Biomasse

DAL PETROLIO AL SOLE

Mercoledì 26 maggio – ore 20.30. Presso la sala conferenze dell’Hotel Ala d’Oro, Lugo – Corso Matteotti, 56

Il petrolio sta per finire: quanto ne resta?
Esaurito il petrolio, cosa accadrà?
Che significato ha la curva di consumo del petrolio (Picco di Hubbert)?
Quali sono gli impatti del consumo di combustibili fossili sull’ambiente?
Che alternative abbiamo?
L’energia solare potrà mai sostituire quella prodotta oggi dai combustibili fossili?
E le biomasse, sono realmente sostenibili?
L’Italia su quali energie vede il proprio futuro?
Ne parliamo con il

Prof. UGO BARDI

Docente del Dipartimento di Chimica dell’Università di Firenze e Presidente dell’ASPO Italia. L’ASPO, www.aspoitalia.it, è un’associazione internazionale composta principalmente da scienziati che studiano il consumo dei combustibili fossili (Teoria di Hubbert) e le possibili alternative.

www.verdilugo.it

L’inceneritore di Biomasse di Forlimpopoli non si farà

E’ di pochi giorni fa la notizia che la centrale a biomasse di Forlimpopoli non si farà. La SFIR ha modificato il progetto, e con un investimento di 10 milioni di euro garantirà il posto di tutti i lavoratori dell’ex zuccherificio.

Nessun “termovalorizzatore” | inceneritore di prodotti agricoli, per fortuna. Complimenti a tutti coloro che hanno lavorato insieme per evitare che ancora una volta si cogliesse l’occasione di aumentare il carico di inquinamento dell’aria della nostra Provincia, salvaguardando comunque i lavoratori.

Centrale a Biomasse Forlimpopoli – un esempio di democrazia

Il Sindaco di Forlimpopoli (DS, futuro partito democratico) non vuole che a Forlimpopoli a ridosso del centro si costruisca una centrale a biomasse da 22 megawatt.
Il Ministro De Castro, Margherita (futuro partito democratico), sembra abbia ribattuto con un ultimatum: o approvate la centrale o la approvo io. Gli altri Sindaci del comprensorio non sono stati invitati, o lo sono stati in ritardo (diversa la versione dell’assessore all’Ambiente di Forlì rispetto a quella dell’ultimo articolo su RomagnaOggi.it).
Un esempio di democrazia.

Leggi l’articolo su RomagnaOggi.it:
FORLIMPOPOLI – Sfir, il ministero accelera sulla centrale a biomasse

La centrale a Biomasse non si farà a Forlì

L’assessore all’ambiente Palmiro Capacci di Rifondazione Comunista ha deramato un cominicato stampa nel quale afferma che il mancato invito del Comune di Forlì alla riunione di Roma sul grosso impianto a biomasse proposto dalla SFIR è una chiara indicazione che questo non si farà nel territorio del nostro comune. Buone notizie? Certo.
Questo però non mi rincuora, perché il territorio di Forlì non è protetto da una cupola di vetro (per fortuna, altrimenti soffocheremmo), e non solo per questo motivo dobbiamo valutare tutte le maggiori fonti di emissione di inquinanti che vengono proposte nel nostro territorio.

Se l’ipotesi fosse quella di fare l’impianto a Forlimpopoli, sede dell’attuale area industriale SFIR, il suo impatto negativo andrebbe a peggiorare la qualità dell’aria della zona più colpita dall’inquinamento degli inceneritori di Coriano di Forlì. Basta guardare la cartina dello studio Enhance Health (presa dalla relazione) sulla ricaduta dei metalli pesanti per capire che la diffusione ha una direttrice che parte da nord-ovest e va verso sud-est di Forlì, proprio verso l’area SFIR di Forlimpopoli e la nuova area industriale Querzoli-Ferretti.

Il Piano Energetico Regionale parla di un sostanziale pareggio energetico della nostra regione: produciamo più o meno quello che consumiamo. Dal punto di vista dell’indipendenza energetica, quindi, questo impianto è inutile. Sappiamo che la pianura padana è tra le più inquinate d’Europa, ed invece di tentare di risanare questo debito nei confronti della salute della popolazione non perdiamo occasione per incrementarlo.

Del resto abbiamo appena aperto l’IRST. Diventeremo -nostro malgrado- il punto di eccellenza nella ricerca sui tumori.

Sull’impianto di digestione anaerobica da biomassa di S. Pietro in Campiano

Martedì sera sono stato all’assemblea pubblica organizzata in occasione della realizzazione dell’impianto di digestione anaerobica da biomassa in costruzione a S.Pietro in Campiano (nel ravennate), in via Erbosa 25.

La proprietà dell’impianto è AGRIENERGY a.r.l., la stessa che ha presentato il famoso impianto a biomasse di cui abbiamo parlato diverse volte, anche all’assemblea pubblica a Pievequinta.

Va detto che i digestori anaerobici non sono inceneritori. Non hanno un camino e non bruciano rifiuti. Incamerano scarti vegetali e deiezioni animali per produrre biogas, che viene poi utilizzato da un motore che produce calore ed energia elettrica.
Sono impianti di piccole dimensioni, sotto il megawatt di potenza (la centrale di cui sopra era decine di volte più potente), che possono essere la soluzione ottimale per chiudere un ciclo energetico: gli allevamenti e le coltivazioni producono biomassa come scarto di lavorazione e necessitano di riscaldamento, energia elettrica e concime, il risultato della digestione anaerobica.

L’impianto di S.Pietro in Campiano, però, soffre di diverse problematiche.
Prima di tutto, vista la sua piccola dimensione in termini di potenza non ha bisogno di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) o di Screening. Dal punto di vista autorizzativo necessita solo del via libera di ARPA ed USL e della dichiarazione di inizio attività per quanto riguarda l’autorizzazione a costruire. Quella zona, infatti, a ridosso di case e vicino ad una scuola, è indicata dal Piano Regolatore come zona industriale. Su questo probabilmente si sarebbero dovute fare osservazioni all’approvazione del PRG. Per la mancanza di V.I.A. ed autorizzazioni edilizie non è passato niente in consiglio di Circoscrizione ed in Consiglio Comunale a Ravenna, ed i cittadini non sono potuti intervenire attraverso i loro rappresentanti (tra i quali, è giusto ricordare, non è stato eletto nessun candidato dei Verdi alle ultime elezioni).

Questo è stato accompagnato anche dalla mancanza di informazione da parte del proprietario nei confronti del paese e del vicinato. Anche se non dovuto per legge, una lettera che spiegava cosa si andava a realizzare avrebbe contribuito a sbollire gli animi.

I cittadini, una volta partiti i lavori, non hanno ricevuto le informazioni che chiedevano, e la richiesta di una assemblea è stata soddisfatta dopo mesi dall’inizio lavori.

Sono intervenuto all’assemblea esponendo, queste ed altre perplessità, che riassumo brevemente:

l’ingegnere del proponente ha parlato di impianto simile a quello di trattamento dei fanghi di depurazione (quello che finisce nelle nostre fogne), cercando di tranquillizzare i cittadini sulla non pericolosità dell’impianto. Purtroppo il paragone non è particolarmente azzeccato, visti i problemi sui controlli e sulla gestione dello spandimento dei fanghi che ha coinvolto la provincia di Forlì-Cesena nel 2004.

Ho chiesto da quale raggio chilometrico si è ipotizzato di far provenire i materiali per il digestore. 65 tonnellate al giorno di materiale, di cui 10 di liquami, non sono pochi e bisognerebbe stare attenti sul bilancio energetico, che potrebbe diventare negativo qualora i camion consumassero più energia di quella prodotta dall’impianto.

Ho chiesto coerenza. Nella serata di martedì è stato ripetuto continuamente, in particolar modo dai responsabili di ARPA ed USL, che non è un impianto pericoloso come gli inceneritori o le centrali a biomasse. Ho chiesto che la stessa cosa venisse ripetuta anche nelle assemblee pubbliche su inceneritori e centrali a biomasse, nelle quali i tecnici di ARPA ed USL cercano spesso di convincere i cittadini che questi impianti non sono affatto pericolosi (delle due l’una).

Ho chiesto una programmazione: visto che questi impianti di fatto non subiscono gli iter autorizzativi giustamente complessi degli impianti di produzione più grossi e degli impianti per la gestione dei rifiuti, bisogna controllare che non spuntino come funghi incontrollati e fuori programmazione, cosa che ridurrebbe la possibilità di utilizzare gli scarti locali ed indurrebbe i proprietari ad importare biomasse dall’esterno, cosa inutile dal punto di vista energetico.

Dobbiamo stare attenti che le misure per la produzione di energia da biomasse non diventino un modo per consumare più energia di quella che producono, sostenuta solo dai pesanti incentivi pubblici (l’impianto di S.Pietro in Campiano ha ricevuto 600’000€ dalla regione).

Ho chiesto inoltre la possibilità di installare sistemi per il monitoraggio in continuo delle emissioni (NOx in particolare). Visto che l’impianto non dovrebbe avere problemi di emissioni, non c’è nessun problema a dimostrarlo ed a tranquillizzare i cittadini.

I cittadini ora chiedono una “attenta, seria e puntuale azione di controllo” da parte degli enti preposti per vigilare sull’attività dell’impianto, ed una piantumazione di siepi ad alto fusto nei confini. Sono richieste sensate e condivisibili, che il proprietario farebbe bene a soddisfare per riacquisire un po’ di quella fiducia che ha perso.

Sugli enti di controllo ci sarebbe da fare un discorso più ampio ed approfondito, a partire dalla gestione economica che li sostiene ed i conflitti di interesse che portano i realizzatori di consulenze e piani di gestione a fare anche i controllori.

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