Generale

Il codice sorgente diventa un furto

I telegiornali hanno dato notizia del furto del codice sorgente di Windows. Alcuni sono arrivati a dire che l’attacco è stato “perpetrato da alcuni hacker o da sostenitori della liberta’ del software”, come recitava il titolo del TG5 del 14, oppure all’interno dello stesso servizio: “[il furto] effettuato da hacker o da sostenitori di software libero, come Linux”.
Sembra che questa notizia provenga da un articolo di Paolo Ottolina del corsera.
La mossa di Microsoft è chiara: il sorgente era stato già diffuso in diversi stati per il programma “Shared Source”, un’iniziativa che aveva avuto lo scopo di creare confusione sul software “Open Source”.
Chi lo avesse voluto, lo avrebbe ottenuto facilmente, ma non è questo il punto. Il programma Shared Source non prevedeva l’utilizzo del codice sorgente, che è la chiave principale del poterlo vedere e modificare sulla quale si basa il software Open Source.
In un momento delicato, in cui si scoprono grossi bug del codice di Windows, si diffondono nuovi worm e virus che stanno causando grossi problemi, la strategia di Redmond è di dare la colpa a qualcuno che ha rubato il codice, minandone la sicurezza.

Ho qualche segnalazione da fare, per cercare di fare un minimo di chiarezza su una questione che può diventare un FUD.

La distribuzione del codice sorgente rischia di minare la sicurezza di Windows. Questo è falso. E’ stato dimostrato che la sicurezza “by obscurity” di un problema, ottenuta tramite la non diffusione delle informazioni, non è affidabile. E’ vero l’esatto contrario: se di un sistema che abbia interesse le informazioni sono disponibili, il numero maggiore di occhi puntati sul metodo lo renderà più sicuro. Come i crash test rendono più sicure le auto. Microsoft vuole farci credere che non sia necessario fare dei test pubblici, ma che i cittadini possano fidarsi di quelli interni dell’azienda, che guardacaso lucra proprio sui continui aggiornamenti del suo software. Il testing, diceva Dijkstra, può dimostrare un problema del codice ma non la sua correttezza. Quindi più intensa è questa attività, maggiore è la sicurezza che l’oggetto del testing funziona.

Il furto è stato commesso dalla comunità dei sostenitori del software libero, dicono alcuni articoli alquanto ignoranti. Non è assolutamente vero che i sostenitori del software libero considerino fondamentale la liberazione del codice di windows. Chi usa linux, in particolare, crede che il suo sia un sistema migliore e non utilizzerebbe mai quello di Microsoft. In realtà chi sostiene il software libero è sempre in prima fila a difendere il controllo delle licenze e dello stato di legalità del software utilizzato. Chi ha inventato la licenza GPL ed ha contribuito allo sviluppo di software libero probabilmente poteva copiare il software di altri, ma ha fatto la scelta opposta di cercare di liberarsene, creando da zero quello che gli serviva.

E’ proprio questo il punto cruciale che deve essere spiegato alla gente. Io uso Linux perché credo sia immorale ed ingiusto che si copi software che l’autore ha deciso di non lasciare libero di essere copiato. Credo inoltre di avere un sistema migliore di Windows 2000, e non utilizzerei il loro sorgente né per fare virus, né per creare pezzi mancanti del mio sistema.

Probabilmente a Microsoft proprio non và giù il fatto che si possa fare a meno di loro, e cercano di fare entrare nella testa delle persone che tutti vorrebbero Windows, ma qualcuno non se lo può permettere.

Che lo diffondano, che lo lascino copiare (strategia vincente che li ha messi in posizione dominante, senza la quale non sarebbero nessuno, ora), che si lamentino che qualcuno li copia , non mi importa.

Ma almeno i giornali capiscano che software libero non significa liberazione e copia di quello che c’è, ma creazione di qualcosa di nuovo e spesso migliore.

Enkeywebsite

In questi giorni la Guardia di Finanza ha chiuso il portale italiano http://www.enkeywebsite.net/, che veniva utilizzato per postare link diretti a file distribuiti tramite la rete edonkey – emule.
Il fatto crea un precedente: quel portale, infatti, non conteneva nessun file incriminato, ma solo le informazioni per reperire materiale illegale. Non era mai accaduto, che io sappia, che la Guardia di Finanza ponesse sotto sequestro portali che non contenevano file illeciti, e questo rimette in discussione il ruolo degli utilizzatori del peer to peer e di chi diffonde solamente informazioni.

C’è da dire che il portale ospitava anche persone che creavano i file in questione, anche se poi venivano distribuiti tramite p2p e non tramite un download diretto. Questo, in parte, può spiegare il movimento che ha portato alla chiusura del sito.

SpronaCoop – La Coop arretra in trasparenza

Fino al 2002 sulla confezione di ogni prodotto COOP era riportato il nome della ditta che lo aveva fabbricato, indicando nome, cognome e indirizzo. Oggi invece è indicato soltanto l’indirizzo dello stabilimento, senza dichiarare il nome del produttore.

Quindi Peacelink ha dato il via ad un’iniziativa per convincere la Coop a tornare indietro, ripristinando quella trasparenza che l’ha sempre caratterizzata.

Ricordo che spesso i prodotti con il marchio del supermercato sono gli stessi che hanno marche più note e che sono pubblicizzate. Per accorgersi di questo bastava guardare il produttore: è noioso pagare lo stesso prodotto due cifre differenti a causa del marchio.

Ma non è solo questione di prezzo. Inserire il produttore e le notizie su quello che si vende è una buona abitudine che serve a rendere più tranquilli i consumatori che vogliono controllare quello che mangiano. La provenienza, i contenuti, chi sta dietro ad un oggetto, credo siano notizie che la gente possa sapere.

Se si ritiene che sia meglio nasconderle allora si aggiunge un motivo in più a coloro che vogliono sapere.

Clima: facciamo una rivoluzione energetica

Prima che torni l’estate, quando tutti si ricordano dei problemi energetici, conviene discuterne per trovare una soluzione.
E’ sempre facile dire “apriamo nuove centrali” oppure “chiudiamo quelle vecchie”, e a volte anche le proteste contro le centrali nuove che vengono progettate non sono molto ecologiste.
C’è chi ritiene, infatti, che un maggior numero di centrali di piccole dimensioni permetta una maggiore razionalizzazione delle risorse ed una maggiore produttività di energia a parità di materiali primi.
Ovviamente, non è nemmeno il caso di dirlo, bisogna guardare con un occhio a progetti di vasta scala, come possono essere l’introduzione di nuove direttive europee sulla gestione dell’energia, sia al caso particolare, perché non sempre si possono devastare i territori per creare centrali che non servono.

Il WWF Italia, sezione Lombarda, pubblica un documento che cerca di sensibilizzarci sulla gestione dell’energia, piuttosto che sulla quantità.
Il rendimento delle nostre centrali termiche è ridotto rispetto alle possibilità, ma anche il cittadino potrebbe fare molto con una gestione sensata delle caldaie e dell’illuminazione.
Quasi sempre uno studio del rendimento dei nostri impianti di riscaldamento e di illuminazione porta ad un notevole risparmio economico, oltre alla questione etica di ridurre l’impatto ambientale.

E proprio su questo, secondo me, bisogna cercare di fare leva. Se si riescono ad informare i cittadini che stanno lavorando delle ore al mese per pagare un certo tipo di lampadina piuttosto che un’altro, che permetterebbe un risparmio a parità di servizio, allora probabilmente anche questa soluzione diventerebbe di massa.

Forse in primis il settore dei servizi pubblici e le aziende medio-grosse dovrebbero pensare a risparmiare sui costi relativi all’energia, sfruttando figure professionali adatte, oppure affidandosi ad aziende che lucrino sul risparmio energetico.
Si può fare: se io ti faccio risparmiare 10’000 euro l’anno, e ti chiedo di pagare il mio servizio 5’000 euro, allora ci guadagnamo entrambi, oltre all’ambiente.
Siccome questo tipo di soluzioni richiede un investimento iniziale che si ammortizza in un certo periodo, e poi mostra i suoi frutti, alle spalle di aziende sul risparmio energetico potrebbero investire istituti bancari o fondi etici.

In questo modo di creano nuovi posti di lavoro e figure professionali, e si incentiverebbe un tipo di sviluppo ecologicamente sostenibile.

E’ nata la prima tv cattolica online

Un articolo de
La Stampa Web annuncia la nascita della prima televisione cattolica italiana su web,
Inizio Trasmissioni PapaBoys
Mentre il ministro Gasparri prova a farci credere che il digitale terrestre sia l’innovazione, qualcuno che ci crede sta ricevendo il giusto consenso, soprattutto se consideriamo l’innovatività e la mancanza di abitudine nel cittadino, che mal si adatta a pensare al web come uno strumento di informazione a 360 gradi.
Eppure tutto quello che può passare al digitale può essere trasmesso anche su internet, a patto di avere una connessione adeguata.

Forse gli sforzi dovrebbero puntare di più in questo senso: cercare di spostare la connessione dei cittadini da 56k canonici ad almeno una ADSL.

Ma non c’è nessun guadagno sul fatto che il cittadino possa scegliere cosa guardare.
Meglio dargli l’illusione di una decina di canali in più, che dia il contentino a chi freme per l’innovazione.

Forza, allora, ai Papaboys, che sono tra i primi a credere che questo sia possibile.

Sperando che questa buona notizia sia seguita da altre sperimentazioni.

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