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Rischio e Percezione.

Nello scorso numero abbiamo parlato di elettrosmog. In quell’articolo ricordavo che le persone sono più preoccupate dalle grosse antenne rispetto ai telefoni cellulari, che invece sono più pericolosi per la salute. Le antenne delle reti per computer wireless, hanno una loro emissione di onde elettromagnetiche, ma destano molta meno preoccupazione a causa della loro minore dimensione.
Questa occasione mi ha fatto riflettere sul rapporto tra un rischio reale e la paura dei cittadini, che deriva dalla percezione che hanno del problema. Quasi mai le due cose sono proporzionali: ci si aspetterebbe che la paura aumenti con l’aumentare del rischio, mentre non è così.
Le persone si preoccupano per quello che vedono, e solitamente osservano con maggiore attenzione quello che viene fatto loro notare.
Esistono centinaia di esempi di questo tipo. Le lavatrici, i televisori, i forni elettrici, nella coscienza comune sono innocui, mentre il forno a microonde è sempre considerato uno strumento del diavolo.
Questo deriva dal fatto che la visibilità di un problema è differente dalla sua reale consistenza. Il discorso, che sembra quasi filosofico, è assolutamente pratico e reale.
Gran parte delle colpe di questo fenomeno è causato dalla mancanza di una adeguata informazione, che spesso è calibrata sulla base di quello che l’utente vuole sentirsi dire, piuttosto che su dati reali. Alcuni quotidiani, ad esempio, utilizzano civette che fanno pensare a grossi scandali, pubblicano articoli che sono ambigui proprio per stimolare la fantasia dei lettori, oppure rimangono sul vago perché chi legge dia una propria interpretazione, spesso errata o gonfiata, del fatto reale.
Michael Moore, l’autore del documentario 9/11, accusa i media americani di mostrare spesso persone di colore al centro di episodi di cronaca nera, in percentuale molto maggiore al reale. Moore dice che questo influisce sulla percezione del problema della criminalità molto pesantemente, spingendo i cittadini americani all’odio ingiustificato contro alcune razze o all’acquisto di armi per l’autodifesa. Se i cittadini americani non avessero armi in casa, correrebbero molti meno rischi, perché la percentuale di incidenti casalinghi causati dal possesso di armi è maggiore degli omicidi a scopo di rapina.
Così avviene quotidianamente anche nelle nostre città, attraverso i nostri piccoli media: radio e quotidiani.
Se facessimo un test per chiedere agli esaminati quale pericolo temono maggiormente, sicuramente otterremmo dati molto interessanti. Al centro delle nostre paure, potrei scommetterci, sarebbero presenti in prima fila le violenze ed i borseggi da parte di albanesi, rom ed extracomunitari.
Nessuno direbbe, tra i primi 4-5 posti, la strada di notte, la nebbia, il fumo.
Tutto quello che ci circonda, ogni giorno, contribuisce ad una pubblicità negativa verso alcuni problemi, ed al contempo sminuisce il valore di alcuni rischi molto più gravi.
Già ora l’informazione gioca un ruolo primario rispetto ad ogni altro, perché è in grado di mutare le nostre necessità sulla base di interessi che non sono i nostri.
Così come riesce a cambiare la percezione del rischio, cambia anche la percezione delle nostre necessità. E’ necessario, per noi, bere, fumare, avere auto di grossa cilindrata, mentre è assolutamente out avere una Panda elettrica, girare in bicicletta, fare un giro con il cane.
Dobbiamo quindi cercare, in ogni modo, di capire il funzionamento di questi strumenti ed imparare a difenderci nel modo migliore che possiamo, per curare l’interesse comune. E farlo nella maniera migliore possibile, utilizzando l’informazione per spiegare le cose e cercare di aumentare la conoscenza comune, la cultura condivisa, contro l’uniformità e la banalità.
Non credo che la soluzione a questo problema stia nell’utilizzare gli stessi strumenti, per colpire attraverso slogan e frasi ad effetto l’attenzione ed il cuore della gente. Credo che il mezzo influisca pesantemente sul risultato, ed una informazione vera, diffusa con cattivi strumenti, finisce per diventare una cattiva informazione. A costo di ridurre il target della nostra informazione, credo sia necessario evitare sempre ogni semplificazione strumentale.
La cultura e l’informazione sono le uniche armi che abbiamo contro gli slogan pubblicitari, che stanno invadendo ogni settore della nostra vita, dalla spesa alla politica.
Per questo motivo credo che dovremmo utilizzare tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione, a partire dai bollettini universitari per arrivare alle radio amatoriali, alle televisioni di strada, ai blog su internet. Se impareremo a diventare parte attiva dei processi di informazione riusciremo veramente ad essere liberi di scegliere e liberi di comprendere.

Abbasso consumi = maggiore vendita auto

Questa equazione non necessiterebbe di molte spiegazioni. Eppure sembra non essere così scontata come si pensa.

Abbiamo infatti finanziato per anni la rottamazione dei vecchi veicoli, senza considerare attentamente quali nuovi modelli venivano acquistati, chiamando questa operazione “Ecoincentivi”.
Finiti gli ecoincentivi, ecco che crolla il mercato dell’auto: non credo sia una cosa assurda, visto che da un mese all’altro il prezzo dell’auto aumenta di 4000 euro, ed i cittadini non sono poi così stupidi.

Ed ecco che la Fiat dichiara che le proprie vendite sono in calo, e decide di licenziare 10000 lavoratori (all’estero, così non si rischia nessuna protesta in Italia contro la casa automobilistica).
Beppe Grillo, andato ai cancelli con la Smile, l’auto di Greenpeace che fa 100 km con 3 litri basata su modifiche alla Renault Twingo, inizia il suo discorso di protesta affermando che per vendere auto bisogna fare auto che consumino poco, che siano finalmente frutto di un progresso tecnologico.

La Fiat, sicuramente senza tenere in considerazione nemmeno per un attimo Grillo, porta a termine lo sviluppo della nuova Punto, il suo asso nella manica per una ripresa economica. Ed in venti giorni raccoglie 32000 prenotazioni in Italia e 70000 in Europa, segno che il modello piace.

Analizzando con attenzione i dati che ci propongono i quotidiani, notiamo che il 35% di questi ordini coinvolge la serie Diesel Multijet a 16V, 1300 di cilindrata, contro il 6% di mercato che aveva totalizzato il diesel nel vecchio modello di Punto.

Perchè di questo incremento?
Basta guardare i dati di consumo di questo gioiellino: 4,5 litri per 100 chilometri contro i 6 che contraddistingono la vecchia Punto.

Può darsi che i consumatori inizino a svegliarsi: il carburante costa caro al portafoglio ed alle vite umane (la guerra in Iraq non è poi così accantonata, se continuano a morire soldati americani, eppure è stata già bollata come terminata…).

Cara Fiat, continua così: non vogliamo altri SUV, vogliamo auto che ci permettano di arrivare a destinazione nella maniera più sicura possibile, con la spesa economica ed ambientale minore possibile.

Speriamo, inoltre, che i prossimi ecoincentivi vengano rivolti con un occhio particolare a questo tipo di auto a bassa emissione di CO2 e a basso consumo: solo così potrebbero fregiarsi del prefisso “Eco”.

Speriamo che la nuova Lancia Ypsilon segua la stessa strada, magari ritoccando ulteriormente i consumi verso il basso.

Speriamo che si arrivi alla produzione dell’auto che faccia 100km con un litro, le tecnologie ci sarebbero.

Speriamo.

La nuova Punto a 5 Porte

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