Berlusconi

La legge Elettorale tedesca non ha più nulla di tedesco.

Era chiaro fin dall’inizio, che gli slogan sul nuovo sistema elettorale nascondevano in realtà un interesse personalissimo dei 4 capi-partito: Grillo, Renzi, Berlusconi e Salvini.

L’intenzione non è infatti mai stata quella di adottare un sistema tedesco, ma di creare un sistema che azzerasse le possibilità di successo dei fuoriusciti da PD e PDL (quindi ALA di Verdini, MDP di Bersani, NCD di Alfano), e prendersi i seggi dei voti di questi partiti.

Oltre a questo, l’idea del proporzionale che stanno partorendo conviene ai quattro per motivi diversi:

  • A Berlusconi permette di non scomparire, perché recupererà punti con il voto utile e dalla collocazione quasi solitaria nel centro-destra moderato. Successivamente guadagnerà ancora più potere grazie all’accordo con Renzi per formare un Governo di larghe intese.
  • A Renzi permette di abbattere sul nascere i fuoriusciti dal PD, richiamare il voto utile, governare come primo partito e diventare Presidente del Consiglio dei Ministri grazie ad un accordo con Berlusconi
  • A Salvini permette di correre da solo, attirare i voti degli estremisti di destra e di chi non vuole fare un accordo con Renzi
  • A Grillo permette di ottenere i suoi seggi in santa pace, nominare i suoi futuri eletti e rimanere fuori dal Governo: non sia mai che debba assumersi anche l’onere di passare dall’altra parte della barricata, e gestire la patata bollente di dover fare le cose (invece di lamentarsi dall’opposizione).

Tutti contenti, i quattro stanno ritagliandosi la legge perfetta. E siccome il tedesco non è perfetto per le loro esigenze personali, stanno togliendo i meccanismi di attribuzione dei seggi che tutto sommato ne avrebbero fatto un buon sistema.

Da sottolineare: il partito degli animalisti di Berlusconi non ha nessuna possibilità di superare la soglia di sbarramento, ed il nostro Silvio ha annunciato la sua proposta di legge il giorno stesso della presentazione di questo nuovo partito. Il padre ha ammazzato il suo agnellino.

 

Martedì l’aula della Camera metterà ai voti per la prima volta la nuova legge elettorale, il cosiddetto “modello tedesco”, frutto dell’accordo dei quattro principali partiti che siedono in parlamento: PD, M5S, Lega Nord e Forza Italia. In particolare negli ultimi giorni, la legge è stata molto modificata e non ha quasi più nulla dell’originale “sistema tedesco”.

Fonte: Il “sistema tedesco” non ha più nulla di tedesco – Il Post

La legge di Renzi

La proposta di Legge elettorale che si sta delineando in queste ore non fa cenno sui voti di preferenza ed ha un premio di maggioranza e sbarramenti ancora peggiore del Porcellum. Di fatto elementi che peggiorano proprio i difetti di sovra-rappresentatività ed antidemocraticità che sono alla base della decisione sulla incostituzionalità del porcellum.

La governabilità non viene fornita obbligando a raccogliere consensi su un programma condiviso da almeno il 50% +1 della popolazione, ma viene forzata facendo in modo che sopra al 35% si ottengano il 55% dei seggi. Significa un guadagno di 20 punti percentuali, che sono una stortura, non un premio.

Non ha poi nulla a che vedere con la legge dei sindaci, dal momento che questa è proporzionale e permette la rappresentatività dei partiti minori, che lui vuole sopprimere definitivamente, e l’apparentamento al doppio turno, che lega il premio alla coalizione che vince al ballottaggio e non al partito maggiore.

Sparisce l’intera rappresentatività di 1/5 della popolazione votante, e se si fa il conto della popolazione che si arrende prima di andare a votare, si capisce quanta democrazia ci sottragga.

Alfano penso sarà contento: davanti all’obbligo di coalizzarsi, tornerà con Berlusconi con il suo gruppo. Di qui alle elezioni, il centrodestra potrà raccogliere i voti populisti di Forza Italia, all’opposizione (finta), ed i voti dei “responsabili” al Governo.

Avremo questa scelta: Renzi, Berlusconi e Grillo.

A questo Renzi ci sta consegnando, sperando di fare la figura del meno peggio del gruppo.
Ed anche per questo, non è meno peggio del gruppo.

L’arrocco di Alfano

Io credo che questa mossa di Berlusconi di spezzare il suo partito sia studiata a tavolino. Non credo alla bramosia delle poltrone di Ministro di Alfano e soci, poltrone che sono sì prestigiose, ma anche a scadenza.

Tutto ruota intorno a due sole possibilità: o una parte del PdL veramente crede che Berlusconi sia irrimediabilmente finito, e cerca di crearsi una alternativa al pensionamento politico, oppure il PdL intero pensa che sia più opportuno dividersi per raccogliere maggiori consensi.

Si è visto in tutte le recenti elezioni, le mire bipolaristiche dei vertici dei due maggiori partiti attuali non hanno trovato il consenso di tutti. Una parte voterà sempre per un partito alleato, ma non totalmente allineato, almeno sulla carta.

Io penso che l’ipotesi della separazione volontaria e tattica sia la più probabile, perché viene proprio da uno dei più fedeli del capo, da quell’Alfano tanto criticato proprio per essere stato scelto per il suo appiattimento nei confronti del padrone di casa.

Così mentre Alfano ed un gruppo terrà in piedi il Governo Letta, raccogliendo i consensi di chi crede nelle larghe intese per uscire dalla crisi, un altro gruppo di Falchi farà parte dell’opposizione più becera, quella che facilmente raccoglierà consensi contro le tasse, l’euro, la Merkel.

Ma chiediamoci una cosa: se andassimo alle elezioni tra un mese o due, con chi si alleerebbero Forza Italia ed Alfaniani? Con altri o tra loro, per vincere? È nella risposta a questa domanda che si racchiude tuta la strategia di questi mesi.

Una strategia che trovo semplicemente orrida, così come è oscena la benevolenza con la quale viene accolta dal PD e dal Governo.

Tutti contro uno

Non mi pare difficile da capire: se oggi Bersani e Monti prendono accordi di non belligeranza in campagna elettorale, ed anticipano collaborazioni post-elettorali, danno spazio a tutti gli altri, Berlusconi compreso.

Riducendo le loro (presunte) differenze programmatiche, chiaramente si mangiano l’un l’altro i voti dell’intersezione, e disperdono i voti di chi non è d’accordo nell’alleanza.

Il PD, in particolare, pare dare già per persa la sfida.

Complimenti, non era facile rischiare di perdere, solo pochi giorni fa.

Il decreto Salva Italia

Il decreto di Monti è il 5° in ordine di tempo per quest’anno. Siccome le prime 4 ce le siamo già dimenticate, le rielenco:

  1. Decreto Sviluppo 2011
  2. Manovra Correttiva 2011 (40 miliardi)
  3. Manovra Bis di Ferragosto
  4. Legge di Stabilità 2012 (Legge Finanziaria 2012)

Fonte: Fisco e Tasse

Quindi la 5° manovra di Monti, sarà forse essenziale per entità, ma sicuramente non obbligata nelle misure. Scegliere di colpire questo o quel settore è una scelta politica, non tecnica. Volete un esempio? La TAV Torino Lione costa circa 20 miliardi (molto probabilmente sottostimati). I nuovi caccia F35 pare costeranno 16 miliardi di euro. Il costo dell’esenzione dell’ICI sugli immobili della Chiesa circa mezzo miliardo l’anno, mentre 1,5 miliardi l’anno costa l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole. La Fornero dice che si possono fare modifiche: non si sa come, visto che il decreto è già stato votato e temporaneamente è già valido e già pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Alla conversione in legge, tra 60 giorni, si tornerà indietro su alcuni tagli già fatti? Inoltre chiedono che eventuali modifiche siano in pareggio sui conti, ma non ci dicono la portata delle singole iniziative, quindi è impossibile.

Detto questo, ho notato che in molti hanno commentato positivamente o negativamente la manovra sulla base di indiscrezioni, sciocchezze, sulla capacità oratoria di Monti o sulle lacrime della Fornero. In pochi, anche vista la complessità, hanno letto il testo del decreto almeno in parte, ed in pochi hanno commentato il metodo utilizzato per salvare l’Italia: un decreto legge.

I decreti legge sono provvisori e vanno convertiti in legge in Parlamento. Ora, si potrebbe discutere sull’urgenza nella quale ci troviamo, ma alcune misure intraprese sono talmente strutturali ed importanti da rendere l’uso del Decreto un precedente pericoloso.

Al di là della sostanza, i decreti vengono sovrautilizzati per evitare il voto del Parlamento. Ma il Parlamento è l’organo Istituzionale che più ci rappresenta, quello che abbiamo votato. La Costituzione mette nelle mani del Parlamento la responsabilità di rappresentarci, e proprio per questo non votiamo direttamente il Presidente del Consiglio.

Ora, anche dando per scontato che Monti ed i suoi Ministri siano la persone più oneste del Mondo, con questo Governo e questo decreto abbiamo visto scavalcare ancora una volta la Costituzione. Possiamo essere d’accordo con le misure o no, ma questo non cambia il fatto che la democrazia abbia delle regole. Quando queste non vengono rispettate, si toglie un pezzo di democrazia. Quando agiva in questo modo Berlusconi in molti, giustamente, lo criticavano. La mano è cambiata, ma quello che era sbagliato prima è sbagliato ancora, con l’aggravante che nessuno ha mai votato per Monti, in Italia.

Del resto la manovra contiene tutte misure assolutamente discutibili: nel senso che si possono accettare, convidere o contestare, ma nessuna delle quali è obbligatoria.

La complessità delle modifiche è tale che l’informazione è assolutamente parziale e gli approfondimenti che ho visto non scalfiscono nemmeno la pelle delle misure. I giudizi seri si fanno conoscendo le materie, lo diamo per scontato oppure giochiamo anche oggi al bar sport, facendo tutti gli allenatori?

Faccio 3 esempi:

– La manovra tocca il numero di consiglieri provinciali. Non tocca il numero dei componenti della Giunta. Così a fronte di un massimo di 10 consiglieri (che vengono eletti direttamente) avremo giunte di 15-20 componenti, nominati dal Presidente provinciale. Questo è molto peggio della soppressione dell’Ente, perché si toglie ai cittadini la possibilità di scegliere quali saranno i loro rappresentanti, aumentando la percentuale minima per l’elezione di un componente e riducendo le capacità di controllo dei cittadini nei confronti dell’amministrazione.

il taglio dell’indicizzazione Istat delle pensioni colpisce in particolar modo le pensioni medio-basse. Vengono salvate quelle fino a 950€. Quelle tra 3 volte e 5 volte il minimo erano già indicizzate al 70%, mentre quelle sopra le 5 volte già prima del decreto erano state de-indicizzate. Quindi la manovra Monti toglie, per il prossimo anno, il 2,6% (previsionale indice Istat per il 2012) a chi prende dai 950€ ai 1443€, l’1,82% dai 1443 ai 2405€, 20€ in tutto a chi prende più di quella cifra. Quindi chi colpisce maggiormente? Non i più ricchi, come ci viene raccontato.

– Nel decreto si cambia la tariffa dei rifiuti. Verrà calcolata sulla base della superficie dell’immobile, e non si dice come faranno i comuni che applicano già la tariffa puntuale (si paga in base ai rifiuti realmente prodotti) e quelli che intendono farlo. In più, la tariffa ricoprirà per una quota “gli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti”. Questo è esattamente il contrario di quello che hanno chiesto i cittadini, per l’acqua, nel referendum votato a Giugno 2011 (non molto tempo fa, ricordate?), che chiedeva l’eliminazione del recupero tramite tariffa del capitale investito.
Significa, in buona sostanza, che se il gestore dei rifiuti decide di costruire un inceneritore, il suo costo andrà in tariffa e noi lo pagheremo anche se nemmeno un chilogrammo di rifiuti ci andrà a finire. Che è l’esatto contrario del principio delle privatizzazioni e del libero mercato: le aziende assumono un rischio d’impresa per fornire un servizio, il cui costo unitario va in concorrenza con quello di altre aziende.

– Con il sistema contributivo non sarebbe necessario mettere limiti minimi di età o di anni di lavoro alla pensione. Se ho versato abbastanza, con un calcolo della aspettativa media di vita ed una rivalutazione del capitale contribuito, potrei andare in pensione anche dopo 10 anni. Ovviamente la misura sarebbe commisurata alla contribuzione, e probabilmente non sarebbe sufficiente, ma dovrebbero lasciare al singolo la decisione, e limitare i vincoli minimi alla fruizione della pensione minima. Ogni altra norma sarebbe solo utile a far cassa, e sarebbe aggiuntivo rispetto ad un sistema esclusivamente previdenziale. Tra l’altro obbligare al lavoro chi potrebbe andare in pensione, limita i posti di lavoro ed accentra la ricchezza su pochi invece di distribuirla: uno che ha guadagnato 4 volte la media potrebbe decidere di andare in pensione dopo 10 anni e prendere 1/4 di quello che prenderebbe lavorando 40 anni, avere comunque un entrata sufficiente per vivere e lasciando spazio ad altri. Non sarebbe questa la libertà? Quella libertà di cui parlano tutti e che tanti partiti mettono nei propri simboli e nei propri discorsi?

Questo per dire che nel merito se ne possono dire tantissime, e sarebbe giusto farlo. Dovrebbero farlo soprattutto i nostri Parlamentari, eventualmente anche dando un limite massimo ai tempi necessari per la discussione. Invece diamo per buono il tutto, alcuni addirittura “senza se e senza ma”.

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