cellulari

Un cellulare che dia meno fastidio possibile

Ho scoperto che esiste un valore che permette di classificare i cellulari in base alle emissioni recepite dall’utilizzatore: il SAR. Significa “Tasso di assorbimento specifico”, ed esiste un limite da rispettare per vendere un modello di cellulare nel vecchio continente: 2 watt per chilogrammo.
Danni al cervello dei cellulari

Sul sito della nokia i cellulari certificati con controllo del SAR (quasi tutti), hanno un pdf che è possibile consultare per sapere qual’è il valore massimo per quel modello.
Non ho ancora trovato una pagina che elenchi tutti i modelli più venduti, ma in una pagina di Kataweb è possibile vedere i valori di qualcuno tra i più diffusi.

Scopro, così, che il 3100 della Nokia (circa 150 euro), ha un valore di circa 0.70, mentre il 2100 (circa 90€) ha 0.50, come il Siemens C55 (circa 90€), contro i più pesanti 0,91 del più diffuso 3310.
Questo significa, quindi, che le radiazioni che vengono assorbite da un utente di 3310 sono esattamente il doppio di quelle di un utente di 2100 o C55, a parità di utilizzo dell’apparecchio.

Non sappiamo, ancora, se i cellulari diano fastidio e provochino danni al cervello (anche se alcuni studi sembrano confermare danni ai cervelli dei ragazzi in età dello sviluppo), ma se qualcosa di quelle onde fa male, allora prenderne la metà mi pare un vantaggio considerevole, anche alla luce del costo minore che alcuni modelli meno radioattivi hanno in listino.

Così mi viene da pensare che sia più facile produrre un modello di base che abbia poche radiazioni, piuttosto che soddisfare gli stessi livelli di Tasso di assorbimento specifico in modelli che hanno un sacco di funzioni, a causa dei maggiori vincoli progettuali ai quali i progettisti sono imposti.

Per la cronaca, il modello con meno radiazioni in assoluto è il Siemens A55: SAR 0,45, 79 euro. La fascia più bassa di prezzo.

Meglio una fotocamera o un cervello?

Acquistare un cellulare per telefonare

Su Zeus News oggi esce un articolo molto interessante, sul come scegliere il prossimo cellulare. L’autore consiglia di rivedere l’obiettivo dell’acquisto, in base all’uso che si fa veramente dell’attrezzo: il 90% delle funzioni è totalmente sconosciuto ai proprietari dei nuovi cellulari, per questo motivo conviene comprare un modello che faccia il minimo indispensabile, quello che serve.
Ci sono diversi motivi per fare una scelta di questo tipo, alcuni dei quali vengono citati direttamente nel testo o nei commenti che sono stati inseriti dagli utenti.
– Un cellulare che faccia il minimo, ha meno probabilità di rompersi o diventare obsoleto. Probabilmente servirà un cambio di batterie, ma farà sempre quello che è tenuto a fare, chiamare.
– Un cellulare di fascia bassa ha meno funzioni, e risulta più semplice da utilizzare.
– Un cellulare di fascia bassa costa meno. Spesso non pensiamo a quanto dobbiamo lavorare per acquisire una funzione in più. Se pensassimo ad una settimana di lavoro per scattare fotografie grandi come francobolli, probabilmente non saremmo così motivati a spendere per quel surplus.
– Acquistando cellulari di fascia bassa e smettendo di correre dietro alle novità, si indirizzano i produttori verso un uso più sensato delle tecnologie. Sinceramente preferirei che i progettisti pensassero a come ridurre le radiazioni che arrivano al nostro cervello, piuttosto che sul come infilare un flash nel mio cellulare.
Pensate ad esempio al caso in cui l’introduzione della fotocamera, con le sue modifiche alla struttura dell’oggetto, porti ad una modifica negativa delle onde elettromagnetiche. Pensate che i progettisti sceglierebbero di eliminare questa nuova funzionalità in favore della nostra sicurezza?

Se invece i vincoli progettuali fossero il minimo possibile (essendo le funzioni ridotte), questo tipo di problemi sarebbero meno probabili.
A quando una lista dei cellulari ordinata per quantità di onde che emanano? Ne farei un uso intensivo per l’acquisto del mio prossimo cellulare.

Articolo sul Sito del Cordis sul problema dei brevetti software

Ecco la news, che si trova all’indirizzo:
news

Secondo alcuni manifestanti, la brevettabilità delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici soffocherà l’innovazione
[Data: 2003-08-29]

Il 27 agosto, i sostenitori di una “Europa libera senza brevetti sul software” si sono riuniti davanti al Parlamento europeo per protestare contro la proposta della Commissione sulla brevettabilità delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici.

La proposta, che sarà inviata al Parlamento europeo il 1° settembre per la discussione plenaria e la relativa decisione, è stata inizialmente elaborata nell’intento di eliminare le ambiguità nella gestione dei brevetti sui software e le differenze nell’interpretazione dei singoli brevetti da parte degli Stati membri dell’UE.

Da allora, la proposta è passata al vaglio di tre diverse commissioni parlamentari, le quali hanno apportato una serie di emendamenti volti a migliorare la definizione del tipo di invenzioni che saranno regolamentate dalla direttiva. In particolare, è stato modificato il termine “invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici”, affinché non includa i programmi per elaboratore in quanto tali, ma solo i dispositivi come i telefoni cellulari, gli elettrodomestici intelligenti, i dispositivi di comando dei motori, le macchine utensili e le invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici.

Tuttavia, gli oppositori della proposta sostengono che gli emendamenti non sono sufficienti e definiscono la direttiva proposta “un lupo travestito da agnello”. Uno dei manifestanti, Peter Gerwinski della Fondazione tedesca per una libera infrastruttura dell’informazione (FFII), ha dichiarato al Notiziario CORDIS che la proposta della Commissione è illusoria. “Gli estensori del documento stanno cercando di dare l’impressione di vietare i brevetti sul software, ma in realtà li stanno introducendo”.

Il dott. Gerwinski ha fatto riferimento alla prima versione della proposta, che forniva la seguente definizione del termine “invenzione attuata per mezzo di elaboratori elettronici”: “Un’invenzione la cui esecuzione implica l’uso di un elaboratore, di una rete di elaboratori o di un altro apparecchio programmabile e che presenta una o più caratteristiche che sono realizzate in tutto o in parte per mezzo di uno o più programmi per elaboratore”.

“L’attuale testo della proposta – ha affermato il dott. Gerwinski – è stato modificato affinché tale riferimento risultasse molto ben dissimulato, ma il messaggio è lo stesso: i software sono brevettabili”.

Programmatore di professione, il dott. Gerwinski gestisce una società di sviluppo software in Germania. Egli è fermamente convinto che la proposta della Commissione avrà conseguenze disastrose per l’innovazione e il futuro delle piccole società di software. “Quando la brevettabilità del software sarà introdotta in Europa – così come previsto a lungo termine e come già avviene negli USA – sarò costretto a chiudere la mia azienda e ad andare a lavorare per una grande società”, ha affermato il dott. Gerwinski.

Sebbene la direttiva comunitaria vigente (91/250/CEE) escluda il software dalle norme sulla brevettabilità, ben 30.000 brevetti di software sono già stati concessi dall’Ufficio europeo dei brevetti (UEB). “Gli attuali brevetti sono già sufficienti ad impedirmi di creare tutti i miei software”, spiega il dott. Gerwinski, aggiungendo: “Tecniche di base quali la barra di avanzamento sono già state brevettate, schiacciando le piccole imprese e consentendo alle società più grandi di monopolizzare il mercato”.

Tuttavia, secondo l’eurodeputata Arlene McCarthy della commissione per gli affari giuridici del Parlamento europeo, il progetto di risoluzione legislativa tiene conto delle preoccupazioni relative al potenziale impatto esercitato sulle piccole aziende. In uno degli emendamenti al documento, infatti, si chiede alla Commissione di monitorare l’impatto della legislazione sulle piccole e medie imprese (PMI).

Durante la manifestazione, alcuni gestori di siti web contrari al progetto di legislazione hanno dimostrato le potenziali conseguenze della brevettabilità dei software, impedendo temporaneamente l’accesso ai propri siti web. “Abbiamo voluto dimostrare ciò che accadrebbe se un titolare di brevetto impedisse l’utilizzo di un determinato componente di software: tutti i siti web connessi a quel software si bloccherebbero”, ha spiegato il dott. Gerwinski.

Oltre 150.000 persone hanno espresso dubbi in merito alla proposta e hanno firmato una petizione a favore di “un’Europa libera senza brevetti sui software”. Fra i sostenitori di quest’iniziativa figurano circa 2.000 titolari d’impresa e direttori generali, 2.500 sviluppatori e ingegneri di tutti i settori dell’industria europea dell’informazione e delle telecomunicazioni ed oltre 2.000 scienziati e 180 avvocati. A loro avviso, brevetti e software sono incompatibili e il copyright rappresenta la migliore soluzione per tutelare il lavoro degli autori di software.

“Brevettare il software è come brevettare una cipolla e poi impedirne l’utilizzo nelle ricette”, ha spiegato Tinne Van Der Straeten, attivista dei “Giovani Verdi” belgi.

Quest’esempio, conviene il dott. Gerwinski, dimostra efficacemente quanto sia assurdo l’obiettivo dell’attuale proposta. La FFII, pertanto, chiede agli eurodeputati di esaminare più approfonditamente la legislazione proposta e di leggere i commenti formulati dalla Fondazione prima di esprimere il loro voto il 1° settembre.

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