Month: Febbraio 2004

Il software libero è un’occasione per il no-profit

Il software libero è un’opportunità. Sono in molti a credere in questa affermazione.
www.nosi.net, La Nonprofit Open Source Iniziative, ora dice che il software libero è un’opportunità particolarmente interessante per le associazioni no-profit, pubblicando un documento-manuale per l’utilizzo di questo tipo di programmi nelle organizzazioni senza scopo di lucro.

Tra i vantaggi citati sul sito, particolarmente interessanti per le noprofit sono la possibilità di condividere le esperienze, il basso costo di acquisizione, la mancanza di legami con aziende produttrici ed il basso costo necessario per lo sviluppo open source.

Anche se credo non sia necessario creare iniziative per ogni campo di applicazione del software libero, ritengo utile ogni pubblicazione di casi d’uso ed esempi di successo nei vari ambiti dove viene adottato l’OS con profitto.

Per questo motivo spero che il documento venga presto tradotto in italiano, per permettere anche alle nostre no-profit di trarne beneficio.

Lettera aperta al Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie

L’Associazione Assoli ha scritto una lettera aperta al Minostro per l’Innovazione e le Tecnologie, per chiedere di ritornare al testo originario della direttiva chiamata “Sviluppo ed utilizzazione deiprogrammi informatici da parte delle pubbliche amministrazioni”.

Il testo originario ha subito diverse modifiche, eliminando il consiglio precedentemente inserito di utilizzare software con sorgente disponibile nelle pubbliche amministrazioni, per facilitare il riuso e lo scambio di codice tra realtà diverse.
Quando una pubblica amministrazione realizza un bando per lo sviluppo di software specifici su commissione, non c’è nessun vincolo per le ditte proponenti che le obblighi a fornire il codice sorgente del lavoro. Questo, di fatto, impedisce all’acquirente (che in questo caso è pubblico), di rimanere indipendente dal fornitore della prima versione del software, oppure di apportare modifiche senza acquistare tutto da zero.

Il testo originario della direttiva, tra le altre cose, poneva accento su questa importante questione, consigliando alle pubbliche amministrazioni di privilegiare il software a sorgente aperta per le realizzazioni di programmi ex-novo, oppure di inserire clausole nei contratti che permettessero di ottenere il sorgente in caso di fallimento o chiusura della ditta produttrice (evento purtroppo abbastanza frequente per le piccole aziende di informatica).

Il testo modificato, invece, è molto meno preciso e non contiene questi consigli, probabilmente a causa di pressioni che sono state fatte per evitare un passaggio troppo marcato al software libero nei bandi di commissione del software per le PA.

Concordo pienamente con la richiesta fatta da Assoli, che si dimostra ancora una volta molto attenta ai problemi anche politici che ostacolano o non-favoriscono l’adozione di questo tipo particolare di software.

Credo, e vorrei che non ci fosse così tanto bisogno di ripeterlo, che tutti gli strumenti che sono realizzati con soldi pubblici e che hanno costi di replicazione nulli (come il software o strumenti di formazione, incluso cioè tutto quello che sia possibile trasmettere tramite reti informatiche) debbano essere rilasciati con licenze che ne permettano il riuso.

Riutilizzare software significa non pagare 1000 volte la realizzazione di strumenti simili, ma farne uno che copra le 1000 esigenze e pagare per le personalizzazioni necessarie, i miglioramenti e tutto ciò che permette un incremento del valore che il prodotto porta alla pubblica amministrazione.
Fare un software ed usarlo 1000 volte per altrettante amministrazioni significa migliorare la sua qualità e risparmiare denaro che possa essere investito altrove.

Il discorso è diverso per tutto quello che necessita una produzione fisica: una sedia non può essere replicata a costo zero, ad esempio.
Utilizzare gli stessi criteri per prodotti totalmente differenti non ha alcun senso.

Se le grandi aziende utilizzano sensati criteri di riuso, non vedo perché non dovrebbe farlo anche lo Stato.

L’unica differenza, in questo caso, è che i soldi che si spendono sono i nostri.

Il codice sorgente diventa un furto

I telegiornali hanno dato notizia del furto del codice sorgente di Windows. Alcuni sono arrivati a dire che l’attacco è stato “perpetrato da alcuni hacker o da sostenitori della liberta’ del software”, come recitava il titolo del TG5 del 14, oppure all’interno dello stesso servizio: “[il furto] effettuato da hacker o da sostenitori di software libero, come Linux”.
Sembra che questa notizia provenga da un articolo di Paolo Ottolina del corsera.
La mossa di Microsoft è chiara: il sorgente era stato già diffuso in diversi stati per il programma “Shared Source”, un’iniziativa che aveva avuto lo scopo di creare confusione sul software “Open Source”.
Chi lo avesse voluto, lo avrebbe ottenuto facilmente, ma non è questo il punto. Il programma Shared Source non prevedeva l’utilizzo del codice sorgente, che è la chiave principale del poterlo vedere e modificare sulla quale si basa il software Open Source.
In un momento delicato, in cui si scoprono grossi bug del codice di Windows, si diffondono nuovi worm e virus che stanno causando grossi problemi, la strategia di Redmond è di dare la colpa a qualcuno che ha rubato il codice, minandone la sicurezza.

Ho qualche segnalazione da fare, per cercare di fare un minimo di chiarezza su una questione che può diventare un FUD.

La distribuzione del codice sorgente rischia di minare la sicurezza di Windows. Questo è falso. E’ stato dimostrato che la sicurezza “by obscurity” di un problema, ottenuta tramite la non diffusione delle informazioni, non è affidabile. E’ vero l’esatto contrario: se di un sistema che abbia interesse le informazioni sono disponibili, il numero maggiore di occhi puntati sul metodo lo renderà più sicuro. Come i crash test rendono più sicure le auto. Microsoft vuole farci credere che non sia necessario fare dei test pubblici, ma che i cittadini possano fidarsi di quelli interni dell’azienda, che guardacaso lucra proprio sui continui aggiornamenti del suo software. Il testing, diceva Dijkstra, può dimostrare un problema del codice ma non la sua correttezza. Quindi più intensa è questa attività, maggiore è la sicurezza che l’oggetto del testing funziona.

Il furto è stato commesso dalla comunità dei sostenitori del software libero, dicono alcuni articoli alquanto ignoranti. Non è assolutamente vero che i sostenitori del software libero considerino fondamentale la liberazione del codice di windows. Chi usa linux, in particolare, crede che il suo sia un sistema migliore e non utilizzerebbe mai quello di Microsoft. In realtà chi sostiene il software libero è sempre in prima fila a difendere il controllo delle licenze e dello stato di legalità del software utilizzato. Chi ha inventato la licenza GPL ed ha contribuito allo sviluppo di software libero probabilmente poteva copiare il software di altri, ma ha fatto la scelta opposta di cercare di liberarsene, creando da zero quello che gli serviva.

E’ proprio questo il punto cruciale che deve essere spiegato alla gente. Io uso Linux perché credo sia immorale ed ingiusto che si copi software che l’autore ha deciso di non lasciare libero di essere copiato. Credo inoltre di avere un sistema migliore di Windows 2000, e non utilizzerei il loro sorgente né per fare virus, né per creare pezzi mancanti del mio sistema.

Probabilmente a Microsoft proprio non và giù il fatto che si possa fare a meno di loro, e cercano di fare entrare nella testa delle persone che tutti vorrebbero Windows, ma qualcuno non se lo può permettere.

Che lo diffondano, che lo lascino copiare (strategia vincente che li ha messi in posizione dominante, senza la quale non sarebbero nessuno, ora), che si lamentino che qualcuno li copia , non mi importa.

Ma almeno i giornali capiscano che software libero non significa liberazione e copia di quello che c’è, ma creazione di qualcosa di nuovo e spesso migliore.

Enkeywebsite

In questi giorni la Guardia di Finanza ha chiuso il portale italiano http://www.enkeywebsite.net/, che veniva utilizzato per postare link diretti a file distribuiti tramite la rete edonkey – emule.
Il fatto crea un precedente: quel portale, infatti, non conteneva nessun file incriminato, ma solo le informazioni per reperire materiale illegale. Non era mai accaduto, che io sappia, che la Guardia di Finanza ponesse sotto sequestro portali che non contenevano file illeciti, e questo rimette in discussione il ruolo degli utilizzatori del peer to peer e di chi diffonde solamente informazioni.

C’è da dire che il portale ospitava anche persone che creavano i file in questione, anche se poi venivano distribuiti tramite p2p e non tramite un download diretto. Questo, in parte, può spiegare il movimento che ha portato alla chiusura del sito.

Un cellulare che dia meno fastidio possibile

Ho scoperto che esiste un valore che permette di classificare i cellulari in base alle emissioni recepite dall’utilizzatore: il SAR. Significa “Tasso di assorbimento specifico”, ed esiste un limite da rispettare per vendere un modello di cellulare nel vecchio continente: 2 watt per chilogrammo.

Sul sito della nokia i cellulari certificati con controllo del SAR (quasi tutti), hanno un pdf che è possibile consultare per sapere qual’è il valore massimo per quel modello.
Non ho ancora trovato una pagina che elenchi tutti i modelli più venduti, ma in una pagina di Kataweb è possibile vedere i valori di qualcuno tra i più diffusi.

Scopro, così, che il 3100 della Nokia (circa 150 euro), ha un valore di circa 0.70, mentre il 2100 (circa 90€) ha 0.50, come il Siemens C55 (circa 90€), contro i più pesanti 0,91 del più diffuso 3310.
Questo significa, quindi, che le radiazioni che vengono assorbite da un utente di 3310 sono esattamente il doppio di quelle di un utente di 2100 o C55, a parità di utilizzo dell’apparecchio.

Non sappiamo, ancora, se i cellulari diano fastidio e provochino danni al cervello (anche se alcuni studi sembrano confermare danni ai cervelli dei ragazzi in età dello sviluppo), ma se qualcosa di quelle onde fa male, allora prenderne la metà mi pare un vantaggio considerevole, anche alla luce del costo minore che alcuni modelli meno radioattivi hanno in listino.

Così mi viene da pensare che sia più facile produrre un modello di base che abbia poche radiazioni, piuttosto che soddisfare gli stessi livelli di Tasso di assorbimento specifico in modelli che hanno un sacco di funzioni, a causa dei maggiori vincoli progettuali ai quali i progettisti sono imposti.

Per la cronaca, il modello con meno radiazioni in assoluto è il Siemens A55: SAR 0,45, 79 euro. La fascia più bassa di prezzo.

Meglio una fotocamera o un cervello?

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