Politica

Uno vale Uno.

Due righe in merito all’espulsione di Tavolazzi dal Movimento 5 Stelle da parte di Grillo, a causa della sua partecipazione ad un evento dove ci si chiedeva come organizzare la democrazia interna del movimento.

Qualunque organizzazione democratica deve permettere la discussione dei propri iscritti ed aderenti. Non si può, sulla base di un non-statuto, vietarlo. Tra l’altro le associazioni, prima ancora dei partiti, devono dotarsi di strumenti che definiscono con assoluta chiarezza le regole per l’iscrizione e l’espulsione. E sicuramente il dialogo non può essere un motivo di incompatibilità con i fini associativi.

Sto quindi con quella parte del movimento che sta protestando contro queste azioni unilaterali di Grillo. Se è vero che uno vale uno, a decidere se questo è giusto o meno dovrebbero essere almeno gli attivisti. Se, come dicono, fosse sempre la rete intera a dover decidere, allora potrebbero fare un sondaggio sull’espulsione.

Invece in un Post Scriptum Grillo espelle anche i grillini di Cento.

A questo punto probabilmente una grossa fetta del movimento dovrà prendere le distanze dal capo impazzito ed andare per la propria strada, proseguendo il proprio impegno con una ragionevole certezza di non essere alle dipendenze di nessuno.
Oppure, non vedo altre alternative, dovranno dotarsi finalmente di uno statuto comune con regole che limitino il potete del capo e diano la possibilità di scelta agli attivisti/iscritti/simpatizzanti.

Disinteresse

Assolutamente d’accordo.

Ebbene, a mio parere fregarsene di quello che succede nel posto in cui si vive rifiutandosi di assumere una posizione sulle problematiche che lo animano sarà pure un atteggiamento legittimo, ma non rappresenta il massimo della responsabilità: e sono convinto che la classe politica del nostro paese si sia trasformata nella “casta” di cui tanto si parla in questi anni proprio grazie a quel disinteresse, che le ha consentito di agire indisturbata e consolidare le proprie rendite di posizione ai danni della collettività.

via METILPARABEN: Gli sdegnati che forse sono solo pigri.

I politici che ci giudicano

Dice Bene Gilioli.

Sono sinceramente sbalordito dalle parole dei nostri nuovi ministri, che dicono come dobbiamo comportarci, quali devono essere le nostre speranze, quale dev’essere il nostro futuro. Dall’alto della loro età media di 63 anni.

Tra i miei colleghi di università, in tanti hanno cambiato paese per trovare una professione corrispondente al loro percorso di studi: chi negli USA, chi in Svizzera, chi in Lussemburgo, chi in giro per l’Asia. Per non parlare dei più romantici, che cercano di resistere facendo comunque il Giro d’Italia. Gli altri hanno cambiato mestiere.

Quindi smettano di prenderci in giro, con il discorso del lavoro vicino a mamma. E’ chiaro che vorremmo lavorare vicino ai nostri familiari, ai nostri affetti, alle nostre amicizie. E’ una cosa normale, chiaro? La vita è più importante del lavoro, del quale quest’ultimo è parte integrante, non il contrario!

Siamo nell’era della telematizzazione, della globalizzazione, del tutto il Mondo è connesso, ma abbiamo meno possibilità di lavorare dove vorremmo rispetto ai nostri nonni, che hanno fatto spesso enormi sacrifici, con la speranza e la certezza di poter tornare, un giorno, a raccogliere il cuore dove l’avevano lasciato.

Smettano di giudicare i nostri sogni e comincino a pensare a come realizzarli.

Se proprio sono in vena di giudizi e riforme, possono partire col giudicare e sistemare per primo il loro Mondo, fatto di plusvalenze da 18 milioni di euro in un giorno o di tanti mucchietti di bonifici da 149’000€, o dei loro stessi figli, ai quali evidentemente l’insegnamento della mobilità non è stato impartito correttamente.

Sulla monotonia di Monti

In una vita incentrata completamente sul lavoro finalizzato al consumo, le parole di Monti sulla monotonia del posto fisso non mi stupiscono.

Facile dirlo per chi fa parte della minoranza di persone che possono permettersi anni senza una occupazione grazie a entrate precedenti (fisse) da capogiro.

Quelle persone lì, che non rischiano di dormire sotto un tetto, che non devono pensare a strategie economiche per pagare le bollette, che non sono preoccupate per il destino dei figli, vedono il lavoro come un divertimento, non una necessità.

Anche perché, se così non fosse, si ritirerebbero e vivrebbero nella tranquillità dei loro rendimenti.

Purtroppo, come dicevo, questa fetta è una assoluta minoranza, che non rappresenta affatto la popolazione.
L’Italia è fatta di persone che fanno fatica. Fatica vera. Persone che hanno paura di saltare uno stipendio perché tutta la loro vita, con mutui, rate e tanto altro, dipende da una architettura fatta di fragili fondamenta.

Fondamenta che non reggono al cliente che non paga una grossa fornitura, o alla banca che decide che uno stipendio fisso da solo non basta a garantire un finanziamento necessario alla casa o ad un investimento di innovazione.

Quindi Monti, con la sua monotonia, se ne torni a casa. Lasci spazio a chi sa cosa significa fare fatica e poggiarsi, quelle volte che può, su quel poco di sicurezza rimasto.

Di emozioni forti ce ne sono in abbondanza, sia dentro sia fuori l’orario di lavoro, senza che questo Governo metta altri contributi alla trama.

Portavoce, non Leader

In merito alla sciocchezza scritta da Grillo sul suo blog sullo ius soli è già stato scritto molto. Mi limito a dire che la questione è importante (al contrario di quello che dice lui) e non andrebbe liquidata in quel modo. Su ogni argomento si potrebbe rispondere che c’è qualcosa di più importante di cui parlare.

Alla lunga ragionando in questo modo non si fa mai nulla: pensandola così alla fine non si prende in mano nessun problema, perché “c’erano argomenti più importanti all’ordine del giorno”.

Comunque, mi ha stupito una parte della risposta di Raffaella Pirini, consigliera comunale 5 stelle di Forlì. Oltre a dirsi d’accordo con lui sul tema, e questo è legittimo anche se non sono dello stesso parere, dice: “Grillo è il portavoce del movimento, non il leader.”.

La parola leader deriva da “lead”, guidare. Portavoce di un partito/movimento invece è chi parla in nome e per conto dello stesso. Il portavoce è un ruolo molto più forte, politicamente parlando: esprime in pubblico le idee del gruppo. Il leader invece è una persona che guida.

Sempre molto importante, ma la differenza è che si può non concordare una idea del proprio leader, e farsi comunque guidare perché tutto il resto si è d’accordo, mentre l’idea che esprime il portavoce è a nome del gruppo, e quindi andrebbe (in una democrazia) concordata con lo stesso prima di essere proferita.

Tanto più che il sito beppegrillo.it, dove queste parole del portavoce sono state scritte, è secondo il “non statuto” la sede del movimento, e le proposte che qui vengono presentate, sempre da statuto, sono l’oggetto e la finalità delle liste che vengono presentate alle elezioni.

E comunque ognuno è libero di pensare quel che vuole, ed io continuo a pensare che portavoce e leader debbano essere votati e controllati, in un movimento/partito.

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