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Un fiore bianco contro la legge sul testamento biologico

white_flower (Foto di Gaetan Lee)

Ognuno di noi ha una sua concezione della vita, e penso che tutti concordino sul fatto che sia ingiusto imporre la propria etica agli altri.
La legge approvata in Senato impedisce la libertà individuale di stabilire i limiti dell’accanimento medico sul proprio corpo, diritto sancito anche dalla nostra Costituzione.

Fate circolare la voce: si mettano fiori bianchi alle finestre contro questa legge sul testamento biologico. Portate con voi un fiore bianco i prossimi giorni. Appuntatevelo indosso. Mettetelo in un articolo sul vostro blog.

Per dire, semplicemente, non con il mio corpo.

Statuto Comunale: cambio delle regole ad un minuto dal fischio finale

A meno di un mese dallo scioglimento del Consiglio l’ufficio di presidenza ci chiede una revisione dello Statuto e del Regolamento Comunale.
La proposta portata in commissione dal Presidente e dal Vice, rispettivamente PD e Forza Italia, contiene diversi aspetti controversi, come l’abolizione dei gruppi con un solo consigliere, l’ipotesi di rendere segrete le commissioni, l’eliminazione della quota di membri esperti con pari diritti dei consiglieri eletti dalle commissioni verifiche procedure amministrative e pari opportunità.
In mancanza di tempo per una discussione approfondita i Verdi hanno chiesto un rinvio della discussione a dopo le elezioni, che è stato però rigettato.
Se questo dibattito andrà avanti, quindi, occorrerà eliminare tutte gli aspetti non condivisi unanimemente, e cogliere l’occasione per introdurre novità positive.
Sulla partecipazione dei cittadini, ad esempio, si può fare molto di più.
I referendum comunali oggi si possono indire solo chiedendo la firma del 5% degli aventi diritto al voto, 5 volte maggiore alla percentuale richiesta per i referendum nazionali.
Occorre quindi abbassare questa quota almeno al 3%, per permettere la consultazione dei cittadini sulle questioni più importanti che riguardano la città.
Si possono inoltre fissare nelle regole altri strumenti di partecipazione, che riavvicinino le persone all’attività politica della nostra amministrazione, e rigettare tutte le proposte di riduzione del potere di indirizzo e di controllo degli organi elettivi, che sono uno strumento necessario per il buon governo della città.

Statuto Comunale e Regolamento: ovvero esempi pratici di riduzione della partecipazione politica.

In quasi tutti i programmi elettorali ci sono ampi riferimenti alla partecipazione dei cittadini alla vita politica. Poi, però, non manca occasione per un taglio degli strumenti che la permettono, e tutto questo spesso in assenza di proteste o dibattiti da pate di chi viene penalizzato.
Questa volta tocca allo Statuto ed al Regolamento comunali di Forlì, che con una serie di novità concordate in ufficio di presidenza (con unici membri il presidente del Consiglio PD ed il vice-presidente PDL), vuole di fatto limitare di nuovo i poteri del Consiglio Comunale e degli strumenti di partecipazione per i cittadini.

Noi abbiamo chiesto il rinvio della discussione al dopo elezioni, perché il Consiglio si scioglierà tra un mese e non è corretto approvare in fretta e furia nuove regole per limitare il prossimo, come avviene per le leggi elettorali fatte un mese dopo la partenza della campagna elettorale.

Tra le modifiche più importanti ci sono la proposta di rendere segrete le commissioni consiliari (nonostante il testo unico degli enti locali dica espressamente il contrario), l’obbligo per chi elegge un solo consigliere di costituire gruppo unico (limitando quindi l’accesso alle commissioni ed agli approfondimenti pre-consiglio), l’eliminazione dei rappresentanti della consulta degli stranieri dal Consiglio (nemmeno senza diritto di voto), l’eliminazione delle interrogazioni e delle istanze dei cittadini, e molto altro.

Su questo farò una dura battaglia, perché la continua diminuzione del potere degli organi elettivi porta non solo ad una riduzione della possibilità di partecipare dei cittadini, ma anche un peggioramento delle politiche amministrative, che si vedono private del ruolo di indirizzo e controllo che queste hanno.

Oggi si misura la democraticità e la volontà di garantire la partecipazione dei cittadini dei partiti e delle liste previste nel Consiglio. Chi troverà un accordo sul taglio dei poteri ai cittadini ed ai loro rappresentanti sarà meno credibile, tra qualche mese, quando parlerà di nuovo di partecipazione, confronto, democraticità.

Aggiornamento: questi sono i file delle bozze che ci sono stati presentati: statuto-28-gennaio-2009, regolamento-del-cc-con-raffronto-testi-20102008

Referendum, election day, furbizie e demagogie.

Ho seguito un po’ il dibattito sulle accuse alla Lega Nord per quanto riguarda l’election day e lo spreco di denaro pubblico che avremmo se scegliessimo date diverse per elezioni amministrative, europee e referendum.
La cosa mi stupisce un po’, dal momento che per altri referendum la scelta è stata (a mio parere illogicalmente) diversa.

Prendiamo quello sulla procrazione assistita, con la Chiesa ed i partiti cattolici a favore dell’astensione: data 12-13 Giugno 2005. Pochi mesi prima c’erano state le europee (3-4 Aprile), l’anno dopo le politiche.
Però non una sola delle voci che si alzano oggi si espresse a favore dell’accorpamento delle date.

Io sono favorevole all’election day ed all’accorpamento di diverse votazioni per evitare sprechi di denaro pubblico, a patto che ci sia una norma che valga sempre, e non solo quando l’astensione avvantaggia chi è in maggioranza in Parlamento. Basterebbe dire che i referendum vanno SEMPRE accorpati ad altre elezioni, ed eviteremmo anche di accorpare sempre il voto degli indifferenti a quello dei sostenitori del NO.

Oggi chi protesta contro questo spreco lo fa in maniera strumentale (ogni elezione ha un costo), perché l’astensione punirebbe i promotori del referendum. Il referendum premia la lista più forte della maggioranza e punisce gli alleati, e questo significherebbe premiare PD e PDL (guardacaso entrambi favorevoli, oggi).

Oggi alla radio un senatore PD commentava negativamente il rischio del ritorno della frammentazione (tolto il politichese significa: se non alziamo i quorum perdiamo voti). Lo stesso dicasi per i rimborsi elettorali delle elezioni europee: ho sentito la proposta di eliminare quelli alle formazioni che non raggiungono il 4% per destinare questi soldi alle misure contro la crisi.

Ecco che torna la demagogia spicciola: si nasconde il vero obiettivo, che è zittire le voci alternative, tramite il ricorso a temi certamente importanti e toccanti, ma violentati dalla strumentalizzazione politica.

Oggi sia il referendum sia la questione dei rimborsi elettorali sono strumenti per chiudere, una volta per tutte, le porte ai partiti minori.
Questo significa anche che non ci saranno MAI PIU’ nuovi partiti e nuove iniziative politiche, che ovviamente alle prime tornate elettorali non otterrebbero percentuali a 2 cifre.

Se queste norme fossero state introdotte vent’anni fa, l’Italia dei Valori, i Verdi, la Lega Nord, Alleanza Nazionale – tanto per fare qualche esempio – non sarebbero mai esistite.

Riflettiamoci un attimo, prima di pensare che questa “semplificazione” non nasconda semplicemente una volontà egemonica ed antidemocratica.

Altrimenti andiamo fino in fondo, eliminiamo il diritto di voto oppure presentiamo una sola lista alle elezioni.

Del resto le dittature sono i sistemi di governo più semplici.

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