Cronaca

Forlì, presidente associazione umanitaria abusava di minori

Grazie a Stefano scopo questa notizia sconcertante, che coinvolge il presidente dell’associazione Arcobaleno. Attenzione, esistono diverse associazioni, molte delle quali onlus, tutte con lo stesso nome!

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La Polizia di Stato di Forli’ ha arrestato 3 persone ritenute responsabili di sfruttamento della prostituzione e abusi sessuali ai danni di minore. Le indagini della Squadra Mobile della Questura di Forli’ hanno coinvolto il presidente dell’Associazione Arcobaleno, titolare di appartamenti a Cesenatico all’interno dei quali ospita, per apparenti fini umanitari, persone indigenti italiane e straniere, anche minorenni, donne bisognose di assistenza e persone agli arresti domiciliari. Gli investigatori della Squadra Mobile della Questura di Forli’ hanno accertato che il presidente dell’associazione abusava sessualmente dei minori ospitati con la minaccia di non regolarizzare la loro posizione in Italia e, per fini di lucro, organizzava incontri con clienti che reperiva personalmente, nel corso dei quali faceva prostituire i giovani. Le indagini hanno permesso di scoprire che anche una donna e altri giovani maggiorenni, ospiti della struttura, erano indotti alla prostituzione.

Di sera in Città: E’ fat de’ Malmes’

Lunedì 11 luglio e in replica martedì 12 luglio

“E’ fat de’ Malmes’. Il mistero del delitto Malmesi ed altre pagine di cronaca nera nella storia forlivese”

Il percorso è l’occasione per ricordare, ripercorrere, riconsiderare alcuni dei più celebri e trucidi fatti di sangue avvenuti nella nostra città nei secoli scorsi. Partendo dal duplice delitto Malmesi, che grande eco ebbe nella città di inizio Novecento e tuttora irrisolto, si narreranno altri drammi della passione e della violenza, proprio sugli esatti luoghi in cui avvennero. Sarà una passeggiata nel tempo e nello spazio, alla ricerca di una Forlì così antica da sfumare quasi nel mito.
Serate all’insegna di storia minima, infima, infera, per parlare di criminalità fra Ottocento e Novecento nel nostro territorio ed indagarne le cause sociali.
La visita sarà condotta da Paolo Cortesi scrittore e saggista che alcuni anni orsono ha pubblicato il volume “Il delitto Malmesi. Un giallo forlivese” ricostruendo attraverso diari e cronache del tempo non solo le dinamiche dell’omicidio e delle indagini che ne seguirono, ma anche l’atmofera di caccia all’assassino che la città visse in quel periodo.
Ritmerà l’itinerario la lettura teatralizzata di cronache ed articoli dell’epoca, a cura di Mercuzio con Simona Zauli, nei luoghi dove avvennero questi episodi di violenza.

Appuntamento lunedì 11 e in replica martedì 12 luglio alle 20,30 in piazza
Saffi, davanti al Muncipio.

Per informazioni: Cultura Progetto 0543/35256 – info@culturaprogetto.it –
www.culturaprogetto.it

Rischio e Percezione.

Nello scorso numero abbiamo parlato di elettrosmog. In quell’articolo ricordavo che le persone sono più preoccupate dalle grosse antenne rispetto ai telefoni cellulari, che invece sono più pericolosi per la salute. Le antenne delle reti per computer wireless, hanno una loro emissione di onde elettromagnetiche, ma destano molta meno preoccupazione a causa della loro minore dimensione.
Questa occasione mi ha fatto riflettere sul rapporto tra un rischio reale e la paura dei cittadini, che deriva dalla percezione che hanno del problema. Quasi mai le due cose sono proporzionali: ci si aspetterebbe che la paura aumenti con l’aumentare del rischio, mentre non è così.
Le persone si preoccupano per quello che vedono, e solitamente osservano con maggiore attenzione quello che viene fatto loro notare.
Esistono centinaia di esempi di questo tipo. Le lavatrici, i televisori, i forni elettrici, nella coscienza comune sono innocui, mentre il forno a microonde è sempre considerato uno strumento del diavolo.
Questo deriva dal fatto che la visibilità di un problema è differente dalla sua reale consistenza. Il discorso, che sembra quasi filosofico, è assolutamente pratico e reale.
Gran parte delle colpe di questo fenomeno è causato dalla mancanza di una adeguata informazione, che spesso è calibrata sulla base di quello che l’utente vuole sentirsi dire, piuttosto che su dati reali. Alcuni quotidiani, ad esempio, utilizzano civette che fanno pensare a grossi scandali, pubblicano articoli che sono ambigui proprio per stimolare la fantasia dei lettori, oppure rimangono sul vago perché chi legge dia una propria interpretazione, spesso errata o gonfiata, del fatto reale.
Michael Moore, l’autore del documentario 9/11, accusa i media americani di mostrare spesso persone di colore al centro di episodi di cronaca nera, in percentuale molto maggiore al reale. Moore dice che questo influisce sulla percezione del problema della criminalità molto pesantemente, spingendo i cittadini americani all’odio ingiustificato contro alcune razze o all’acquisto di armi per l’autodifesa. Se i cittadini americani non avessero armi in casa, correrebbero molti meno rischi, perché la percentuale di incidenti casalinghi causati dal possesso di armi è maggiore degli omicidi a scopo di rapina.
Così avviene quotidianamente anche nelle nostre città, attraverso i nostri piccoli media: radio e quotidiani.
Se facessimo un test per chiedere agli esaminati quale pericolo temono maggiormente, sicuramente otterremmo dati molto interessanti. Al centro delle nostre paure, potrei scommetterci, sarebbero presenti in prima fila le violenze ed i borseggi da parte di albanesi, rom ed extracomunitari.
Nessuno direbbe, tra i primi 4-5 posti, la strada di notte, la nebbia, il fumo.
Tutto quello che ci circonda, ogni giorno, contribuisce ad una pubblicità negativa verso alcuni problemi, ed al contempo sminuisce il valore di alcuni rischi molto più gravi.
Già ora l’informazione gioca un ruolo primario rispetto ad ogni altro, perché è in grado di mutare le nostre necessità sulla base di interessi che non sono i nostri.
Così come riesce a cambiare la percezione del rischio, cambia anche la percezione delle nostre necessità. E’ necessario, per noi, bere, fumare, avere auto di grossa cilindrata, mentre è assolutamente out avere una Panda elettrica, girare in bicicletta, fare un giro con il cane.
Dobbiamo quindi cercare, in ogni modo, di capire il funzionamento di questi strumenti ed imparare a difenderci nel modo migliore che possiamo, per curare l’interesse comune. E farlo nella maniera migliore possibile, utilizzando l’informazione per spiegare le cose e cercare di aumentare la conoscenza comune, la cultura condivisa, contro l’uniformità e la banalità.
Non credo che la soluzione a questo problema stia nell’utilizzare gli stessi strumenti, per colpire attraverso slogan e frasi ad effetto l’attenzione ed il cuore della gente. Credo che il mezzo influisca pesantemente sul risultato, ed una informazione vera, diffusa con cattivi strumenti, finisce per diventare una cattiva informazione. A costo di ridurre il target della nostra informazione, credo sia necessario evitare sempre ogni semplificazione strumentale.
La cultura e l’informazione sono le uniche armi che abbiamo contro gli slogan pubblicitari, che stanno invadendo ogni settore della nostra vita, dalla spesa alla politica.
Per questo motivo credo che dovremmo utilizzare tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione, a partire dai bollettini universitari per arrivare alle radio amatoriali, alle televisioni di strada, ai blog su internet. Se impareremo a diventare parte attiva dei processi di informazione riusciremo veramente ad essere liberi di scegliere e liberi di comprendere.

Un cellulare che dia meno fastidio possibile

Ho scoperto che esiste un valore che permette di classificare i cellulari in base alle emissioni recepite dall’utilizzatore: il SAR. Significa “Tasso di assorbimento specifico”, ed esiste un limite da rispettare per vendere un modello di cellulare nel vecchio continente: 2 watt per chilogrammo.
Danni al cervello dei cellulari

Sul sito della nokia i cellulari certificati con controllo del SAR (quasi tutti), hanno un pdf che è possibile consultare per sapere qual’è il valore massimo per quel modello.
Non ho ancora trovato una pagina che elenchi tutti i modelli più venduti, ma in una pagina di Kataweb è possibile vedere i valori di qualcuno tra i più diffusi.

Scopro, così, che il 3100 della Nokia (circa 150 euro), ha un valore di circa 0.70, mentre il 2100 (circa 90€) ha 0.50, come il Siemens C55 (circa 90€), contro i più pesanti 0,91 del più diffuso 3310.
Questo significa, quindi, che le radiazioni che vengono assorbite da un utente di 3310 sono esattamente il doppio di quelle di un utente di 2100 o C55, a parità di utilizzo dell’apparecchio.

Non sappiamo, ancora, se i cellulari diano fastidio e provochino danni al cervello (anche se alcuni studi sembrano confermare danni ai cervelli dei ragazzi in età dello sviluppo), ma se qualcosa di quelle onde fa male, allora prenderne la metà mi pare un vantaggio considerevole, anche alla luce del costo minore che alcuni modelli meno radioattivi hanno in listino.

Così mi viene da pensare che sia più facile produrre un modello di base che abbia poche radiazioni, piuttosto che soddisfare gli stessi livelli di Tasso di assorbimento specifico in modelli che hanno un sacco di funzioni, a causa dei maggiori vincoli progettuali ai quali i progettisti sono imposti.

Per la cronaca, il modello con meno radiazioni in assoluto è il Siemens A55: SAR 0,45, 79 euro. La fascia più bassa di prezzo.

Meglio una fotocamera o un cervello?

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