grandi opere

Un’occasione unica

I grillini avranno una forza, nel prossimo parlamento, che nessun partito ecologista ha mai avuto nella storia d’Italia e d’Europa.
Mai nessuno ha avuto percentuali così elevate e mai nessuno è stato così fondamentale numericamente da impedire governi che escludano sue componenti.

Quindi se da un lato capisco (ma non condivido) l’atteggiamento del “noi non stiamo con nessun altro”, dall’altro spererei che questa forza venga sfruttata per fare quello che ad altri è stato semplicemente impossibile proporre.

Qualche esempio potrebbero essere leggi sulle rinnovabili, sul consumo di suolo, sull’economia green, lo spostamento di risorse dalle grandi opere alle piccole opere utili come gli interventi contro l’instabilità del territorio, la gestione dei rifiuti, l’acqua pubblica.

Ma anche riforme sulla legge elettorale, che tratterò con un altro post, la ridistribuzione delle competenze degli enti territoriali (io ad esempio eliminerei le regioni, non le province), la legge sul conflitto d’interessi, quella contro la corruzione, ecc.

Potremmo avere per la prima volta un ministro per Internet, potremmo avere grandi investimenti per l’informatica nella pubblica amministrazione, necessari se vogliamo che almeno parte della interazione tra cittadino e Stato venga spostata sulla rete.

Ecco, se questa opportunità venisse persa io penso sarebbe un gran peccato, per i giovani che sono stati eletti ma anche per l’Italia intera.

Non che questo PD mi piaccia, perché in realtà non è così, ma perché in questo caso il PD non avrebbe un alleato del 3-4%, ininfluente nelle grandi politiche di fondo, ma un alleato alla pari con il quale sarebbe difficile e costruttivo confrontarsi.

Un alleato che non permetterebbe l’approvazione di decreti e leggi palesemente contradditori con i principi per i quali è stato chiamato ad entrare in Parlamento.

Fra nucleare e grandi opere che differenza c’è?

Vi segnalo questo interessante articolo scritto da Michele Dotti per il Fatto Quotidiano

La tragedia immane di Fukushima ha segnato una data storica nell’immaginario collettivo globale.

La Cina ha bloccato la costruzione di nuove centrali nucleari, la Germania ha deciso di sospendere il prolungamento del ciclo di vita operativo di 16 reattori, la Svizzera ha bloccato la procedura di domanda di autorizzazione di tre nuovi siti.

(continua)

Biomasse e Filiera Corta

Biomasse. Questa parola sembra essere il cavallo di battaglia di chi pensa di risollevare l’agricoltura dalla sua crisi strutturale. Così, da un giorno all’altro, vengono presentati tre progetti di nuovi inceneritori di biomasse, tutti nella stessa area, troppo vicini alle abitazioni ed alle altre fonti di inquinamento. Uno di questi tre progetti è già stato presentato nel 2004 a Finale Emilia (MO), dove è stato respinto, ed ora viene riproposto da noi in quella che, secondo alcune menti “illuminate”, dovrebbe diventare il primo polo per le biomasse d’Italia. Basta il buon senso per capire che questa non è la soluzione al problema della nostra agricoltura, ma una proposta temporanea che rischia di compromettere in maniera definitiva il grosso patrimonio che abbiamo accumulato con il tempo: l’esperienza e la capacità dei nostri agricoltori.

Le biomasse sono una fonte energetica da non scartare a priori, ma qualsiasi persona ragionevole capirebbe che non ha senso, in vista del prossimo continuo aumento del costo del petrolio, importare il cibo da paesi lontani e sfruttare i nostri campi solo per bruciarne il raccolto.

Questo è un problema tremendamente serio, che andrebbe affrontato con i dovuti approfondimenti: nel terzo millennio non possiamo affidare la nostra alimentazione alle incognite legate all’assenza di controlli e di diritti dei lavoratori dei paesi dai quali stiamo importando cibo e patologie, e non lo sarebbe nemmeno se ignorassimo i più banali criteri di precauzione per tutelare la nostra salute. Anche sul piano economico, basta pensare al continuo aumento del prezzo dei combustibili dovuto alla continua espansione della domanda ed al superamento del picco di produzione, che andranno a pesare sul trasporto delle merci e quindi sui prezzi al consumo.

Invece di investire sulle ristrutturazioni necessarie a consumare meno energia per ottenere gli stessi confort, come ad esempio avviene in Germania, cerchiamo affannosamente di costruire grosse centrali, che hanno l’unico scopo di far guadagnare poche persone a scapito di tutte le altre.
In questo modo saremo sempre costretti a rincorrere le falle ed a tappare i buchi di una gestione dell’energia che fa acqua da tutte le parti.

In questi giorni è stato detto da più parti che l’agricoltura biologica ha retto la crisi meglio delle altre tipologie di produzione. I Verdi propongono e sponsorizzano da anni un sistema agricolo che prediliga la filiera corta e la produzione di qualità allo stesso prezzo di quella attuale, ma con maggiori garanzie per la salute, per i lavoratori, per l’economia.

Questa sarebbe la soluzione adatta alla crisi del settore: meno importazioni dai paesi che non hanno adeguati controlli, prezzi onesti perché dettati solo dai costi di produzione e non da troppi passaggi intermedi, meno sprechi di energia per il trasporto a lunga distanza.

Se utilizzeremo tutti i nostri campi per produrre materiale da bruciare rischieremo da un lato di mettere la nostra economia locale al giogo degli incentivi incerti e temporanei, la cui sospensione causerà il fallimento immediato di queste produzioni, dall’altro perderemmo tutte quelle capacità che i nostri agricoltori hanno accumulato negli anni.

Per fare questo servono politiche coerenti a tutti i livelli istituzionali, che guardino al medio-lungo periodo con intelligenza: non possiamo più rimandare le soluzioni serie, semplici ed efficaci, altrimenti ci troveremo in una crisi ben più grave di quella attuale. Spostiamo gli investimenti sperperati sulle grandi opere più inutili in aiuti concreti al rilancio della nostra economia, ed otterremo risultati migliori di quelli che ci hanno accompagnato negli ultimi anni.

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