Blog

Attenzione: Google Censura la Polizia!

Secondo lo stesso criterio utilizzato da Grillo e dai suoi sostenitori per dire che Google censura il blog di Beppe Grillo, voglio segnalare che google suggest censura la parola “polizia” dalle ricerche suggerite, quando si scrive “po”.
I primi risultati sono, nell’ordine:
poste, portaportese, postepay, polizia di stato, poesie, e via dicendo.

Eppure la ricerca “Polizia” è più ricercata di portaportese e postepay, e di “Polizia di Stato”, secondo google trends!

C’è un complotto! Una censura sottile! O forse un favoreggiamento all’illegalità diffusa!

Google non ha paura di Beppe Grillo, semmai lo staff di Grillo non conosce il W3C

Errori trovati dal validatore W3C nella Home Page del blog di GrilloLeggo con curioso interesse che Grillo teme di essere censurato da Google. In realtà sono sicuro che Google abbia priorità diverse dalla rimozione di Grillo dalle sue ricerche semplificate. E’ molto più probabile che il javascript che utilizza il blog di Grillo per selezionare la lingua (non standard) dica allo spider di google di prendere la pagina in inglese al posto di quella italiana, e per questo motivo la ricerca delle pagine in italiano non mostri il suo sito.
alexa_beppe_grilloDel resto basta dare un’occhiata al validatore del W3C per capire che prima di pensare a strani complotti e scriverne sul sito sarebbe meglio risolvere qualcuno dei 996 errori che invalidano lo standard HTML utilizzato per le sue pagine.
Visto che ci siamo, diciamo anche che gridare sempre al complotto non fa nemmeno bene ai suoi visitatori più fedeli, in vistoso calo secondo le statistiche di Alexa.

Aggiornamento: quei complottisti di Google censurano pure la Polizia!

Ne parlano anche: Downloadblog, Ubuntista, Paul The Wine Guy, Matteo Moro, Nereo Sciutto, e tanti altri.

I conti dei pirati informatici della Carlucci

l’Onorevole Carlucci cerca di fare i conti sul suo blog di quanto spende un “pirata” per scaricare materiale illegale in rete. Purtroppo e direi come era prevedibile i suoi calcoli sono sbagliati. Tanto per fare un esempio, i 300Watt che indica come consumo medio di un pc non sono in realtà il consumo medio ma la potenza massima dell’alimentatore. Questo significa che il reale consumo medio è molto inferiore. Poi afferma che la durata dei computer è di 2 anni e fa il conto in tasca al pirata come se questo lo utilizzasse solo per scaricare.

Prendiamolo come un invito a spegnere i computer quando non si utilizzano o ad attivare tutti i sistemi di risparmio energetico, perché come iniziativa contro la pirateria è assolutamente inutile e controproducente.

Al suo posto avrei scritto che basterebbe un sistema più comodo e meno costoso per scaricare audiovideo in maniera legale per scoraggiare la pirateria.
Se un film visto in rete (o in TV attraverso un apposito lettore) costasse un euro e non 5, se un album costasse 4-5 euro e non 20-30, più persone pagherebbero il dovuto e gli autori ci guadagnerebbero. Se i suoi calcoli fossero corretti, basterebbe proporre abbonamenti annuali alla SIAE tutto compreso (musica, film, serie tv) a 300€ per far tutti felici e contenti. E’ vero che ci sono maniaci del download, ma il tempo che hanno a disposizione per fruire di questi materiali è comunque limitato, quindi non si capisce perché mantenere cinema e musica scaricata fuori dalla cerchia della legalità.

Ne parlano anche Mantellini e Simone Brunozzi

PS: quando cito posizioni che non condivido metto sempre il nofollow, per evitare di far guadagnare pagerank a chi la spara più grossa.

Di chi sono i miei dati?

Il tema che ho pensato di portare al nanosocial #2, sul quale certamente scriverò ancora almeno per parlare delle mie impressioni, è il problema della disponibilità dei nostri dati inseriti sulle applicazioni web.
Penso che il futuro vedrà spostare tutti o quasi i nostri programmi sul web, che potranno essere utilizzati da qualsiasi dispositivo mediamente “intelligente”.
Scompariranno, almeno parzialmente, i file sul nostro computer.
Questo in parte per qualcuno è già vero, basta pensare alle foto caricate su flickr e magari salvate malamente ed in maniera disorganizzata su supporti deperibili (anche gli Hard Disk lo sono).

Tutti questi servizi web, però, non offrono la garanzia nelle proprie clausole di utilizzo della futura disponibilità dei nostri dati, e quando forniscono delle funzionalità per scaricarli non sono comode e non sono complete (tornando all’esempio di Flickr, si possono prelevare le foto ma non le note ed i commenti, o le discussioni, o gli elenchi di amici).

Con Facebook si arriva al paradosso di non poter scaricare la propria rubrica di indirizzi e mantenerla per più di 24 ore: si violerebbero i termini del contratto.

Twitter si riserva il diritto di modificare o terminare il servizio per qualsiasi ragione, senza nessuna notifica ed in qualsiasi momento.

Tra le possibili soluzioni sicuramente non è molto percorribile il mantenimento dei propri dati a casa propria (non si potrebbero utilizzare tutti i vantaggi della loro disponibilità online & everywhere).

Una proposta potrebbe essere quella di sottoscrivere un contratto/patto con il fornitore del servizio che permetta ALMENO queste possibilità:
– le modifiche ai termini del contratto devono essere notificate per tempo
– possibilità di stabilire nel dettaglio quale licenza d’uso dei propri dati utilizzare
– possibilità di scaricare in qualsiasi momento tutti i dati frutto della propria attività sul servizio. Non solo quindi le foto o le note, ma anche i contatti, le note, e via dicendo.

Serve un metodo che dia la possibilità a chi fornisce il servizio di garantirsi uno spazio commerciale grazie al valore aggiunto che crea, non grazie all’impossibilità di scegliere alternative.

Troppo spesso dimentichiamo che chi fornisce il servizio è un privato, quindi è in casa sua che andiamo ad inserire contenuti. Questo giustamente può fare quello che vuole: chiuderci la porta, chiudere il servizio, cambiare costi e modalità di fruizione.

Oggi sarebbe impensabile avere una casella postale o una cassetta in banca e vedersela chiudere senza poterne ritirare i contenuti. Nella stragrande maggioranza dei servizi web questo invece potrebbe accadere senza tutela dal punto di vista legale.

E’ una cosa che può starci bene per un insieme di informazioni che riteniamo senza importanza, ma certamente non dovrebbe essere trattata con la leggerezza attuale di chi (compreso il sottoscritto) accetta termini di servizio senza prestare nessuna attenzione, perché tanto “lo usano o lo fanno tutti”.

Nel limite del possibile penso che sia più “sicuro” inserire quello che ci sta più a cuore in un nostro dominio, e legarlo ai social network attraverso ponti che mettano in correlazione i contenuti. Ad esempio pubblicando automaticamente su flickr le foto già inserite su una gallery privata, o pubblicando su twitter le note alimentate da un miniblog.

L’avvocato Antonino Attanasio ha proposto una diversa composizione societaria per le aziende che offrono servizi di questo tipo in modo che anche quella sia “sociale” come il servizio che pretende di offrire. Penso che abbia centrato il problema e spero che ne approfondisca l’analisi per poterla linkare: sicuramente una fondazione o una cooperativa permetterebbero una maggiore sicurezza sulla democraticità del futuro del business legato al servizio.

Penso inoltre che i piccoli mono-poli dei servizi web odierni possano ri-trasformarsi di nuovo in una rete di poli che dialogano tra loro, nella quale non importa quale galleria di immagini utilizzi, avrai comunque la possibilità di interagire con gli altri.

In fondo la rete è nata per resistere al crollo di una sua parte, e penso che nessuno auspichi un futuro nel quale 2-3 grandi aziende (se non una sola) possiedano tutto ciò che è direttamente o indirettamente remunerativo, in assoluta anti-concorrenza ed in una gabbia che limita le libertà dell’utente anche sull’utilizzo del frutto del proprio tempo.

Ci siamo liberati di Microsoft perché la parte della nostra vita che aveva in mano era comunque piuttosto limitata. Potremo liberarci di chi può fare qualsiasi cosa dei nostri ricordi, dei nostri contatti, dei nostri documenti o conti bancari, delle basi del commercio online?

Torna su