indulto

Parole e numeri sono importanti

Dopo anni di polemiche sull’indulto, ecco la soluzione: non più sconti di pena per i reati minori, ma la prescrizione dei processi anche per quelli maggiori. Con la mannaia della prescrizione, diminuirà anche l’illegalità. E’ la giustizia creativa: da un lato si tagliano i fondi che permettono di lavorare velocemente, dall’altro si accorcia la data di scadenza. Così diminuiscono i condannati e tutti sono contenti di vivere in un paese con meno illegalità.

Bisogna ammetterlo, sulle parole ci sanno fare, si nota che di mestiere hanno fatto i pubblicitari.
Il processo breve si sarebbe dovuto chiamare, visti i contenuti, prescrizione rapida.
Ma con questo make up invece è molto più accettabile.

Riescono a cambiare persino la percezione ed il nome alle iniziative altrui (vedi “sinistra radicale”, “ecologisti estremisti”, “fondamentalisti dell’ambiente”).

Dall’altra parte invece qualche lacuna: la riduzione delle tasse chiamata “cuneo fiscale” è un esempio.

Lo stesso per il cambio del clima. Da noi il climate change viene chiamato “surriscaldamento globale”. Così basta un inverno un po’ più freddo del solito per farci passare la voglia di contrastare il “riscaldamento“.

Non basta avere idee belle e/o giuste, bisogna anche saperle comunicare e farle comprendere.

Braccialetto elettronico? 400 in sconto ad 11 milioni di euro l’anno

Visto che si parla di braccialetto elettronico, per cercare di svuotare le carceri, vi consiglio di leggere questo articolo pubblicato dall’Espresso.
Questo gioiello – visti i costi non si può chiamare diversamente – ci è costato 11 milioni di euro l’anno, per 400 unità. La “sperimentazione” con Telecom è partita nel 2003 e finirà nel 2011, ma dopo 2 anni si è deciso di fermare tutto perché semplicemente non funziona.
Se il detenuto va in cantina si perde il segnale, ed anche nelle migliori condizioni non supera un raggio di 100-200 metri.

La cosa interessante è che il contratto con Telecom non permette di provare altri dispositivi.

Un bell’affare.

L’italiano che protesta se Berlusconi fa il Berlusconi

Certo è difficile non essere schifati dai primi provvedimenti di questo Governo. Stiamo rincorrendo, ancora una volta, gli affari privati del Premier intorno ai quali pare ruoti tutto il nostro arco istituzionale.

Dopo aver discusso così tanto dell’indulto in campagna elettorale (un bello slogan di chi ha vinto le elezioni) vediamo approvata una norma che sospende tutti i processi, in attesa che il Governo cambi le regole e ponga fine per legge a tutti i guai del Premier. Poi – forse – la Giustizia italiana potrà ripartire.

In tutto questo non c’è da stupirsi, non c’è nulla di nuovo. Mi stupisce piuttosto lo stupore del Partito Democratico, costretto all’altalena tra le trattative per bloccare la democrazia italiana nel bipartitismo e la rincorsa ad un minimo sindacale di opposizione.

E mi stupiscono gli italiani, che hanno votato questo Governo o le finte alternative, ed oggi si trovano con una democrazia parziale. Che senso ha protestare in Piazza a 2-3 mesi dalle elezioni? Il potere “contrattuale” lo avevamo prima, non adesso. Adesso dobbiamo aspettarci 5 begli anni di stabile “faccio quello che mi pare”. “Così vuole la gente”: difficile fare obiezioni.

E poi mi stupiscono gli italiani che hanno votato o non hanno votato poco importa, oggi sono al culmine dell’indifferenza. Per loro se casca o meno la nostra Costituzione, chissenefrega.

Abbiamo perso, a mio parere, la capacità di fare un ragionamento critico. Imbarbagliati da una monocultura televisiva monoproprietaria, ci limitiamo a seguire l’onda.

Oppure seguiamo un’onda uguale ma contraria, fatta della stessa incapacità di ragionamento critico, che viene da chi alza la voce contro i potenti ma che utilizza, nella sostanza, i loro stessi metodi per evitarci lo sforzo di dover ragionare.

Poco importa, basta cambiare allenatore -ma non gioco e squadra- per vedere soddisfatta la nostra voglia di qualcosa di nuovo.

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