Informatica

E’ ora di togliere un po’ di dati da Facebook

Lo scandalo di Cambridge Analytica ha riportato alla luce il grosso problema della privacy sui social network. In breve, partecipando ad un sondaggio online gestito da una applicazione che chiedeva l’autenticazione su Facebook, gli utenti hanno consegnato un po’ di informazioni sul loro profilo alla loro azienda. Ma non solo, perché tra i dati ai quali poteva accedere questa azienda c’erano anche dati degli amici di queste persone, che è una cosa ancora più grave: ognuno è responsabile della propria privacy, ma quando coinvolge anche quella dei contatti il tema è più preoccupante.

Consiglio quindi di cogliere l’occasione per rivedere l’autorizzazione che negli anni abbiamo concesso alle applicazioni di terzi su Facebook. Per farlo basta andare qui:
https://www.facebook.com/settings?tab=applications

Vedrete l’elenco delle applicazioni che accedono ai vostri dati, e cosa possono consultare. Vi consiglio di eliminare tutto quello che non è indispensabile, e ridurre l’accesso alle applicazioni che proprio dovete usare.

Un altro consiglio è quello di non utilizzare gli account di Facebook e Google per registrarvi su siti e servizi di terzi. Fate un nuovo account ogni volta che vi viene permesso, altrimenti consegnerete un altro pezzo della vostra vita sia a chi fornisce la password sia a chi fornisce il servizio al quale volete registrarvi.

Ricordate sempre che quello che pubblicate su Facebook è di tutti, non è più privato. Un esempio per tutti riguarda le foto su Facebook. Se permettete agli altri di taggarvi sulle foto, e non rimuovete il tag, anche chi non è nei vostri contatti potrà vederle semplicemente entrando sul vostro profilo e scrivendo “NOME COGNOME FOTO“.

Questa cosa si può solo parzialmente controllare, modificando le impostazioni che riguardano il diario e l’aggiunta di tag.

Infine, consiglio di installare ed usare Mozilla Firefox per navigare, piuttosto che Chrome, ed installare il plugin Adblock o un equivalente. Già da solo è più coscenzioso sui propri dati, e nelle impostazioni di privacy potete fare in modo che cancelli la cronologia alla chiusura.

Viva la Burocrazia, mettiamo sotto controllo tutti i selfie!

Non mi spiego altrimenti, se non con il nostro intenso amore per i garbugli, la richiesta del parlamentare Sergio Boccadutri del Pd (sollecitato dall’Unione nazionale dei consumatori) di regolamentare i selfie che si fanno i personaggi famosi.

E’ proprio fondamentale aggiungere uno strato di burocrazia per verificare ogni nuovo post, per evitare il rischio che il consumatore sia tratto in inganno quando vede una scarpetta firmata indossata dal suo cantante preferito.

Quella scarpetta sarà stata indossata perché al cantante piace farlo, oppure perché pagato dalla casa produttrice? E che differenza fa allo spettatore?

Perché limitarsi alle persone famose? Controlliamo anche le scarpette degli insegnanti, che magari stanno influenzando i nostri ragazzi nelle scuole con pubblicità occulta.

Quando anche obbligheremo ad un banner segnaletico di questa attività di sponsorizzazione, gli utenti non si abitueranno ad ignorarlo come fanno per la legge sui cookie?

Quali saranno le sanzioni? Quali le risorse impegnate nei controlli?

Lasciamo stare, per piacere.

 

Recuperare dati da un hard disk rotto su linux con ddrescue

Il vostro backup non è abbastanza recente ed il vostro disco fisso ha deciso di abbandonarvi? Prima di rassegnarvi c’è qualcosa che potete fare.

Se i dati sono preziosi, il consiglio migliore è quello di rivolgersi ad un centro specializzato. E’ solitamente un intervento costoso (se non lo è significa che non fanno il necessario), e non sempre ne può valere la pena.

In quest’ultimo caso, ci sono dei programmi linux che possono aiutare a recuperare gran parte, se non tutti i dati che avete perso a causa del disco.

La possibilità di successo dipende dal danno fisico che questo ha subito, quindi prima iniziate meglio è.

Prima di tutto scaricate systemRescueCD. E’ un cd che parte all’avvio, con tanti programmi utili per ripristinare un sistema operativo. Tenetene una copia a disposizione, ogni tanto potrebbe servirvi.

Poi avviate il computer con il disco rotto ed un disco con spazio vuoto a disposizione, grande almeno quanto la partizione da ripristinare.

Facciamo l’esempio che il disco rotto sia il primo, su linux sotto /dev/sda

Potete ripristinare tutto il disco o solo la partizione interessata (/dev/sda1 per la prima, /dev/sda2 per la seconda e così via).

Siccome è una operazione che richiede tempo, il mio consiglio è sempre quello di avere più partizioni nel disco, dividendole per importanza (nella prima il sistema operativo, non interessante, e nella seconda immagini, documenti e video, nella terza eventualmente film e serie tv che si possono recuperare altrove).

Dovete montare il disco nuovo, vuoto, in una posizione utile. Se è il secondo disco il comando sarà tipo:
mount /dev/sdb1/ /mnt/backup
Attenzione: il filesystem deve supportare file grandi, quindi deve essere NTFS, ext2 o ext3, ecc.

A questo punto potete utilizzare il comando ddrescue (attenzione, non dd_rescue, che è diverso e meno potente). E’ un comando che prova con insistenza a recuperare i dati del disco, senza interrompersi nel caso di errori. Utilizza inoltre una mappa del disco, che gli permette di girare a pezzi o essere eseguito più volte senza dover ricominciare il lavoro da zero.

Prima di tutto, cercate di recuperare la maggior parte dei dati con un primo passaggio:

1) ddrescue --no-scrape --no-trim --skip-size=50M /dev/sda2 /mnt/backup/immagine.img /mnt/backup/mapfile

Questo comando copierà i dati della partizione /dev/sda2 in una immagine nel disco nuovo, chiamata /mnt/backup/immagine.img, creando una mappa del recupero in /mnt/backup/mapfile.

Le altre opzioni servono per evitare due passaggi molto lenti (--no-scrape --no-trim) e fare un salto di almeno 50MegaByte in caso trovi un errore, per passare ad una zona migliore del disco.

Il comando si può interrompere quando si vuole, con i tasti CTRL+C. Riutilizzando sempre lo stesso mapfile, la seconda esecuzione non ripartirà da zero. Non conviene però interrompere spesso perché i settori saltati verranno ritestati.

A questo punto si può fare un secondo passaggio, lavorando sulla parte critica del disco, che è la prima:

2) ddrescue -i0 -s1G -d -r3 /dev/sda2 /mnt/backup/immagine.img /mnt/backup/mapfile

Questo comando parte dall’inizio della partizione (-i0), lavora sul primo GygaByte (-s1G), ritenta la lettura 3 volte in caso di errori (-r3), e va direttamente sul disco senza usare cache (-d)

La prima parte del disco spesso è la più importante perché contiene la mappa dei file, senza la quale non riuscirete ad utilizzare il resto dei dati recuperati.

Poi si può tentare un terzo passaggio, insistendo su tutto il disco che non è stato recuperato:

3) ddrescue --retrim -d -r3 /dev/sda2 --reverse /mnt/backup/immagine.img /mnt/backup/mapfile

In questo caso andiamo al contrario (–reverse), e facciamo in modo che il software marchi tutti i blocchi falliti come non ritagliati, e riprovando a recuperarli (in un ordine diverso rispetto ai tentativi indicati con -r3).

Se qualcuno dei passaggi è troppo lento, si possono togliere opzioni per farlo insistere meno. Più tempo darete al programma, più dati riuscirete a recuperare, arrivando ad un punto nel quale non ne varrà più la pena.

Ricordate che potete sempre ripetere i passaggi quante volte volete, magari cambiando le opzioni, dopo aver letto il manuale.

L’importante è che indichiate sempre la stessa immagine di destinazione ed il mapfile.

A questo punto avete la vostra immagine del disco recuperata. Potete consultare cosa c’è dentro, magari iniziando in sola lettura:

mount -o ro /mnt/backup/immagine.img /mnt/floppy 

Il nome floppy fa ridere, ma è una cartella come un’altra, sicuramente vuota e già esistente su systemRescueCD.

potete aprire il disco con il comando “mc”.

Potrebbe essere necessario un controllo del filesystem, che dipende dal tipo. Se era NTFS, conviene farlo controllare da CHKDS, dopo aver montato l’immagine in maniera virtuale con imdisk

In caso fosse ext3, invece, dovete prima di tutto smontare l’immagine

umount /mnt/floppy 

e controllare la partizione virtuale con

fsck.ext3 /mnt/backup/immagine.img.backup

(vi consiglio di fare una copia dell’immagine, prima di toccarla in scrittura, per questo ho indicato immagine.img.backup).

Altri programmi che possono tornarvi comodi:

photorec, testdisk

Fatemi sapere nei commenti se questa pagina vi è servita, o se avete altri consigli per gli utenti che dovessero riscontrare lo stesso problema.

Hanno ammazzato il Voucher, il Voucher è vivo!

Premetto che io non ero completamente contrario ai Voucher, che potevano rappresentare uno strumento utile per i lavoretti accessori in casi del tutto eccezionali (il vicino che taglia il prato, la baby sitter che non lo fa di mestiere, ecc.
In un paese dove il sommerso è così vasto come il nostro, avere uno strumento per gestire queste eccezioni rimanendo nella regola sarebbe opportuno.
Però l’abuso che se ne faceva era evidente: spesso utilizzati al posto di contratti veri, per sottopagare dipendenti ultraprecari.
Bastava forse limitarne l’uso in percentuale alla forza lavoro annuale: un 10% massimo delle ore lavorative pagate a dipendenti a tempo indeterminato dall’azienda, ed un tetto massimo dell’importo annuo per persona.

Il successo di uno strumento di questo tipo, per la finalità prefissata, è strettamente legato alla semplicità d’uso: non posso spendere 2 ore del mio tempo per pagare 1 ora di taglio di prato, è logico. Altrimenti è chiaro che gli unici utenti saranno i disonesti.

Il nuovo sistema che si sta ipotizzando in Parlamento invece sembra solo complicare la vita agli utilizzatori:

La principale differenza tra il vecchio e il nuovo sistema sembra essere la maggiore macchinosità di quest’ultimo. In passato famiglie e imprese potevano acquistare senza limiti i voucher in tabaccheria e usarli in qualsiasi momento per remunerare i lavoratori. -cut- . Sistemi di pagamento simili ai voucher esistono in quasi tutta Europa. La principale differenza tra i vecchi voucher italiani e i “mini-job” tedeschi e i “cèchque emploi” francesi è che i primi erano più facili da utilizzare perché non richiedevano iscrizioni a portali online, ma potevano essere acquistati semplicemente in un tabaccaio.

Fonte: C’è un nuovo problema con i voucher – Il Post

A mio parere oggi potremmo avere una APP per cellulari con la registrazione al sito INPS (o SPID), nei quali inserire il codice fiscale del lavoratore, e versare attraverso questa il dovuto. La registrazione ai servizi della pubblica amministrazione sarà sempre più utile, ed efficace se sarà unica e centralizzata (facendo risparmiare tempo).
Oppure si potrebbe pensare ad una “ricarica” tramite tabaccherie ed ATM bancari o postali.
Una volta registrato il committente ed il destinatario, i limiti annuali saranno facilmente verificabili, e per i piccoli lavori saranno finalmente usabili.

Se vogliamo andare avanti, dobbiamo usare la tecnologia per semplificarci la vita, non per complicarla con altri passaggi burocratici, che comportano sempre problemi (eccezioni, controlli, procedure informatiche). Deve essere più semplice rispettare le regole rispetto ad eluderle: come avviene per iTunes, Spotify e Netflix che ostituiscono gradualmente il p2p illegale.

Dopo 14 anni, sparisco da Google

Non so perché, ma mi sono accorto che queste pagine non sono più ricercabili su Google.

Di 4127 pagine del sito presenti sulla sitemap, solo 4/5 risultano attualmente indicizzate.

Google Search Console (ex webmaster tools) non mi dice nulla sul perché. Non ho fatto nulla che potesse dar noia all’indicizzazione.

Se avete idee, sono le benvenute.

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