Governo

Inquinamento del Lambro e del PO. Il centrodestra ha depenalizzato il reato.

Il disastro del Lambro rompe gli argini. I veleni raggiungono il Po e ora minacciano l’Adriatico. Il Governo ha depenalizzato i reati per gli inquinatori.

Chi ha inquinato il Lambro pagherà? Forse, ma con maggiore difficoltà, a partire dall’inizio di febbraio.

La magistratura indaga sulle colpe e sui colpevoli dello sversamento di idrocarburi che ha ucciso il fiume e messo a rischio l’agricoltura e gli ecosistemi. Con tutta probabilità, in quella vicenda si troveranno profili penali, soprattutto se c’è stato – come ora sembra – un sabotaggio per far
chiudere la fabbrica e permettere una lottizzazione. Ma pochi giorni fa la maggioranza ha approvato una legge che depenalizza ulteriormente i reati di contaminazione delle acque, rendendo più facile la vita all’industria inquinante e più difficile la vita a chi deve contrastarla.

Il 2 febbraio scorso, infatti, è stata licenziata una modifica al codice ambientale (la legge delega voluta dal precedente governo Berlusconi, la 152 del 2006) che indebolisce le sanzioni: «La legge dell’eco-vergogna» come la definisce il presidente dei Verdi Angelo Bonelli, che ha denunciato la depenalizzazione messa in atto dal Governo: «In questo paese gli inquinatori, come i criminali, la fanno sempre franca ». La norma prevede infatti che può essere perseguito penalmente solo chi scarica inquinanti ad altissima tossicità, come mercurio, cadmio e gli stessi idrocarburi “oltre i valori limite” consentiti dalla legge. Gli altri – quelli sotto i valori limite dei veleni – se la cavano con una multa che va da 3.000 a 30.000 euro, così come quelli che scaricano sostanze meno
tossiche, anche se inquinanti.

C’è in atto una depenalizzazione di tutto quello che può essere depenalizzato. Il governo non va certo nella direzione di inasprire le sanzioni per chi inquina. E la legge per la creazione dei crimini ambientali non è mai decollata: ci sono delitti contro la vita, la proprietà, ma non contro l’ambiente che poi significa la salute di tutti.

Siamo davanti ad una COLPEVOLE sottovalutazione delle dimensioni e degli effetti del disastro ecologico.

Si sono manifestate delle evidenze carenze di capacità e di mezzi.
Nel momento in cui si è capito che, per incapacità o per carenza di strutture e di mezzi, non si era in grado di affrontare in termini positivi l’emergenza, cinicamente, si è scelto di non fare nulla, come è evidente a chi ha frequentato i luoghi del disastro.

Inoltre emergono anche altri elementi critici:
. Principale responsabilità lombarda nella mancata attivazione dell’emergenza. Non si è trattato del solo inquinamento del Lambro. Il ricettore ultimo sarà il mare Adriatico. I lombardi avevano il dovere di saperlo.
. Impreparazione ad affrontare emergenze ambientali in generale ed in particolare della Protezione civile emiliana-romagnola (vedi l’invio di attrezzature, pure sbagliate, da Tresigallo)
. Scarsità di mezzi e materiali (non sono stati usati, perché non disponibili, prodotti chimici disaggreganti)
. Assenza di una visione territoriale (di bacino) nel valutare gli impatti del disastro. È sembrato che la Protezione civile della Lombardia si sia preoccupata solamente del Lambro. Sul Po si sono visti solo gli emiliani.
. Assenza di una regia unica (chi comandava gli interventi?) come avviene sistematicamente su tutte le tematiche legate al fiume. Prevalgono sempre le logiche amministrative (in realtà sarebbe più corretto parlare di logiche politiche di governo); le regole in vigore in sponda destra sono
diverse da quelle della sponda sinistra.
. AIPO (che poteva essere individuata come titolare dell’azione necessaria) non regge alla prova dei fatti, troppo condizionata dalla politica, troppo zavorrata da funzionari senza conoscenze necessarie ad affrontare queste tematiche.

I garanti della Federazione regionale dei Verdi dell’Emilia Romagna

GianMaria Casarini
Alessandro Ronchi
Arianna Bianchi

Nucleare: alla faccia del federalismo

Quando si delega una decisione agli enti decentrati, non sempre decidono come vuole il Governo.

Così sul nucleare i nostri “eroi” hanno impugnato le decisioni delle regioni contrarie alle nuove centrali sul loro territorio.

Esattamente il contrario del federalismo.

L’Italia si svende ai saldi

Con il federalismo demaniale il Governo adotta un provvedimento storico per i danni al bene pubblico che può provocare. Si trasferiscono le proprietà demaniali alle regioni, allo scopo di fare cassa.

Si annuncia come la più colossale svendita di Stato che sia stata mai concepita. Altro che privatizzazioni all’inglese, modello Thatcher o Blair. Qui siamo alla liquidazione totale del demanio statale.Si svende un enorme patrimonio pubblico che appartiene a tutti i cittadini: settentrionali e meridionali, ricchi e poveri, di destra e di sinistra. Il decreto legislativo sul cosiddetto “federalismo demaniale”, varato dal Consiglio dei ministri alla vigilia di Natale e rimesso ora all’esame delle competenti Commissioni parlamentari, prevede il trasferimento dei beni statali a Comuni, Province e Regioni, con la dismissione in massa di edifici pubblici, caserme e altre installazioni militari, terreni, spiagge, fiumi, laghi, torrenti, sorgenti, ghiacciai, acquedotti, porti e aeroporti.

via Caserme, castelli, spiagge saldi di Stato sul territorio.

Da Wikipedia:

secondo quanto previsto dal Codice Civile art.822 e seguenti, il demanio è costituito dai seguenti beni: il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti; i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia; le opere destinate alla difesa nazionale.
Fanno allo stesso modo parte del demanio pubblico, ma solamente se appartengono allo Stato, le strade, le autostrade e le strade ferrate; gli aerodromi; gli acquedotti; gli immobili riconosciuti d’interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in materia; le raccolte dei musei, delle pinacoteche, degli archivi, delle biblioteche; e infine gli altri beni che sono dalla legge assoggettati al regime proprio del demanio pubblico.

La principale caratteristica dei beni che fanno parte del demanio pubblico è la loro inalienabilità. Essi non possono essere venduti (se non in forza di una specifica nuova legge) e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano

Le interessanti clausole del contratto del Vaccino per il virus H1N1

… se il siero vaccinale è dannoso per la salute “il Ministero è tenuto a tenere indenne Novartis da qualsiasi perdita che l’azienda sia tenuta a risarcire in conseguenza di danni a persone e cose causati dal prodotto”. In altre parole, se il vaccino fa male a chi lo assume paga lo Stato.

Fonte: Vaccino per il virus H1N1, Novartis-Governo Ecco il contratto segreto – Repubblica Salute

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