Politica

Brevettati con un click

Segnalo l’articolo uscito sul Quotidiano LaRinascita del 4 Luglio. Prende in considerazione il problema dei brevetti sul software in maniera brillante ed esaustiva: complimenti.

brevettati con un click

Il prossimo settembre il Parlamento europeo voterà una “Proposta di Direttiva concernente la brevettabilità delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici”. La direttiva introduce la brevettabilità del software e degli algoritmi, ad oggi espressamente vietata dalla Convenzione europea sui Brevetti. Si tratta di una legge profondamente iniqua, che favorisce esclusivamente le società multinazionali e i grandi studi legali, e contraria agli interessi pubblici e agli interessi delle piccole imprese che si troverebbero espropriate dei mezzi di produzione. Eppure questa proposta, nonostante la strenua opposizione del Gue (al quale appartiene il Pdci) e dei Verdi, le fortissime critiche interne e esterne (http://swpat.ffii.org), le petizioni (http://petition.eurolinux.org/), la contrarietà delle piccole e medie imprese (Pmi) del settore (oltre il 90% sono contrarie), verrà probabilmente approvata con lo sciagurato sostegno di gran parte dei parlamentari dei due maggiori gruppi politici (Ppe e Pse).
Deriva del concetto di brevetto
l brevetto originariamente nacque come strumento giuridico atto a stimolare l’innovazione, premiando la scoperta di soluzioni originali a problemi tecnici. Il brevetto garantisce i diritti esclusivi (ossia il monopolio) per un tempo limitato, necessario a recuperare gli investimenti fatti. In cambio l’inventore deve rendere pubblici i dettagli dell’invenzione che al termine di tale periodo diventa liberamente sfruttabile.
Questa formulazione, in teoria, bilanciava l’interesse del singolo (il diritto del povero inventore di mettere a frutto i suoi sforzi) con l’interesse pubblico (l’utilizzo dell’invenzione per migliorare le condizioni collettive).
Gradualmente il ciclo economico dell’innovazione si è accorciato (nel software è di 3 anni) mentre la durata del brevetto è stata irragionevolmente estesa a 20 anni (con gli accordi Trips). Un’idea per diventare brevettabile dovrebbe essere attuata in un’invenzione che arrechi un contributo tecnico e che presenti caratteri di originalità e novità; ma gli uffici brevetti gradualmente hanno cominciato ad accettare brevetti su idee, algoritmi e perfino su modelli di business, quando abilmente formulati. Nonostante il brevetto software non sia consentito per legge, negli Stati Uniti si è diffusa la pratica di concedere licenze su soluzione a problemi attuate tramite software. Inoltre spesso vengono registrati brevetti senza verificarne le caratteristiche di novità.
Caratteristiche particolari del software
Il software è un’opera di ingegno particolare (quindi come tale già protetta dal diritto d’autore): è un’opera di ingegno fortemente collettiva. Il software è un sistema complesso, prodotto riutilizzando idee, metodologie, standard e componenti sviluppati e spesso originati dal lavoro collettivo degli anni precedenti.
Proprio grazie alla libera disponibilità e condivisione dei mezzi di produzione (componenti e conoscenze), al lavoro collettivo, abbiamo potuto assistere allo straordinario sviluppo software di questi anni. Se il brevetto sul software fosse esistito dieci anni fa, oggi non avremmo Internet così ricca di servizi e così ampiamente diffusa, né avremmo il Web.
Fino ad oggi il settore dello sviluppo software è stato particolarmente democratico: l’inesistenza di vere bar
riere per l’ingresso di nuovi attori nel settore ha permesso la creazione di innumerevoli piccole e medie
società (Pmi) in ogni parte del mondo. Sono emersi modelli alternativi di business e di produzione: basti
pensare al movimento open source e al fenomeno Linux.
Un componente software è paragonabile ad un accordo musicale. Un brano musicale è apprezzato perché è composto da accordi, che rispecchiano la sensibilità del fruitore, sensibilità che si evolve nel tempo grazie all’ascolto. Se fosse possibile brevettare gli accordi (quali il giro di do), e se alcune multinazionali si spartissero gran parte degli accordi, diventerebbe impossibile per chiunque altro comporre musica.
Infatti un autore indipendente dovrebbe evitare accuratamente di utilizzare gli accordi già brevettati. Anche se riuscisse comunque a creare una composizione, difficilmente incontrerebbe il gusto del pubblico abituato a suoni ed accordi classici.
Rischierebbe comunque di essere citato per avere usato inavvertitamente un accordo già brevettato.
Le multinazionali del software
Lo scenario che si sta verificandonel software è ancora più agghiacciante. Il 60% dei brevetti software è nelle mani di pochissime multinazionali. Per le Pmi il brevetto è inutilizzabile: non hanno competenze, struttura legale, mezzi economici per depositare brevetti, processo lungo e costoso. In ogni caso non avrebbero i mezzi per sostenere un costosissimo e interminabile processo contro una multinazionale che violasse un loro brevetto.
Le multinazionali utilizzano il brevetto come arma di deterrenza, acquisendo un sostanzioso portafoglio
di brevetti per poter barattare i diritti con altre multinazionali, creando così una corsa e un aumento
esponenziale dei brevetti. Con l’ulteriore aumento dei componenti software brevettati sarà estremamente difficile, produrre software senza violare alcun brevetto.
Il brevetto è invece uno strumento di “aggressione preventiva” verso le Pmi, al fine di evitare che possano
erodere la loro egemonia. Quando una Pmi sviluppa un software appetibile, l’ufficio legale della multinazionale interessata la cita pretestuosamente in giudizio per violazione di numerosi brevetti. La Pmi non può sostenere anni di battaglie le gali per difendersi da false accuse ed è costretta a raggiungere un accordo, svendendo il prodotto alla multinazionale.
A meno di una improbabile presa di coscienza dell’ultima ora, questa legge, vero strumento per espropriare alle Pmi del settore strategico del software i mezzi di produzione a favore di poche multinazionali, verrà approvata nell’indifferenza e incoscienza generale. di Perla Coscienza
‘esclusiva alle multinazionali

(di Perla Coscienza, da laRinascita Venerdi 4 Luglio 2003)

L’Europa non ceda agli USA sugli OGM

Palermo, 6 luglio 2003 – Greenpeace ha consegnato oggi al Commissario al Commercio dellŽUe Pascal Lamy e al sottosegretario al Commercio Adolfo Urso 25 sacchetti di soia geneticamente manipolata, un prodotto della multinazionale americana Monsanto, chiedendo a Lamy di restituirli alla sua controparte statunitense Robert Zoellick. Il Commissario Lamy è attualmente a Palermo per incontrare i ministri del Commercio dellŽUe nel loro ultimo appuntamento ufficiale prima del vertice del Wto di Cancun di settembre.

Gli Usa potrebbero estendere il loro ricorso formale al Wto, presentato sulla moratoria europea sugli Ogm, alle nuove norme dellŽUe sullŽetichettatura e la tracciabilità, approvate mercoledì scorso. “Questi 25 sacchetti simboleggiano i membri dellŽUnione, una volta completato lŽallargamento, e lŽenorme volume di Ogm che continua ad essere importato in Europa per i mangimi. Gli Usa non possono imporre gli Ogm al resto del mondo: i ministri europei del Commercio devono riconoscere che proteggere lŽambiente e le persone dagli Ogm è una questione di biosicurezza e non commerciale” afferma Federica Ferrario, campagna Ogm di Greenpeace.

Greenpeace sottolinea come lŽindustria biotech e chi la sostiene nellŽamministrazione Usa siano minacciati dalle nuove norme europee che non solo mettono in grado il mercato di identificare ed escludere gli Ogm, ma servono come modello per gli altri Paesi che devono ancora regolamentare la materia. “A Cancun i ministri europei del Commercio devono far capire agli Usa che il Wto non dovrebbe avere nulla a che fare con gli Ogm. Bisogna, invece, rafforzare il Protocollo delle Nazioni Unite sulla biosicurezza, che entrerà in vigore proprio durante il vertice messicano” ha detto Sebastien Risso, di Greenpeace. LŽEuropa ha importato lo scorso anno 18,1 milioni di tonnellate di soia da Stati Uniti (dove lŽ80% è Ogm) e Argentina (dove la percentuale di transgenico è del 95%), principalmente per i mangimi. I consumatori mangiano la carne ed il pesce dŽallevamento senza sapere che la dieta di questi animali prevede un 20-30% di soia Ogm. Le nuove norme europee sullŽetichettatura non prevedono ancora lŽetichetta Ogm per la carne degli animali allevati con mangimi geneticamente modificati.

Greenpeace chiede ai ministri europei del Commercio di pretendere sia la separazione delle sementi Ogm e di quelle convenzionali nei paesi esportatori come Usa e Argentina, che lŽadozione delle norme sulla concorrenza, visto che lŽaccordo tra la Monsanto, maggior azienda biotech al mondo, e la Cargill, secondo distributore al mondo di sementi, renderà ancora più difficile evitare la contaminazione delle sementi.

La Guerra degli USA alla Biosicurezza

Guida al consumo critico, edizione 2003

La nostra responsabilità di abitanti e custodi del pianeta non si esaurisce infilando una o più schede nell’urna. In realtà noi votiamo ogni giorno, continuamente.

Ogni volta che mangiamo, ci vestiamo, facciamo la spesa; compriamo un giornale o un libro; andiamo al cinema o rimaniamo in casa a vedere la Tv.

Ognuna delle migliaia di scelte che compiamo quotidianamente ci carica di una precisa responsabilità; esprime il nostro consenso o meno nei confronti di un sistema economico e quindi politico. Con le nostre piccole scelte quotidiane possiamo dire si al riscaldamento del pianeta o no al taglio delle foreste pluviali; si all’inquinamento dell’aria o no alla globalizzazione.
Insomma votiamo continuamente, e di questo è bene esserne consapevoli.

Questa guida si propone di aiutare il consumatore nella scelta dei prodotti, aggiungendo ai parametri di questa scelta che compiamo ogni giorno la consapevolezza che ogni azienda adotta e favorisce politiche economiche di grande impatto nel nostro sistema, sia sull’ecologia che sugli equilibri politici degli stati mondiali.
Quando facciamo il pieno alla Esso, sappiamo di aver contribuito alla scelta di fare guerra all’Iraq.

Non basta una bandiera a far capire le noste opinioni alle grandi multinazionali, dobbiamo cercare di colpirle proprio nell’economia di queste grosse aziende.

Se il business muove politica ed ecologia (Il protocollo di Kyoto insegna), allora la politica e l’ecologia devono influenzare anche il business, per non arrivare ad un vicolo cieco.

Guida al consumo critico

Comipolitica

Qualche giorno fa Martin Schulz, con un intervento al consiglio europeo, metteva in dubbio l’intelligenza di un popolo che ha eletto democraticamente Berlusconi come suo massimo rappresentante politico. Ed il nostro amatissimissimo presidente, che di certo non poteva tollerare una simile offesa al nostro popolo (lui sapeva bene che l’elezione era stata pilotata da una massiccia movimentazione di informazione, gli italiani non sarebbero così stupidi da eleggerlo gratis), aveva dato a Schulz del kapò nazista.
Non ho commentato questa notizia, i giorni scorsi, perché è facile prendersela con il nostro presidente: lui non voleva farlo, il politico, ma sotto le minacce della prigione, è duvuto “scendere in campo”. L’ha fatto perché non poteva tollerare l’esilio, ma non lo comprendiamo.
La vicenda Silvio -vs- Schulz, come potevamo immaginarci, avrà degli strascichi: la politica è fatta di diplomazia, non di battutine da pelle d’oca.

Come se non fosse bastata la dichiarazione di Silvio, oggi il sottosegretario Stefani ha scritto una lettera nel quotidiano “La padania”, dove appella i turisti tedeschi come “biondi stereotipati ubriachi di tronfie certezze”, che “invadono rumorosamente le nostre spiagge”, ai quali si dovrebbe far superare un “doveroso ma, a questo punto necesario e indispensabile… test d’intelligenza”.

Le regioni Emilia Romagna e Toscana, che del turismo tedesco non si sono mai lamentate, perché vi basano gran parte dell’economia dei servizi, hanno scritto una lettera in Tedesco a tutti i quotidiani della Germania, dichiarandosi indignati per le dichiarazioni del sottosegretario Stefani, che “si permette di insultare un intero popolo giusto per difendere, a suo modo, le sciagurate dichiarazioni del Presidente del Consiglio Berlusconi al Parlamento europeo”.
La dichiarazione, che trovate in versione integrale qui, continua:
“La lettera di Stefani è un cumulo di offese che fanno male non solo a chi le ha ricevute, ma anche a ciascuno di noi perché chi parla rappresenta, in questo momento, il turismo italiano.”

Io credo che nessuno comprenda la vera arte dei nostri comipolitici. Un’ironia di altissimo livello, che solo apparentemente può apparire grezza ed inopportuna.
D’altra parte, probabilmente chi si lamenta di Stefani non ha mai dato un’occhiata al sito del quotidiano sul quale è apparsa la notizia:
http://www.lapadania.it/
Dal quale apprendiamo alcune graziose perle di saggezza:
“Privare un popolo del proprio nome significa distruggerne l’identita’ e annullarne l’esistenza.”
e ancora:
“La storia sia antica che moderna insegna che i conquistatori tendono a sopprimere sia i nomi che l’identita’ culturale dei popoli assoggettati.”

Noi siamo i più grandi artisti comici del mondo, ma dobbiamo sempre lamentarci di quello che non abbiamo. I politici dei vicini sono sempre meno verdi.
Viva la comi-politica.

Liberalismo vs Libertà

Apprendo da www.ziobudda.net che la Initiative for Software Choice (ISC), istituzione americana finanziata da MS, ha condannato le iniziative australiane a favore dell’OSS come discriminanti verso i software americani.
In questo momento, secondo la fonte, la ISC si sta muovendo per richiedere che vengano attivati dazi contro i paesi che stanno promuovendo il software libero.
Continuo a stupirmi, ma forse sono ancora troppo ingenuo, del fatto che si continui a parlare di liberalismo per nominare un sistema che schiavizza proprio la libertà di commercio.

Un’iniziativa come questa, infatti, non sarebbe l’unico ed il primo intervento amministrativo con lo scopo nemmeno tanto nascosto di cercare di limitare la concorrenza estera.
Con questo sistema, solo le grandi multinazionali riescono a muovere le politiche protezionistiche, a discapito della concorrenza mondiale, del libero mercato globale ed anche delle piccole aziende indipendenti.

Si parla dei vantaggi della globalizzazione solo per creare un’immagine che stimoli lo scambio di titoli azionari intercontinentali. La creazione di un mercato veramente globale, dove non esistano limiti di distanza e vincoli alla libertà di commercio, è qualcosa di ipotizzabile solo nelle riviste fantascientifiche.

Il software libero è proprietà della popolazione mondiale intera. Finalmente un prodotto di un’iniziativa comune e comunitaria, capace di unire con uno stesso scopo popolazioni culturalmente molto differenti.

Purtroppo, però, non è abbastanza americano.
Per questo, probabilmente, diverrà illegale o sanzionato per legge (magari tassato al pari degli alcoolici).

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