incenerimento

Da dove vengono le diossine negli alimenti? Cosa le produce?

Pubblico un comunicato di medicina democratica, che vi consiglio di leggere. Nei giorni scorsi si è parlato di Diossina negli animali da allevamento, ma non si è detto che la Diossina viene prodotta principalmente dalle combustioni:

Le diossine, come classe di composti, sono sostanze cancerogene, persistenti, non biodegradabili, facilmente accumulabili nella catena alimentare. Reazioni di ossidazione come quelle che avvengono negli inceneritori, nelle acciaierie di seconda fusione ed in altri processi di combustione civile ed industriale, sono i principali produttori di diossine. (Wikipedia)

Da dove viene la diossina nella carne? Ci dicono dai mangimi. E nei mangimi come ci arriva? Solo, “accidentalmente” da olii contaminati? E gli animali contaminati dove vanno a finire? Chi ci assicura che non diventeranno nuovi mangimi direttamente o ancor più con l’incenerimento? La notizia che anche questa volta non è stata data nella vicenda dei “maiali (e non solo) alla diossina” è che la diossina proviene per la maggior parte dall’incenerimento di rifiuti urbani, ospedalieri ed industriali.

Da qui la follia di di volere costruire nuovi inceneritori ed ampliare quelli esistenti con la inevitabile conseguenza di aumentare la diossina che va a finire nei nostri piatti.

Medicina Democratica ribadisce la sua assoluta contrarietà a questi impianti nocivi, costosi ed assolutamente inutili

Medicina Democratica denuncia, inoltre, come pericoloso il consumo di alimenti di qualsiasi tipogià contaminati essendo la diossina un contaminante persistente che si accumula nei viventi.

In particolare non esiste una esposizione “accettabile” alle diossine o ad altri inquinanti cancerogeni al di sotto della quale non vi sia rischio per le persone.

Il Comitato Direttivo di Medicina Democratica
Firenze 14 dicembre 2008

www.medicinademocratica.org

Tornano Cip6 all’incenerimento grazie alla Prestigiacomo

Ho deciso di ri-pubblicare integralmente l’ANSA secondo la quale l’attuale ministro dell’Ambiente ha fatto approvare il ripristino degli incentivi per le energie rinnovabili agli inceneritori di rifiuti, ed il commento molto approfondito ed intelligente di Franco Ortolani, Ordinario di Geologia, Università di Napoli Federico II secondo il quale Verdi e Sinistra Italiana sono stati fatti sparire anche a causa del loro intervento su questo immenso affare, che ha recato un enorme danno economico a forti poteri economici, molto legati anche ai media ed alla stampa nazionale. Danni ovviamente solo temporanei, grazie al pronto intervento dell’Attuale Governo ed alle Promesse di Veltroni sugli inceneritori in campagna elettorale.

ANSA – CATANIA, 2 OTT – Il ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, ha presentato un emendamento al collegato alla legge Finanziaria approvata dal Consiglio dei ministri, che riconosce gli incentivi del Cip6 anche per l’energia elettrica prodotta dagli impianti di termovalorizzazione dei rifiuti.
L’emendamento, presentato di concerto col ministro per lo Sviluppo Economico, interviene nella questione relativa agli incentivi per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e assimilate, consistenti in una maggiorazione del prezzo di vendita dell’energia elettrica (il cosiddetto Cip6) in questo modo prodotta. L’emendamento riconosce l’agevolazione anche all’energia prodotta dalla combustione di rifiuti non organici, quali quelli utilizzati nel ciclo di termovalorizzazione, con riferimento ”agli impianti, costruiti o in costruzione, che si trovano in zone a rischio emergenza rifiuti dichiarata con
provvedimento del presidente del consiglio dei ministri”. La disposizione, in deroga a quanto stabilito dalla direttiva comunitaria 77/2001 che limita la misura, per le fonti assimilate a quelle rinnovabili, all’energia prodotta dalla combustione di rifiuti organici, evitera’, in particolare per la Regione Siciliana , i rischi connessi al possibile blocco della costruzione dei tre termovalorizzatori previsti, essenziali per risolvere in via definitiva la questione smaltimento dei rifiuti.

Comunisti Italiani, Rifondazione e Verdi: espulsi dal CIP6

Le elezioni di maggio 2008 hanno decretato l´espulsione dal Parlamento Italiano dei partiti della sinistra storica italiana. Oltre al risultato del voto popolare, che c´è dietro? Sembrerà strano, ma ragionando
scientificamente sui dati, si delinea uno scenario al centro del quale si trova il giro di affari connesso ai rifiuti della Campania, o meglio ai consistenti guadagni (provenienti dalle nostre tasche grazie al CIP6) garantiti dall´incenerimento del maggior volume possibile di immondizia. La storia del CIP6 è costellata da interventi “miracolosi” che ripetutamente hanno snaturato le originarie intenzioni di finanziare solo la produzione di energia alternativa non inquinante. Il CIP6 è stato introdotto nel 1992 con la delibera
n. 6 del Comitato Interministeriale Prezzi (CIP) e consiste in una maggiorazione del 6% del prezzo dell’elettricità pagato dai consumatori finali che dal 1992 hanno sborsato mediamente circa 60 euro l’anno in piu’. Nel momento in cui si stampava la norma, è avvenuto il primo “miracolo” grazie ad una mano che accanto all’espressione “energie rinnovabili” aggiunse “o assimilate”. Il secondo miracolo si verificò, dopo la direttiva comunitaria del 2001/77 (relativa a benefici solo per le fonti rinnovabili), con l´emanazione del relativo decreto attuativo (D.Lgs. n°387/2003) che estese i benefici anche alla produzione energetica dai rifiuti. La conseguenza di questi miracoli è stata che gli oltre 40 miliardi di fondi del CIP6 stanziati in questi anni sono serviti per il 76% a finanziare le “assimilate”, e solo in minima parte a promuovere le vere “energie rinnovabili” (solare, eolico, geotermico, idroelettrico). In tal modo i pubblici denari si sono riversati nelle voraci casse di grandi aziende per produrre energia da fonti non rinnovabili e inquinanti (centrali termoelettriche, produzione di gas e carbone da residui di raffineria, termovalizzatori connessi agli inceneritori di rifiuti). Nell´autunno 2007 è stata approvata
la Finanziaria 2008 che ha interrotto i “miracoli” prevedendo l´abolizione del CIP6 per le energie assimilate; l´articolo 30, infatti, prevede che gli incentivi CIP6 (di cui al secondo periodo del comma 1117 della Finanziaria 2007) siano destinati solo agli impianti realizzati e operativi, e non a quelli già
autorizzati ma in costruzione o non ancora costruiti. I nuovi inceneritori, tra cui quello di Acerra (e gli altri 4 previsti in Campania), non avrebbero usufruito dei consistenti e gratuiti contributi statali. Il 10 gennaio 2008 su ordine della magistratura di S. Maria Capua Vetere sono stati arrestati numerosi
esponenti di punta dell´UDEUR campano tra cui la moglie del Ministro Mastella. Sono seguite la crisi e le dimissioni del Governo Prodi. A Camere sciolte e contro la volontà del Parlamento, con un “colpettino di stato” passato inosservato e benevolmente accolto da una gran parte dei media che contano, lo “scadente” Prodi ha ripreso la serie di miracoli emanando due ordinanze con le quali ha concesso di nuovo il CIP6 all´inceneritore di Acerra e, stravolgendo il parere della Commissione VIA del Ministero dell´Ambiente, ha stabilito che, nel citato impianto, potranno essere bruciati i rifiuti tal quale e non solo i CDR prodotti secondo i requisiti di legge. Il governo Berlusconi, neoeletto, ha immediatamente ratificato il miracolo di Prodi. Prodi con due ordinanze ha aperto la via per lauti guadagni parassitari secondo le direttive già impartite dall´ABI nel 1998 quando ordinò di non rispettare l´ordinanza del Ministro dell´Interno Napoletano, con delega alla Protezione Civile, che avrebbe evitato gli ultimi 10 anni di scandalo rifiuti in Campania. Napolitano aveva ordinato che entro il 2000 la Campania doveva ridurre del 35% i rifiuti prodotti, che entro il 1998 dovevano essere realizzati gli impianti per la produzione di CDR a norma e che nell´attesa che fossero costruiti gli inceneritori le ecoballe non dovevano essere accumulate ma bruciate a carico dell´affidatario. Nell´autunno 1998, come si legge nel libro Ecoballe di Paolo Rabitti, con l´intervento di ABI (Associazione Bancaria Italiana) tramite il Direttore Generale, si inizia a compiere il “miracolo” che farà accumulare vari milioni di tonnellate di rifiuti imballati in discariche inadeguate ubicate sui fertilissimi terreni della piana campana, in attesa di essere bruciate nell´inceneritore di Acerra reso “amico” da vari interventi miracolosi in modo da fare incassare il contributo CIP6. E´ evidente che la sinistra italiana, con l´eliminazione del CIP6 dalla finanziaria 2008, ha ostacolato il disegno delle lobbies che contano che hanno investito, da tempo, anche sull´operazione rifiuti in Campania. Ciò deve avere decretato la caduta concordata del Governo Prodi per andare a nuove elezioni con compagini partitiche sostanzialmente amiche delle lobbies che contano per espellere dal parlamento coloro che ancora ostacolavano i facili guadagni parassitari che
proprio nei rifiuti della Campania hanno una sorgente copiosa. Caduta che deve essere stata concordata perché Prodi, sciolto il suo governo, ha subito fatto grossi favori alle lobbies con le due citate ordinanze a Camere sciolte. La sinistra storica, in parte impegolata, impantanata e annebbiata non ha capito in tempo la strategia lobbystica che, probabilmente, ha ottenuto risultati impensati che stanno trasformando la Campania in terra di facile conquista coloniale, di lauti guadagni parassitari e di sperimentazione per una progressiva riduzione della democrazia tramite l´abuso dei poteri speciali
commissariali. Più di qualsiasi raffinata strategia politica, un efficace intervento lobbystico, basato sulla creazione di una inesistente emergenza rifiuti senza fine, ben sostenuto da una gran parte dei
mass media che contano, servili e velinari, avrebbe fatto “perire” di CIP6 la sinistra italiana e fatto scomparire una vera opposizione parlamentare. Brutta fine e preoccupante prospettiva per gli italiani in una nazione comandata, più che mai, dalla lobbycrazia.

Franco Ortolani
Ordinario di Geologia, Università di Napoli Federico II

4 ottobre 2008

Comunicato stampa sul voto della commissione ambiente UE sulla direttiva rifiuti

Del tentativo (riuscito) di riclassificare l’incenerimento come forma di recupero dei rifiuti ne avevo già parlato in un precedente articolo.
Pubblico qui il comunicato stampa di Roberto Musacchio e Monica Frassoni, eurodeputati di “La Sinistra / L’Arcobaleno”, sul risultato dei voti in commissione Ambiente del PE sulla Direttiva Rifiuti.

“RIFIUTI: grazie alla nostra iniziativa, confermate col voto di oggi le priorità della riduzione e del riciclaggio”

Bruxelles, 08/04/08,
“Grazie anche alla nostra iniziativa, sono stati confermati e rafforzati i punti cardine della politica europea per i rifiuti. Rispetto ai peggioramenti introdotti dal Consiglio al testo votato in prima lettura dall’Europarlamento ci sono significative correzioni: 1) viene riconfermata con chiarezza la gerarchia nella politica dei rifiuti a partire dalla loro riduzione e riciclaggio; 2) vengono inseriti obiettivi di riduzione e di riciclaggio il quale arriva al 50% dei domestici e al 70% di quelli delle costruzioni e degli industriali; 3) vengono inseriti i rifiuti industriali tra quelli per cui valgono le regole della direttiva.

Non è positivo, e perciò ci siamo astenuti nel voto finale, che si inserisca l’incenerimento tra le altre pratiche di recupero, anche se subordinato a una formula di rendimento energetico, meccanismo che peraltro, su nostra richiesta, dovrà essere verificato nel tempo. Ricordiamo però che il recupero energetico può esserci solo dopo il riciclaggio e solo come una delle tante forme di recupero, non rappresenta produzione di energia rinnovabile (se non per la parte biodegradabile) e non è economicamente incentivabile”.

L’incenerimento del dibattito

Mentre scrivo questo articolo si è avviato un percorso di confronto con la cittadinanza sul problema dell’incenerimento dei rifiuti e della loro gestione. Un ciclo di assemblee pubbliche che toccano tutte le circoscrizioni sulla questione più discussa in questo primo anno e mezzo di nuova amministrazione.

Questi incontri avvengono dopo la presentazione delle centinaia di firme dei medici di Forlì contrari all’impianto, dopo il dibattito pubblico al Palafiera con Grillo e Fo, e dopo la raccolta di più di 17’000 firme a favore di una diversa gestione dei rifiuti.

Mentre in città, quindi, si discuteva e si richiedeva da più fronti uno studio approfondito di tecnologie innovative, l’iter dei nuovi impianti non si è fermato, scavalcando anche un importante documento firmato da tutti i capigruppo di maggioranza, voluto e promosso dal Gruppo Consiliare dei Verdi. Il documento, reso pubblico nel Settembre del 2004, richiedeva una discussione tramite Agenda 21 del piano di gestione dei rifiuti, che doveva essere approvato prima di ogni ulteriore autorizzazione. Come è noto questo non è stato fatto e gli iter autorizzativi sono andati avanti senza un adeguato controllo politico, ignorando il risultato delle assemblee pubbliche effettuate in Provincia.

Allo stesso modo è stato ignorato il parere contrario dell’AUSL e del Comune, dato in sede di Valutazione di Impatto Ambientale, basato sulla considerazione che il nuovo impianto è peggiorativo rispetto al precedente riguardo le emissioni pericolose per la salute dei forlivesi. I paragoni alle automobili catalitiche, quindi, sono assolutamente fuoriluogo e vengono espresse in malafede o nella assoluta ignoranza della documentazione di VIA.

Durante la prima assemblea pubblica è stato presentato un documento congiunto firmato da diverse associazioni e partiti, che chiede di mettere in pausa gli iter dei nuovi impianti di incenerimento, per aprire un vero percorso di partecipazione democratica. Il documento completo si può trovare anche sul mio sito, www.alessandroronchi.net∞, dove mantengo anche tutta la documentazione relativa all’iter dell’impianto di Hera e del Piano dei Rifiuti Provinciale.

Una soluzione a questo problema, quindi, è possibile: visto che non siamo in emergenza rifiuti e non corriamo il rischio di entrarvi, possiamo fermarci sul fronte della costruzione dei nuovi impianti, fare studi di fattibilità seri sui metodi alternativi, aprire un tavolo tecnico e politico di confronto che soddisfi pienamente le pratiche dei processi partecipativi.

Abbiamo vicino a casa la dimostrazione che quello che chiediamo è possibile, anche con Hera: a Monteveglio, un Comune della Provincia di Bologna, a soli tre mesi dall’introduzione del porta a porta si è ridotta del 35% la produzione di rifiuti, arrivando al 62% di raccolta differenziata. Il costo totale dello smaltimento è stato di circa 573 mila euro, contro i 609 mila del sistema dei cassonetti.

Il problema, quindi, non ha solamente aspetti sanitari, certamente fondamentali, ma anche economici ed energetici.
In questo momento di crisi non possiamo considerare rifiuto quello che è ancora materia prima, o arriverà il momento nel quale sarà difficile riprendere in mano il problema e la programmazione.

Ed il rifiuto divenne polvere

In questi anni in Italia abbiamo visto la costruzione di un numero sempre maggiore di inceneritori, spesso chiamati termovalorizzatori per nasconderne l’immagine negativa.
Il fine che porta alla progettazione di questi nuovi impianti è, come al solito, solamente economico.

Il decreto Legislativo del 29 Dicembre 2003, n 387, che aveva il compito di attuare la direttiva europea 2001/77, ha incluso nella lista delle fonti energetiche rinnovabili anche il combustibile da rifiuto, una sorta di selezione della spazzatura ad alto contenuto calorico.
Più semplicemente, visto che in Italia era inesistente una seria programmazione della produzione dell’energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili (come il solare, le biomasse, etc), sono stati inclusi in questa definizione anche gli inceneritori, per avere la possibilità di finanziarli con appositi contributi.

In questo momento, quindi, lo stato spende i nostri soldi per fornire contributi all’incenerimento dei rifiuti (il Cip6), ed investe denaro pubblico per diffondere nella nostra aria polveri sottili ed inquinanti anche cancerogeni.
Questo fatto è gravissimo, e poche persone ne sono a conoscenza: se non ci fossero questi incentivi, non sarebbe economicamente vantaggioso l’incenerimento dei rifiuti.

Come potrete certamente immaginare, se non fosse vantaggioso dal punto di vista meramente lucrativo, le aziende che gestiscono lo smaltimento, le Province, i Comuni e lo Stato stesso sposterebbero la loro attenzione dall’incenerimento alla riduzione dei volumi dei rifiuti ed al potenziamento del recupero di materia con la raccolta differenziata. In aggiunta a tutto questo, per completare il quadro, gli Stati che compongono l’Unione Europea prima o poi interverranno su questo finanziamento pubblico offerto in maniera così contrastante con lo scopo della direttiva. Invece che premiare le fonti rinnovabili, si finanzia l’incenerimento dei rifiuti, e non c’è nessun equilibrio di trattamento economico tra le imprese che operano nei diversi stati dell’Unione.

Il termine stesso utilizzato per questa pratica, termovalorizzazione, è stato coniato da zero e pensato per dare l’idea che un recupero dell’energia sia possibile e vantaggioso. Quando si cerca un nome nuovo per qualcosa che non ne avrebbe bisogno, si sta cercando di aggirare un problema o confondere le idee a qualcuno.
Ora noi compriamo petrolio, produciamo una bottiglia di plastica, la usiamo una volta e la gettiamo, poi la bruciamo. In questo ciclo, lo spreco di energia è immane e l’ultimo passaggio non ci fa recuperare nemmeno il 15% di quella impiegata. Questo non può certamente essere considerato un passaggio positivo, oppure una valorizzazione termica ed energetica.

Capito questo, risulta veramente difficile comprendere alcune politiche di gestione dei rifiuti che non vedono altro che lo smaltimento in discarica dopo la termovalorizzazione. Se queste politiche sono destinate a portare svantaggi anche economici, e certamente non hanno nessun vantaggio per l’ambiente e la salute dei cittadini, non hanno più senso di esistere.
Perché, allora, insistere su questo piano? Probabilmente perché una riduzione della produzione dei rifiuti da destinare allo smaltimento non conviene a chi gestisce questo servizio. Ma questo interesse è palesemente discordante con quello dei cittadini, che devono sapere che esiste una alternativa, già applicata in varie parti d’Italia con successo, che è vantaggiosa sia per le nostre tasche sia per la nostra salute.

Altrove i cittadini pagano per i rifiuti che producono, e questo premia le bollette di chi è più sensibile e diligente. Questo, in una qualsiasi comunità che beneficia dei buoni comportamenti di tutti, dovrebbe essere un obiettivo primario.

Nel terzo millennio abbiamo tutta l’esperienza necessaria per capire come incentivare i buoni comportamenti e disincentivare quelli sbagliati dei cittadini. Purtroppo non si può pensare che l’etica basti a spingere le persone: proprio per questo esistono regole, leggi, leve fiscali ed altri mille strumenti. L’uso di questi strumenti per incentivare fonti di danni seri all’ambiente ed alla salute è criminale, ma con i problemi di informazione che abbiamo nel nostro paese, certi comportamenti vengono celati e diventano normale amministrazione.

Ed il rifiuto diventa polvere e malattia, altro che energia.

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