Pensieri

Bologna, 2 Agosto 1980, ore 10

Nella vita, a volte, ci sono degli interruttori.

L’uomo o la donna che eravamo prima, una volta premuto il pulsante, non ci saranno più.

Non sempre sono visibili o si trovano nelle nostre mani. Il film Sliding Doors parte da un evento insignificante che trascina con sé una vita completamente diversa per i protagonisti.

A volte invece sono talmente eclatanti da rimanere nella storia.

2 Agosto 1980, ore 10.

Mio nonno, Nello, è ancora un impiegato delle Poste che lavora alla stazione di Bologna.

Me lo immagino scherzare e fare battute con i colleghi, in questa città si è sempre trovato bene ed è un personaggio molto socievole.

Forse si sarà lamentato del treno che aveva dovuto prendere alle 5 del mattino per andare a lavoro, ma probabilmente nemmeno questo. Una vita più dura di quella alla quale siamo abituati oggi, ma felice.

Alle ore 10:25 accendono un interruttore.

Non solo per lui: l’Italia intera si ferma, incapace di comprendere cosa sia successo.

La vita di tante persone si arresta in un solo secondo, con un grande boato.

Nello è vivo ed incolume, a proteggerlo fisicamente dallo scoppio della bomba bastano poche decine di metri di distanza.

Ma poche decine di metri non lo separano abbastanza dall’orrore.

Rimbocca le maniche del grembiule da postino, indossato sopra il torso nudo per il caldo, e si muove verso le macerie.

Fa quello che fanno in tanti: cerca di liberare spazio sopra i corpi e di fare largo nella piazza antistante, affinché possano avvicinarsi i soccorsi. Lo si vede in un video spingere un taxi in silenzio, prendendo ordini da qualcuno che in quel momento aveva il polso di coordinare le tante braccia disponibili.

Vede quello che vedranno in tanti, e sente un bambino chiedere al padre della sua mamma, rimasta in sala d’attesa ad aspettarli mentre andavano a comprare un gelato.

Vede i pezzi delle vite che si sono interrotte. Non lo capisce subito, ma anche la sua non sarà più quella di prima.

Da simpatico chiaccherone, si trasformerà per qualche anno in uomo taciturno. Quale significato poteva dare alle parole, dopo quel pezzo di realtà che ha dovuto affrontare?

In quegli anni un uomo sano nel fisico non poteva farsi aiutare da nessuno per lo spirito.

Quando si parla di una strage si fa sempre il conto delle vittime e dei feriti, per cercare di quantificare algebricamente la loro portata.

Ma eventi come questo portano dietro un’onda di vite spezzate per sempre in due parti.

Gli interruttori fanno questo, purtroppo.

Interrompono.

Elogio della cattiveria

Mi piacerebbe sapere da quando è peggiorata la nostra celebrazione nei confronti dell’uomo cattivo.

Va molto di moda essere stronzi, perfidi, egoisti, menefreghisti.

Ma perché? Per quale motivo vogliamo essere guidati dal cattivo? Di certo non ci piacerebbe essere curati da Dracula in ospedale.

Forse il nostro piacere deriva dal desiderio di sentire giustificato il nostro personale egoismo. Se i massimi esponenti della nostra società, dalla cultura alla politica, saranno più cattivi di noi, saremo a posto con la nostra coscienza.

Ma fa bene al nostro Paese, alle nostre vite? La cattiveria subita dagli altri un giorno sarà rivolta verso di noi.

Sarà banale, ma mi piacerebbe essere circondato da persone perbene, che non picchiano gli altri per una partita di calcio, che non rubano né al prossimo né allo Stato, che non segano il ramo sul quale siamo seduti, che non uccidono un animale per farsi un selfie.

Ci vuole tanto? Forse sì.

Però una piccola cosa possiamo farla: lasciare nel loro buco i peggiori, non dando loro ascolto o visibilità sui social. Almeno non commentiamoli nei loro post direttamente, è tutta pubblicità.

Smettiamo di guardare chi urla o sbraita in televisione o su youtube.

Se c’è qualcuno in treno che si comporta da stronzo, difendiamo chi sta offendendo ed aiutiamo chi lo sta facendo.

È una piccola guerra quotidiana in stile Disney, tra il bene ed il male, che farebbe ridere se non fosse seria.

Cerchiamo di essere persone perbene.

Il treno, 36 anni fa.

piccola rapsodia dell'Ape3 dozzine di anni fa, il 12 Aprile 1980, mio padre era a Modena per lavoro.
Mia madre, già la notte prima, era andata all’Ospedale in travaglio.
Lui non lo sapeva. Non esistevano i cellulari ed i miei nonni preferirono, inspiegabilmente, non dirglielo.

Durante la pausa, entrò in un negozio di dischi e comprò un vinile: “Piccola Rapsodia dell’Ape”, delle Orme.

Ad un certo punto della giornata, decido di nascere.

Era la prima volta, per me, ed ero un po’ emozionato. Anche mia mamma, ed i miei nonni. Lei aveva fatto tutto da sola, fa impressione a pensarci.

Mio babbo invece ancora non lo sapeva.

Ad un certo punto, con tutta la calma del Mondo, lo chiamarono al telefono in ufficio, per dargli la notizia.

Mio padre, felice perché fosse andato tutto bene ed arrabbiato per essersi illogicamente perso tutto, prese il primo treno per Forlì.

Me lo immagino, anche perché ce lo raccontò mille volte, ad aspettare la coincidenza nella stazione di Bologna, che 3 mesi dopo diventerà quella della strage.
Il treno nel 1980 non era una freccia. Andava veloce, ma non abbastanza.

E durante questo viaggio interminabile, aprì il cellophane del vinile ancora incartato ed iniziò a leggere il testo della sua prima canzone:

Poche le stagioni che donai
quasi sempre autunni con la pioggia
il mio posto qui sul finestrino
per non perder le sue nuvole

quante volte tornerei su quel treno
se corresse con il vento
io scendevo giù di corsa veloce
per non perdere il momento
da trascorrere con lei

Corri forte, corri forte ti prego
non tardare di un minuto
lei mi aspetta sul binario fa freddo
io non so resister più
io non so resister più

Forme e colori io cercai
case con giardini sol per lei
il mio posto qui sul finestrino
per non perder le sue nuvole

Quante volte tornerei su quel treno
se corresse con il vento
io scendevo giù di corsa veloce
per non perdere il momento
da trascorrere con lei

(Il treno, Le Orme)

A volte nella vita le canzoni ti scelgono e ti accompagnano.

Lui effettivamente pregò il treno di far presto e scese giù di corsa, veloce, per non perdere il momento.

In questi giorni mio padre ci ha raccontato di nuovo questa storia, senza parole.

Ho la fortuna di averle nel tempo potute raccogliere e conservare, e forse anche per questo mi mancano così tanto.

E’ sempre facile, per gli altri.

In diverse occasioni, ad X-Factor, alcuni aspiranti hanno risposto molto male alle critiche sulle loro doti canore.

Capita, ovviamente, quando si ripone in un sogno una aspettativa che, scontrandosi con la realtà, è inizialmente difficile da accettare.
Così alla notizia di non avere talento, la cosa più immediata da pensare è che nemmeno i giudici ne hanno, e questo non gli ha impedito di essere ricchi e famosi. Ovviamente in questo ordine di importanza.

Io non so se sia sempre stato così. Raramente i provini per la televisione facevano parte dello spettacolo. Chissà quante volte un aspirante partecipante di San Remo avrà risposto male a chi lo giudicava inadatto. Forse le accuse erano diverse, ed un tempo non li accusavano di avere le tette rifatte, o di essere famosi per raccomandazione.

Però è troppo facile, così.

Al top del mondo dello spettacolo, così come in tanti altri vertici, ci sono persone che hanno dedicato una vita alla propria passione, spesso senza immaginare di diventare famosi col tempo. Mi immagino Elio, o Morgan, mentre studiavano musica. Sarei pronto a scommettere che il loro primo pensiero fosse la musica, non i soldi. Anche perché non sono stupidi: arricchirsi con la musica era difficile già tempo fa, nonostante il talento.

L’ingrediente necessario, tranne quale rarissimo caso, è la passione per quello che si fa. Chi emerge grazie al proprio talento lo deve a sforzi che non sono nemmeno paragonabili al presentarsi ad un provino. Immagino le porte chiuse trovate nel loro cammino, e quanto sia stato difficile resistere alle insistenze di chi non credeva in loro, che gli consigliava di trovare una occupazione più sicura.

Simona Ventura, pur non appartenendo al mondo della Musica, ha fatto la sua gavetta e la sua esperienza. Non è diventata famosa grazie ad un gratta e vinci. Non basta essere di bella presenza o rifarsi il seno per sfondare. Lo dimostra il numero di tette rifatte che rimangono rifatte in casa e non diventano star televisive. Certamente un pizzico di fortuna sarà stata una componente essenziale: incontri fortunati, occasioni acchiappate al volo. Ma anche occasioni cercate con insistenza, provini su provini, qualche studio, qualche rinuncia.

Ed Arisa? Lei si è costruita prima un personaggio quasi da cartone animato per vincere San Remo. Ma prima ha fatto tanti lavori (Wikipedia cita:
cantante di piano bar, baby sitter, parrucchiera, donna delle pulizie ed estetista) e studiato musica. Perché non tutti lo sanno, ma la musica si studia. A 16 anni ha vinto il primo concorso canoro, a 17 un secondo, poi ha vinto una borsa di studio come interprete, poi ha fatto il Sanremolab, poi ha vinto il concorso per partecipare, e poi ha vinto SanRemo. E vincere San Remo, si sa, non significa arrivare in cima e mantenere la fama.

Ho scritto questo lungo sproloquio per dire che è veramente brutto che un ragazzo o una ragazza si presenti davanti ad un pubblico come quello di X-Factor per offendere ridendo su quanto si facile la vita dei giudici o di chi ha avuto successo nella vita. Certo, oggi per loro sarà semplice, però perché non vi chiedete prima se avete fatto il loro stesso sforzo per arrivare lì? Siete sicuri di avere lo stesso talento?

E’ l’esternalizzazione delle colpe che ci accompagna ormai da bambini. Gli studenti, persino alle elementari, non sono più somari. La colpa, senza dubbio, è degli insegnanti. All’università è colpa dei figli di papà. Al lavoro è colpa dei raccomandati. Da vecchi sarà colpa della luna piena o delle maree.

E troppo facile, così.

Sappiate che mi fate schifo, perché non siete quei fenomeni di mezza età che si trovano nelle metropolitane ed hanno 1000 volte il vostro talento. Gente alla quale la vita ha veramente spesso girato le spalle, o che per la propria passione non si è piegata a compromessi, ottenendo solo rifiuti. Gente che ha studiato anche molto ma non ha avuto la vostra occasione, o l’ha persa per l’emozione del momento. Loro sì che potrebbero lamentarsi, e sono sicuro che saprebbero farlo con dignità, senza tirare in ballo chi ce l’ha fatta.

La vita è difficile più o meno per tutti. I raccomandati ci sono, per carità. Ma voi siete solo bambinetti troppo viziati. Non solo farete fatica a cantare, ma le avrete perse anche negli altri ambiti, perché incapaci di lavorare.

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