonee, che non vengono chiamate per diverse ragioni: il blocco delle assunzioni, la burocrazia e la volontà di selezionare diversamente il personale.
Forse la più importante è proprio l’ultima.

Praticamente tutte le amministrazioni pubbliche usano contratti precari per una fetta percentuale sempre crescente di dipendenti, scavalcando tranquillamente la nostra carta costituzionale.

I motivi di questa scelta non sono sempre di carattere economico.
Altrimenti non vedremmo casi in cui nonostante autorizzazioni già firmate, denaro disponibile e già destinato e decine di passaggi burocratici adempiuti, i vincitori e gli idonei rimangono comunque in attesa della raccomandata.

Saltando a piè pari i concorsi si superano con estrema agilità anche le garanzie di trasparenza che questi forniscono. Assumendo personale non scelto in maniera trasparente, chi ha in mano le redini può garantirsi potere discrezionale sulla selezione, con tutti i rischi di possibili illeciti che questo comporta.

Come ciliegina sulla torta, vengono poi i concorsi di “stabilizzazione”, che garantiscono enormi vantaggi diretti ed indiretti a chi già lavora in maniera precaria e quindi permettono di fissare a tempo indeterminato scelte fatte incostituzionalmente.

Trovarsi nella situazione di essere vincitore di un concorso, attendere 4 o 5 anni dal bando al risultato e vivere alla giornata per mesi o anni di attesa dalla notizia della propria vittoria, non è affatto semplice.

Vero, i vincitori di concorsi pubblici, sempre più rari, si trovano nella fetta dei più “fortunati”, quelli che hanno una speranza in più di molti altri.
Ma è una speranza guadagnata spesso con anni di sacrifici, di studi, di selezioni, e pure di denaro proprio speso in ricorsi amministrativi.
Vedersi scavalcati da chi probabilmente può annoverare una amicizia strategica, e vedersi lasciati soli dalla gran parte dei sindacati, dal Governo e dal Parlamento, rischia di trasformare la speranza in depressione e sfiducia nel proprio Paese.

Vengono infatti presentati emendamenti bipartisan in Parlamento per assicurare proroghe e deroghe per garantire la continuità ai lavoratori interinali (vedi 1 e 2)

I vincitori e gli idonei rimangono compostamente in fila e si vedono continuamente scavalcati da chi non ne ha il diritto.
Il 20 di Giugno alcuni di questi, organizzati dal Comitato XXVII Ottobre cercheranno di farsi capire e vedere.

Le considerazioni e le richieste di questo comitato sono totalmente condivisibili e probabilmente sarebbero scontate, in un paese normale: Vi invito a leggerle e a diffonderle.

Purtroppo il rischio è che la disillusione porti molti ad arrendersi e a smettere di rivendicare un diritto costituzionale per mancanza di ascolto, ma cambiare si può.

Speriamo di riuscire a rompere il muro di gomma che ci circonda, e far arrivare alla gente la giusta domanda sulla situazione attuale: chi ci guadagna?

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