Raccolta di Firme

Salviamo la Costituzione

Il 25 e 26 di Giugno si voterà per decidere sulla recente riforma costituzionale, voluta dal precedente governo Berlusconi.
Pochi cittadini, purtroppo, conoscono al di là degli slogan demagogici i contenuti di questa riforma e quali saranno le sue gravi implicazioni.

Questo referendum sarà di tipo confermativo,come previsto dall’art.138 della Costituzione che regola la revisione costituzionale, e non avrà bisogno di un quorum, a differenza di quanto è avvenuto nei recenti referendum abrogativi. Le leggi costituzionali, infatti, se non sono approvate a larga maggioranza dai due rami del parlamento sono sottoposte ad un referendum popolare confermativo se vengono raccolte 500mila firme di cittadini oppure nel caso ne facciano richiesta cinque Consigli Regionali o un quinto di rappresentanti di una Camera.
Anche se una sola di queste possibilità sarebbe stata sufficiente, in questi mesi sono state utilizzate tutte, per confermare con forza l’ampia e ferma volontà di bloccare questa pericolosa riforma.

Una riforma dalle ricadute così importanti sulla costituzione e sull’ordinamento dello Stato dovrebbe essere affrontata ricercando un ampio consenso, portando avanti un dibattito responsabile ed il più possibile libero da demagogia e false illusioni.
Al contrario di ogni buonsenso il Governo Berlusconi ha portato avanti nel novembre 2005 una riforma approvata a colpi di maggioranza, accontentando nelle sue varie parti questo o quel partito della sua coalizione, scambiando fondamenta importanti della nostra struttura democratica come merce da baratto. Il risultato che ne esce è una riforma disomogenea, inorganica ed in parte inapplicabile, frutto degli accordi di solo tre partiti che non sono riusciti a trovare un accordo complessivo sull’orientamento generale da dare alla nuova costituzione.

Questa riforma non ha precedenti nella nostra Repubblica: le precedenti modifiche alla Costituzione si limitavano ad alcune disposizioni costituzionali, mentre in questo caso sono stati coinvolti ben 50 articoli, che modificano completamente i rapporti tra Parlamento, Governo e Presidente della Repubblica, nonché quelli tra Stato ed Enti locali.

Se la riforma sarà approvata dai cittadini, l’Italia non sarà più una Repubblica parlamentare, in cui cioè il Parlamento esprime il Governo e può costringerlo alle dimissioni votandogli contro.

Viene rafforzato il ruolo del Primo Ministro, ma in maniera tale da creare una concentrazione di poteri potenzialmente molto pericolosa, se messa nelle mani sbagliate.
Il dibattito politico e le discussioni in parlamento sono una garanzia democratica, non un inutile orpello di cui si può fare eventualmente a meno, per snellire la procedura e semplificare la vita a chi vuole legiferare in una certa direzione. La dittatura è la forma di governo più semplice e snella, ma non per questo preferibile o auspicabile.

Il federalismo o “devolution”, ampiamente sbandierato come una importante vittoria dalla Lega Nord, non fornisce alle regioni i mezzi necessari per mettere in atto le competenze che vengono loro attribuite, ed alcuni articoli sono talmente poco chiari da provocare un continuo conflitto di competenze tra Stato e Regioni.

La riforma costituzionale è una materia complessa e molti cittadini non si sentono all’altezza di darne un giudizio. Visto l’ampio consenso per il NO nella raccolta di firme e nella lista numerosa di sostenitori di grande spessore, alcuni pensano che il risultato sia scontato e che il singolo voto non sia necessario.
Purtroppo la realtà è diversa, e questi mesi di demagogia mediatica hanno portato al rischio di una diminuzione del vantaggio dei sostenitori del NO.

I Verdi invitano, quindi, a partecipare anche a questa espressione democratica e votare NO, opponendosi al tentativo di demolizione della nostra Repubblica Parlamentare, invitando i conoscenti ad approfondire il tema ed ad esprimersi con coscienza.

Informazione di qualità

In questi giorni Fassino assicura attraverso una intervista che le nomine della futura RAI saranno basate sulla competenza e sulla professionalità, ricordandoci e ricordandosi che non si sceglie un direttore di tg o di rete in base all’appartenenza politica.

Questa presa di posizione è molto importante, anche se forse non sufficiente, soprattutto alla luce di quanto è successo con il Governo precedente, che ha coscienziosamente epurato i personaggi scomodi. Così con il tristemente famoso editto bulgaro l’ex Presidente del Consiglio ha “ripulito” i nostri schermi da Santoro, Luttazzi ed Enzo Biagi.

Con i precedenti governi le diverse posizioni in Rai erano stabilite sulla base di equilibri politici, ma mai con così tanta veemenza erano state rimosse idee critiche nei confronti di un Governo, che oltretutto in questo caso aveva a disposizione altre tre televisioni private di propaganda. Non pago di questo risultato con la legge Gasparri sulle telecomunicazioni si è voluto dare un altro calcio alla pluralità dell’informazione, aggiungendo la farsa del digitale terrestre, finanziando con denaro pubblico i decoder, in gran parte venduti da Mediaset per la visione di contenuti Mediaset. Con leggi ad personam si è scavalcato quanto stabilito dalla Corte Costituzionale, che aveva deciso che Rete 4 doveva smettere all’inizio del 2004 di occupare irregolarmente le frequenze di proprietà di Europa 7 e trasmettere sul satellite.

Sebbene i nuovi mezzi di comunicazione, internet in primis, conquistino ogni anno uno spazio sempre più rilevante, a livello internazionale stiamo perdendo sempre più quota rispetto agli altri paesi, a causa di politiche non sempre lungimiranti. Incentivare il digitale terrestre quando attraverso internet sarebbe possibile guardare programmi a richiesta dove e quando vuole l’utente è solo un modo per rimandare una rivoluzione già in atto, rimanendo pericolosamente arretrati nel campo dell’informazione rispetto al resto del mondo. Per preoccuparsi basta pensare alla diffusione della banda larga in Italia, posseduta solo dal 13% delle famiglie contro l’80% del Nord Europa, o alla percentuale di famiglie che usano la rete, quasi la metà di quanto accade in Danimarca. Del resto scontiamo il peso di una rete di aziende di telecomunicazioni che non hanno interesse nell’investire in questo settore, preferendo mezzi più costosi, e di una legislazione che permette di avere in Italia costi per la connessione quadruplicati rispetto alle vicine Germania e Francia.
Se questo può sembrare a priva vista un problema limitato e settoriale, bisogna ricordare che il lavoro oggi dipende fortemente dalla capacità di fare, recepire e soprattutto comunicare informazioni. Qualsiasi battaglia politica, per quanto importante, risulta persa senza una adeguata conoscenza del problema e la mancanza di pluralità di informazione è un problema causa di altri mali in molte delle democrazie occidentali. La possibilità di votare, ad esempio, è un diritto fortemente limitato se l’informazione è gestita da una sola persona, perché si instaura un regime basato sulla mobilitazione mediatica.

I Verdi a livello nazionale ed a livello locale hanno sostenuto la proposta di legge di iniziativa popolare Per Un’altra TV e continueranno a raccogliere firme fino alla fine di Giugno.
Lo scopo di questa proposta è sanare la duplice anomalia italiana nel campo dei mezzi di comunicazione audiovisivi, oggi la prima priorità italiana: da una parte, il duopolio Rai-Mediaset che impedisce l’emergere di nuovi attori e limita il pluralismo; dall’altra, il controllo politico esercitato sul servizio pubblico radiotelevisivo, che non ha pari nel mondo democratico. Questa legge si basa sul sistema tedesco, che garantisce l’assoluta indipendenza editoriale dei canali pubblici, quindi non sarebbe una rivoluzione senza precedenti.

Mancano pochi giorni alla scadenza della raccolta di firme, quindi invitiamo tutti i cittadini a firmare la proposta. Per informazioni sui banchetti potete chiedere ai Verdi in Comune oppure controllare su Comitato Forlivese Per Un’altra TV∞

Alessandro Ronchi, capogruppo dei Verdi In Consiglio Comunale a Forlì

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