Premiare chi resta e non chi parte

Un articolo del sole 24 ore dice che il 37% delle imprese italiane chiude entro i primi 4 anni.

Pesano sia la crisi sia i trucchetti per evadere.

E’ chiaro che sia così: gli incentivi alle nuove imprese e la tabula rasa dei debiti con il fisco se chiude e si utilizza un prestanome come nuovo titolare.
Anche i casi recenti di cronaca politico/giudiziaria dimostrano che non è una cosa rara: il padre chiude la sua azienda per chiudere i debiti, la madre diventa il nuovo titolare fittizio, oppure i figli. Vi ricorda qualcuno?

Forse dovremmo ribaltare strutturalmente gli incentivi: se hai una storia di contributi e fisco a posto, se la tua azienda è in piedi da 30 anni e continua ad assumere nuovi dipendenti, se riduci il tuo impatto ambientale e se hai usato zero cassa integrazione o non hai licenziato negli ultimi anni dovresti essere premiato, fiscalmente, non sentirti un cretino in mezzo ad una marea di furbetti.

Le nuove iniziative imprenditoriali non sempre sono innovazione.
In alcuni settori specifici (costruzioni, commercio all’ingrosso, pronto moda), le imprese create per essere chiuse entro 2 o 3 anni sono spesso lo strumento per non pagare i contributi, l’IVA o il fisco, ammazzando di concorrenza sleale chi invece vorrebbe stare in regola.

Premiamo chi resta, chi assume più persone dell’anno precedente o aumenta gli stipendi. E controlliamo che chi parte lo faccia nella maniera corretta, per non creare danno a chi lavora correttamente.

Premiare chi resta e non chi parte
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