Tagliare la tasi serve a rilanciare l’economia?

A mio parere no. Sicuramente serve più a Renzi per raccogliere facile consenso in tutte le fasce sociali (specie le medio alte).

Per rilanciare l’edilizia si dovrebbero tagliare gli ostacoli all’acquisto dell’immobile,  o incentivare al massimo le ristrutturazioni ed il risanamento. Invece sappiamo che tra imposta di registro, iva, imposta catastale se ne va una bella fetta del costo della nuova casa. A volte sono un ostacolo all’acquisto.

Se poi si cerca di acquistare una seconda casa, il tutto diventa spesso insostenibile.

Quello che è chiaro è che con questa proposta di taglio della tasi si cerca di dare un beneficio anche alle classi sociali più alte, dal momento che al solito non si fa distinzione sul reale costo dell’immobile: con le esenzioni esistenti spesso chi ha una casa piccola o di valore basso già oggi è esente o paga poco.

Visto che si tratta di una tassa di proprietà perché non considerarne il valore e tassare in base a questo,  con fasce progressive come per l’irpef? Un proprietario di due monolocali da 80’000 euro dovrebbe pagare le stesse tasse, per proprietà ed acquisto,  di chi ne ha una da 160’000 euro. E dovrebbe pagare meno di chi ha una casa da 400’000.

Basterebbe sommare i valori catastali posseduti e tassare progressivamente su questi. Al limite mettendo la prima fascia ad aliquota zero per esentare chi ha meno.

La seconda casa non è sempre un bene di lusso: può essere un investimento per il figlio o una necessità di lavoro.

Inoltre chi ha un mutuo trentennale non è proprio completamente proprietario dell’immobile,  visto che ci grava sopra una ipoteca.  Ma paga le stesse tasse di chi ha già estinto qualsiasi debito per l’acquisto.

Detto questo,  Renzi aveva iniziato bene con gli 80 euro, che erano un modo per far respirare chi lavora in regola.
Io avrei continuato per quella strada, rendendo l’Italia competitiva sui costi del lavoro.

Bisogna rendere più facile lavorare e rispettare le norme, avere uno stipendio decente per vivere, invece di creare misure a pioggia che spesso sostengono chi lavora in nero e dichiara zero redditi.

L’idea di fare qualcosa per i bambini poveri è sempre bella, vista da lontano. Però poi in mancanza di veri controlli su chi sono veramente,  si metterà nel mucchio dei beneficiati anche il figlio non povero di un padre disonesto.

Non sarebbe meglio creare le condizioni per diminuire il numero di bimbi poveri, aiutando chi vuole impegnarsi a trovare un lavoro?

E di tutte le misure che si fanno, si calcolano anche i costi accessori della loro applicazione? Se per dare 100 euro se ne spendono 150 tra controlli e modifica dei sistemi informativi,  bandi e costi collaterali,  non sarebbe meglio trovare strumenti più efficienti tagliando magari dove c’è anche inefficienza?

Anche la semplificazione aiuta a premiare gli onesti, mentre chi lavora fuori dalle norme è premiato dalle vessazioni che colpiscono i suoi concorrenti.

Tagliare la tasi serve a rilanciare l’economia?

2 commenti su “Tagliare la tasi serve a rilanciare l’economia?

  1. Alessandro concordo in pieno con te sull’analisi relativa alla TASI e più in generale sulla tassazione della casa. In realtà è stata introdotta sugli immobili una sorta di patrimoniale “nascosta” (perchè in Italia il termine “patrimoniale” è impronunciabile): si tassano gli immobili in modo diretto e orizzontale senza tenere minimamente conto della capacità reddituale complessiva del cittadino.

    Non concordo invece sulla tua analisi relativa agli 80 euro. In questo caso si sarebbe dovuto tenere conto della capacità reddituale della famiglia (es. ISEE): come saprai se in una famiglia marito e moglie hanno un reddito di 20.000 euro ognuno prendono entrambi gli 80 euro mentre se solo uno dei due lavora e ha un reddito di 40.000 non prende nulla (eclatanti al riguardo sulla stampa casi di coniugi di parlamentari che li percepiscono) oltre a pagare già più irpef a causa della curva delle aliquote. In questo modo forse si sarebbero potuti includere anche i pensionati e gli incapienti che invece, per motivi di bilancio, sono stati esclusi.

    Alessandro leggo sempre con piacere i tuoi articoli.
    Un saluto.
    Paolo

    1. Sul discorso del reddito familiare potrei essere d’accordo. Però l’irpef è personale e non cumulativo, sarebbe stato difficile da gestire. Quanti parlamentari hanno mogli che prendono meno di 1500 euro? Non sono tanti anche se fanno scalpore.

      Sul discorso degli incapienti invece assolutamente no. Non perché ritenga che non ne abbiano bisogno, ma perché ritorniamo sul discorso di prima: bisogna ridurre il numero degli incapienti rendendo più facile avere un reddito decente. Tutti i nostri mali dipendono da questo,penso: dobbiamo sforzarci di creare lavoro e non spendere tutto per sostenere chi non lavora.

      Tra gli incapienti ci sono anche i lavoratori in nero, o chi dichiara meno di quanto percepisce.

      In Italia, bisogna che ce lo diciamo, conviene troppo fare i furbi. Fare cassa integrazione e lavorare comunque in azienda, ad esempio. O fare uno scontrino ogni 2. È una cosa che non si sistema solo o prevalentemente coi controlli, ma rendendo più convenienti le alternative oneste. Ci sono anche persone in cassa integrazione che decidono di non lavorare anche potendolo fare, semplicemente perché così conviene. Non credo che sia un sistema sano.

      Per questo penso che si dovrebbe lavorare sul binario della riduzione delle tasse sul lavoro (il cuneo fiscale, come lo chiamava Prodi con un termine pessimo da pubblicizzare).

      Dovremmo anche rendere più conveniente creare una famiglia e sposarsi rispetto a fingere una separazione o rimanere conviventi. Tutto quello che viene calcolato sull’isee ha questo problema. Da un lato c’è il principio giusto che paga di più chi può , ma dall’altro le famiglie (di tutti i tipi) hanno una importante funzione sociale di mutuo sostegno che dovremmo incentivare proprio perché convengono anche allo Stato.

      Sui pensionati, son combattuto. La crisi non li ha colpiti come ha colpito i lavoratori, specie i più giovani e gli esodati. È vero che molti sostengono le spese dei figli in difficoltà, ma se non riparte il lavoro non ripartono nemmeno i consumi, con una catena nefasta.

      Per quello concentrerei le risorse sulle misure che servono a far muovere economia sana e sostenibile per il futuro.

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