Year: 2003

Wu Ming, scrittori senza Copyright

Wu Ming in cinese mandarino significa ‘anonimo’, ‘non famoso’, è il nome di un collettivo letterario fondato a Bologna qualche anno fa, sono 4-5 scrittori (circa), adesso che ci penso non mi ricordo il nome di nessuno di loro!
Wu Ming ha scelto di non apparire in TV per non essere inglobato nel solito circo mediatico capace di… mettere di cattivo umore chiunque, nessun atteggiamento elitario, più semplicemente promuovono i loro libri e le loro storie in qualunque altro modo (incontri organizzati in librerie, centri sociali, piazze reali e virtuali ecc.).
Wu Ming, senza una coerenza forzata e senza il timore di sporcarsi le mani pur di ottenere risultati concreti, crede che un mondo diverso sia possibile, utilizza il mezzo scrittura principalmente per arrivare a questo fine, (il far soldi e il divertirsi non sono fini secondari ma impliciti)
“Il linguaggio è produzione, è potere, è rete di relazioni, è stare-nel-mondo!”, di conseguenza i libri sono pubblicati con una variante della licenza copyleft, tutti (anche quelli tradotti) integralmente scaricabili da internet, riproducibili su qualunque supporto, purché non a scopo commerciale.
L’unico vincolo è posto alla grande industria cine-televisiva-editoriale che potrebbe, senza autorizzazione, sfruttare la creazione-libro per produrre un film o rivendere l’opera modificandola a proprio piacimento; il loro obiettivo è una libera diffusione del sapere in barba alla legislazione sul diritto d’autore e a chiunque se ne serva per una indebita appropriazione del libero pensiero!
Così come le righe di codice del software, anche i concetti espressi da uno scrittore o da uno studioso sono il frutto dell’intelligenza collettiva sviluppata nel corso degli anni tramite lo scambio e la contaminazione delle esperienze, delle storie, delle favole di una marea di proprietari.
Ottenere contratti da Einaudi o Mondadori sulla base di simili condizioni, presuppone una lotta ostinata e soprattutto… classe da vendere!

Il romanzo più famoso intitolato ‘Q’ è stato pubblicato con il loro nome precedente: ‘Luther Blissett’.
Questo era un nome collettivo che non apparteneva a nessuno, chiunque poteva creare musica, arte, ‘situazioni’ e firmarsi come il famoso attaccante milanista anni 80. Giallo on the road, hard-boiled eretico-religioso, difficile catalogare ‘Q’ (e poi perché farlo). L’importante è attraversare l’Europa del 1500 insieme ai suoi movimenti religiosi, alle guerre mercenarie, ai misteri e intrighi di potere, la verità storica e il verosimile si intrecciano fino a giungere alla vera forza che anima i protagonisti.
Ricerche storiche, delineamento congiunto di tutti i singoli personaggi, lettura, rilettura di ogni capitolo, continuo passaggio di mano in mano tra gli scrittori di ogni singola parte del romanzo per eventuali correzioni, fino all’equilibrio desiderato da tutti. Così scrive i libri Wu Ming.
‘Asce di guerra’ è un altro bel libro che fa scoprire un personaggio che non può lasciare certo indifferenti: Vitaliano Ravagli, il cosiddetto Viet-cong romagnolo. Non certo soddisfatto dell’Italia post-guerra, tra i pochissimi italiani, è andato a dar man forte ai ‘compagni’ in Indocina nella guerra contro l’invasore straniero.
Fregandosene della riconciliazione nazionale, gli autori insieme a Vitaliano non concedono amnistia a niente e nessuno, dissotterrano asce di guerra (le storie dimenticate e lasciate all’oblio della memoria) con la cruda veemenza di un manipolo di indiani alle prese con gli odiati visi pallidi!
Un altro libro importante è 54, che sta per 1954, anche qui le storie vengono riesumate, rispolverate minuziosamente in un viaggio a ritroso indispensabile per meglio capire i tempi attuali. 54 è a tratti spassoso, caricaturale e al cinema, in molte sue parti, sarebbe una bella commedia. Elenco solo alcuni dei personaggi: Cary Grant, le balere bolognesi, mafiosi americani e non, agenti segreti del kgb, l’imperatore del Vietnam, un televisore McGuffin Electric modello Deluxe e avanti così.

Scaricabili sul sito www.wumingfoundation.com ci sono, oltre a tutti i libri, anche diversi racconti più o meno ‘forti’ che sicuramente non lasciano indifferenti. Consiglio l’autobiografico “Benvenuti a sti frocioni 3”, dove “qualunque riferimento a persone, avvenimenti e dialoghi reali è del tutto voluto”. Oppure ‘Canard a l’orange mecanique’ un Matrix Disneyano con un Paperino più disobbediente del solito.

Attraverso il sito ci si può iscrivere anche alla newsletter periodica GIAP
a tutt’oggi ci sono + di 4000 iscritti, le discussioni non sono a senso unico, l’interazione con i giapsters è però mediata dagli autori, una più democratica mailing-list diventerebbe una babele ingestibile.
La miglior descrizione di GIAP la lascio a Wu Ming: “Il bello di Giap e’ proprio l’alternarsi imprevedibile dei toni, dei registri e dei contenuti: a volte sembra la posta dei lettori di “Linus” degli anni Settanta, altre sembra una lista di filosofia, altre ancora sembra… la newsletter di Wu Ming. Per fortuna, al contrario di altri spazi e mezzi d’espressione, non sembra mai il muro di un cesso d’autogrill.
La costante e’ il tono “pop”, e’ il taglio divulgativo, e il sapersi fermare un secondo prima di avere spaccato i maroni…”.

Il loro ultimo libro è proprio una raccolta di questa newsletter; nonostante sia interamente scaricabile da internet il libro ha raggiunto le vette delle classifiche. Wu Ming ha dimostrato che la logica libertaria di internet favorisce anche le vendite, chi si scarica il libro e lo legge senza spendere un soldo non lo avrebbe comprato ugualmente, però se gli piace lo descrive ai suoi amici e tra loro ci sarà qualcuno che lo compra, la vera mano invisibile del mercato!
‘Q’ sta vendendo copie in mezzo mondo, spesso arriva ai vertici anche delle classifiche di vendita, recentemente è entrato nella rosa dei candidati al Guardian First Book Award, tra l’altro unico rappresentante dell’Europa continentale, ha ricevuto anche offerte (rifiutate dagli autori) per una trasposizione cinematografica. I diritti di traduzione di 54 in Gran Bretagna sono stati comprati (editore Heinemann/Random House) ad un prezzo altissimo per un libro italiano.
Spero che qualcuno non si meravigli dello scarto tra questi dati e la ‘popolarità mediatica’ di Wu Ming, rappresenta il prezzo della loro libertà.

Report: “Puntuale Come un Treno”

Ferrovie dello Stato: da un secolo è un ente che garantisce ai cittadini il trasporto.
Dal ‘96 è una moderna Holding che controlla altre 2 società: Trenitalia spa, per la circolazione dei treni e RFI, Infrastrutture spa, proprietaria di binari e linee ferroviarie.
Ecco il sunto della puntata di Report che verrà trasmessa su Rai 3 il 7 Ottobre, alle ore 8.50.

Come negli altri paesi europei, anche in Italia il trasporto passeggeri non è più solo un servizio, è diventato un business, gestito da aziende con fatturati e bilanci che devono quadrare, e la sicurezza?
Possiamo viaggiare sicuri o no?
Come sono treni, linee e stazioni delle nuove Ferrovie dello Stato?
Sui treni e sulle linee ferroviarie di tutta Italia abbiamo verificato le condizioni di viaggio, la manutenzione ed i sistemi di controllo che devono garantire la nostra sicurezza.
In viaggio nelle cabine di guida, accanto ai macchinisti abbiamo cercato di scoprire e capire il perché di molti ritardi, disagi e rischi.
Un tempo eravamo le Ferrovie più sicure d’Europa, lo siamo ancora?
Per un macchinista che differenza c’è tra viaggiare su un Eurostar, ovvero sui binari dell’alta velocità, e su un comune treno regionale, cioè sui binari per il trasporto locale? La differenza si chiama sicurezza.

L’informazione dell’era dell’informazione

Siamo dell’era dell’informazione, senza informazione. Avremmo a disposizione i più potenti mezzi di comunicazione che l’umanità abbia mai sognato. Sarebbe possibile far sapere a persone tanto distanti, eppure non ci sentiamo informati.
O almeno, io la sento così.

Non credo di essere l’unico ad aver preso coscienza di un problema così grave. L’altro giorno pure Giorgia, in tv, ha denunciato la tv (con tutto il rispetto di Giorgia, certo non possiamo incollarle l’etichetta di esperta di comunicazione).

L’altro giorno, con il black-out di tutta Italia, abbiamo avuto l’ennesima dimostrazione di quanto la nostra informazione sia falsata, priva di fondamenta culturali e scientifiche, priva di etica e di coraggio, priva del senso che possiamo dare alla stessa definizione.

Ci hanno detto che un albero ha tagliato l’energia della Francia, che non ne avevamo abbastanza, che servono altre centrali , che servono altre centrali nucleari, che è uno scandalo che gli ecologisti protestino contro le centrali nucleari perché la Francia le ha.

Tutto falso, falsato o modificato secondo le esigenze.

Riprendo da un messaggio che ho letto di un esperto di giardinaggio:

Da esperto del settore del verde: è praticamente impossibile che un albero sia potuto abbattersi sia sui fili sia sul traliccio.
Vi spiego il perchè: i tralicci vengono montati in modo che intorno a loro per un raggio di circa 50 metri vi sia tabula rasa.
Un traliccio della corrente ha una struttura tipo tour eiffel e quindi difficilmente cade.
Essendo alti almeno75 metri i tralicci, i cavi sono posati ad un altezza di 75 metri e formano da traliccio a traliccio una pancia dove il punto massimo scende a circa 15 metri, quindi i cavi sono sospesi ad un altezza di 60 metri, e questo è per legge.
Allora io non credo che dove passino i cavi vi siano alberi più alti di 65 metri lungo tutto larco alpino, al massimo abbiamo alberi che arrivano a 25 metri ed è gia una notevole altezza. Poi supponendo che vi sia un albero che possa colpire i cavi, deve essere alto almeno 80 metri e un albero di tali dimensioni, avete idea di quanto possa pesare? Ve lo dico io allora: un tronco simile avrebbe almeno alla base un diametro di almeno 15 metri, ogni metro di tronco pesa senza ramificazioni circa 2 quintali al metro lineare, i rami del suddetto albero pesano almeno 500kg cadauno.
Ma voi pensate che un albero di simili proporsioni cadendo si limiti a rompere un cavo?
Poi un esemplare cosi avrebbe almeno 800 anni e sarebbe dichiarato monumento
del mondo. Allora, chi vogliono prendere in giro?

Sarebbe caduto un albero, mentre le nostre centrali erano spente ed eravamo costretti ad acquistare energia dalla Francia.
Che cosa c’entra il nucleare?

Un nostro senatore, in un intervento in aula:

(….)
Rimanendo alle questioni che avremmo dovuto affrontare dopo l’intervento del Ministro, mi chiedo perché l’onorevole Marzano non ci abbia detto nulla su quello che effettivamente è successo, non sui fatti così come si sono concatenati l’uno con l’altro (le fantasie, gli alberi e quant’altro), alle ore 3 o tre minuti dopo. Perché, con l’assorbimento soltanto del 30 per cento della normale richiesta di energia proveniente quotidianamente dal nostro Paese, che si aggira sui 45.000 megawatt, a fronte di una nostra capacità produttiva pari ad oltre 52.000 megawatt, è saltato tutto? Questo il Ministro non ce lo ha detto, non lo sa. Perché è stata sufficiente una mancanza di 3.000 megawatt (prima ci è stato detto 3.000, poi 5.000, poi 6.300, con un balletto di cifre che la dice lunga sull’attendibilità del lavoro svolto al Ministero e dal gestore della rete) per far saltare tutto?
Ieri, in un comunicato che ho diramato e il cui contenuto voglio ripetere in Aula affinché resti agli atti, ho detto che il Governo doveva venire a riferire all’Assemblea per spiegare al Parlamento e agli italiani perché si fosse verificato un blackout nazionale a causa di un evento che poteva essere paragonato – per farlo capire a tutti – al blocco del circuito elettrico di un’abitazione nell’ipotesi che si fosse accesa un’unica lampadina! Questo è ciò che nei fatti è accaduto. Questo fatto così modesto nelle sue dimensioni sta a dimostrare che c’è qualcos’altro oltre all’inefficienza e all’incapacità, qualcosa legata ad una serie di affari che giorno per giorno diventano sempre più palesi, non ultimo l’affare legato alla spartizione delle autorizzazioni per la costruzione delle centrali che devono essere realizzate.
Il Ministro non ci ha detto perché le centrali italiane erano spente, perché ciò è potuto accadere. Con i soldi che si sfilano dalle tasche degli
italiani (mi rivolgo al ministro Tremonti, il quale afferma che il Governo non metterà le mani nelle tasche degli italiani), con i soldi del pagamento delle bollette che dovrebbero servire proprio ad evitare che fatti del genere possano accadere, vengono mantenute le inefficienze degli impianti. Quelle centrali erano spente e per molto tempo non si sono potute riattivare.
Questo è accaduto per pura convenienza economica. Infatti, conviene importare energia piuttosto che produrla; conviene tenere spente le centrali piuttosto che mantenerle in attività. Ma tutto questo conviene ai produttori, ai quali conviene pure avere un Governo che consenta loro di lucrare sulla pelle dei cittadini senza obbligare i gestori ad una gestione responsabile della richiesta di energia, cosa doverosa per chi deve garantire un servizio essenziale. Una gestione responsabile della richiesta di energia, quella che è obbligatorio soddisfare, dovrebbe essere compito di un Governo garantirla a tutti i cittadini. Invece, a garanzia di quegli interessi, (interessi dei produttori, non certo dei cittadini), il Ministro solleva polveroni, chiede nuove centrali, come se dieci o cento nuove centrali in più avessero potuto cambiare qualcosa. In realtà, con questo stato di cose, il Ministro avrebbe garantito anche a quelle centrali di rimanere spente, così come ha garantito a quelle che erano spente di rimanere tali. (….)

Nessuno, in televisione, ci ha detto che le nostre centrali erano spente.

Nessuno avrà la responsabilità di quanto è accaduto. Eppure miliardi di danni sono stati causati, ad esempio, per mancata produzione, l’impossibilità di conservare gli alimenti ed i materiali deperibili, ed altro ancora.
Se io vado alle porte di un’azienda e mi faccio vedere mentre taglio con un’ascia i cavi della corrente, vengo denunciato. Se qualcuno lo fa a livello nazionale, rimane impunito.

Ma il punto non è tanto quello delle centrali e del black-out, il problema rimane nel campo dell’informazione.
Se vuoi quella giusta, la devi cercare: nessuno ha interesse a fornirla a chi la chiede pagando un servizio (acquistando un quotidiano, guardando la televisione e pagando gli spot pubblicitari).

I cittadini sono i clienti dell’informazione, mentre l’informazione fornisce un servizio che li danneggia direttamente.

D’altro canto, anche Internet e le sue grandi possibilità sembrano fallire: troppo rumore, troppi dati, niente informazione.
L’informazione è inversamente proporzionale alla quantità di dati, questo è un dato scientifico.

Quindi possiamo dire di essere nell’era dei dati, ma di certo non nell’era dell’informazione.

Report: “Il Calcio in bocca”

Ecco il sunto della puntata di Report che verrà trasmessa su Rai 3 il 30 Settembre, alle ore 8.50.

Esiste il doping nel calcio? C’è chi, come il direttore generale della Juventus Luciano Moggi, afferma di no, mentre i dati raccolti dal procuratore di Torino Raffaele Guariniello durante anni di indagini dimostrerebbero il contrario. E allora? Allora Alessandra Anzolin è andata
tra i calciatori affetti dal morbo di Gehrig (SLA, Sclerosi Laterale Amiotrofica) e ha scoperto che tutti prendevano “qualcosa” senza sapere
cosa fosse. Il dubbio di scienziati e magistrati rimane, anzi cresce: la causa di un numero così elevato di calciatori affetti dal morbo potrebbe
risiedere nell’uso di farmaci dopanti. E poi si giunge al processo nascosto ai media: quello in corso a Torino contro una parte del gruppo dirigente della Juventus. L’accusa è frode sportiva dovuta al presunto uso di doping: l’indagine che nel 1998 scaturì dalle accuse di Zdenek Zeman. Vediamo i calciatori della Juventus interrogati in aula e vediamo i tifosi juventini che neppure sanno dell’esistenza di un tale processo.
Mettiamo le mani sul caso Empoli e raccontiamo come avveniva l’imbroglio del sorteggio dei calciatori da inviare all’antidoping, mentre Paolo
Mondani incontra alcuni ex calciatori che testimoniano sulle sostanze proibite che prima di ogni partita venivano loro somministrate. E arriviamo ai controlli dell’Acquacetosa dove scopriamo che proprio l’Epo e il Gh (Eritropoietina e ormone della crescita) e cioè i due dopanti più pericolosi sono proprio quelli più difficili da identificare nelle analisi. E scopriamo ancora che i controlli combinati sangue urina, che la
Federcalcio aveva annunciato per l’inizio di settembre, chissà quando cominceranno visto che i finanziamenti sono ancora incerti. E infine,
arriviamo al caso dell’estate: ai calci in bocca volati tra i presidenti della serie B da una parte e Lega e Federcalcio dall’altra. Parlano Moggi
e Cellino, ma parla anche Victor Uckmar che spiega come i bilanci delle squadre siano tutti falsi. E parlano Alessandro Moggi e Dario Canovi sul caso Gea, oggetto della polemica più feroce tra gli addetti ai lavori. Parliamo della società dei “figli di” padrona del calciomercato, che
qualcuno descrive come il punto più alto del conflitto di interessi tra politica, calcio, alta finanza. Insomma, tanti, tanti calci in bocca.

Per duellare bisogna essere in due

Oggi ho letto su una civetta, mentre correvo per andare ad un consiglio, che è stata organizzata una protesta sui problemi della scuola italiana. Non voglio entrare nel merito della protesta, di cui purtroppo non sono riuscito successivamente a trovare nulla, ma su una cosa che mi ha molto colpito di quelle poche parole che componevano il titolo dell’articolo.

A memoria, dicevano più o meno: “Scuola: proteste in piazza ma fuori la politica”.

Proprio quest’ultima frase ha inserito un seme all’interno del mio corpo, che ha germogliato solo stasera, dopo un’attenta riflessione.

Politica è decidere di quello che si fa della scuola.

Queste parole mi hanno fatto tornare alla mente anche un post di Marco Schwarz sul suo blog:
http://www.montag.it/blog/archive/000364.html, che porta avanti il dubbio che l’informazione dei quotidiani sia legata al filo conduttore “Io Comunista, tu Fascista”, per il quale le varie testate sparlano delle altre e dei politici che queste ultime appoggiano, ma mai veramente si sputtanano tra di loro.
Quello che mi pare ovvio è che il significato di politica sia stato cambiato con la forza, da chi vuole che i cittadini smettano di pensare a questi problemi, quello che realmente interesserebbe loro.
L’informazione ci dice che la politica è lo scambio di battute di Fassino e Berlusconi, di Bossi e di Casini, e sposta l’attenzione della gente dai veri problemi a questo brutto teatrino.
C’è la volontà di cambiare il senso delle cose, delle parole che servono ad indicarle. Informazione, infatti, è una parola molto diversa da “teatro dei burattini”. Fare informazione vuol dire trattare i problemi dei cittadini, non ignorare appelli di 150’000 persone, o fare finta che raccolte di 500’000 firme non esistano.

Rendere tutto bipolare significa semplificare e banalizzare all’estremo tutte le discussioni, renderle sterili del loro contenuto politico, del loro senso al di fuori della dialettica. Nessuno conosce il contenuto dell’articolo 18, tutti sapevano chi era a favore e chi contro questo articolo dello statuto dei lavoratori. Come se sapere quello che pensa Berlusconi su un problema bastasse a conoscerlo.
Oddio, aiuta, ma non ci dice nient’altro che un “si” ed un no.

Si, perché.
No, perché.

Questa è la vera politica.

Se l’informazione non ci fornisce l’informazione, continueremo a leggere frasi come “proteste in piazza ma fuori la politica”, senza che producano in noi nessuna diffidenza o stupore.

La piazza è il luogo centrale della vita della città (polis), dove si svolgeva la politica e dove i cittadini possono forse ancora dire la loro.

Tutti, anche l’attuale opposizione, hanno vantaggi nel recitare un teatrino. Chi con il ruolo di chi cerca di contrastare una maggioranza al governo, e chi al governo fa finta di esserne ostacolato. La comunicazione aggiunge, di suo, il colore necessario a tenere una fiammella accesa su questo teatro (per evitare che l’attenzione si sposti sui veri problemi), cercando al contempo di rimanere distanti dal rischio che diventi un rogo (gli incendi, si sa, bruciano tutto. Ma poi la vita rinasce).

Questa è politica?

Si, No.
No, Si.

Perché?

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