Politica

I politici che ci giudicano

Dice Bene Gilioli.

Sono sinceramente sbalordito dalle parole dei nostri nuovi ministri, che dicono come dobbiamo comportarci, quali devono essere le nostre speranze, quale dev’essere il nostro futuro. Dall’alto della loro età media di 63 anni.

Tra i miei colleghi di università, in tanti hanno cambiato paese per trovare una professione corrispondente al loro percorso di studi: chi negli USA, chi in Svizzera, chi in Lussemburgo, chi in giro per l’Asia. Per non parlare dei più romantici, che cercano di resistere facendo comunque il Giro d’Italia. Gli altri hanno cambiato mestiere.

Quindi smettano di prenderci in giro, con il discorso del lavoro vicino a mamma. E’ chiaro che vorremmo lavorare vicino ai nostri familiari, ai nostri affetti, alle nostre amicizie. E’ una cosa normale, chiaro? La vita è più importante del lavoro, del quale quest’ultimo è parte integrante, non il contrario!

Siamo nell’era della telematizzazione, della globalizzazione, del tutto il Mondo è connesso, ma abbiamo meno possibilità di lavorare dove vorremmo rispetto ai nostri nonni, che hanno fatto spesso enormi sacrifici, con la speranza e la certezza di poter tornare, un giorno, a raccogliere il cuore dove l’avevano lasciato.

Smettano di giudicare i nostri sogni e comincino a pensare a come realizzarli.

Se proprio sono in vena di giudizi e riforme, possono partire col giudicare e sistemare per primo il loro Mondo, fatto di plusvalenze da 18 milioni di euro in un giorno o di tanti mucchietti di bonifici da 149’000€, o dei loro stessi figli, ai quali evidentemente l’insegnamento della mobilità non è stato impartito correttamente.

Sull’ICI della Chiesa non ci siamo

E’ vero, Bagnasco ha dato una disponibilità generica ad aprire un dibattito sul tema. Fermo restando che «in linea di principio, la normativa vigente è giusta, perchè riconosce il valore sociale delle attività svolte da una pluralità di enti no profit e, fra questi, gli enti ecclesiastici».

Non ci siamo ancora, mi spiace..

Anche le case delle famiglie hanno un enorme valore sociale e non sono fruite a fini di lucro, eppure verranno chiamate a contribuire al risanamento delle finanze pubbliche.

Inoltre, tra le righe, si ammette che questo valore sociale è riconosciuto per “una pluralità di enti no profit”, non tutti.
Quindi al limite l’esenzione dovrebbe essere per il fine, e quindi distribuito a tutti coloro che lo perseguono, non destinato ad alcuni tra quelli che lo esercitano.

Gli italiani ed il nuovo che avanza

Sono proprio curioso di sapere quanto durerà il colpo di fulmine che oggi hanno gli italiani nei confronti del neopremier Monti.
E’ vero, tolto B. tutto il resto purché sia.

Però come si fa ad essere contenti a prescindere? E’ abbastanza facile: oggi tutti pensano che i sacrifici toccheranno ad altri. E quando si parla di equità, trovandosi ovviamente sempre dalla parte del giusto, ogni italiano pensa che finalmente il Governo darà loro (o toglierà agli altri) il giusto.

Non è una difficile previsione, quella della futura delusione collettiva.

Del resto è bastato che si uscisse per un momento dal vago, entrando nel merito di nucleare ed ogm, per scatenare le giuste critiche.

Perché i tecnici possono pur essere bravissimi tecnici, ma la direzione che devono prendere deve essere dettata dalla politica, non viceversa. E la politica deve prendere in considerazione la scienza ma anche sapere quali sono i suoi limiti.

Volevo ricordare solo un minimo dettaglio: i migliori economisti tecnici del Mondo non hanno mai messo in dubbio una crescita continua, e prendendolo come dogma non sono mai riusciti a prevedere nessuna crisi con anticipo. Semplicemente ogni modello di analisi si basa su astrazioni necessarie per gestire la complessità dei sistemi, e spesso queste semplificazioni si portano dietro enormi errori sui risultati.

Oggi proprio queste persone dovrebbero scegliere per noi come dobbiamo uscire dalla crisi?

Un tecnico meccanico potrebbe dirmi che non ha senso rincorrere dietro ai problemi dell’auto del nonno, sempre più frequenti e sempre più costosi. Ciò nonostante potrei voler mantenere quel mezzo perché è diventato storico, o più semplicemente perché la mia felicità dipende anche dagli affetti, e non soltanto dai calcoli matematici di convenienza economica.

Per questo spero che questa fase duri lo stretto necessario, e poi si torni a ragionare di politica, di critica al PIL come indicatore di obiettivi ed ai limiti di questo sistema, di come cambiare per distribuire maggiore equità, di cosa fare per rendere questo pezzo di Pianeta abitabile anche per i nostri figli.

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