Year: 2003

Clima: Matteoli, Accordo di Kyoto non basta, fare di più

E fin qui siamo tutti d’accordo. Certo che se almeno venisse ratificato questo protocollo da parte degli Stati Uniti, che impone solamente una riduzione del 6% delle emissioni e che quindi è inadeguato ed insufficiente (ma è sempre un primo passo), allora potrebbe partire almeno questo progetto.
Ricordo che il protocollo di Kyoto per andare in porto dev’essere ratificato da un insieme di paesi che coprano almeno il 55% delle emissioni attuali, e che Stati Uniti e Russia non hanno ancora accettato (se uno qualsiasi dei due firmasse, il progetto potrebbe partire).
Quindi la notizia del progetto portato avanti dal nostro ministro dell’ambiente mi può stare anche bene, ma prima di pensare a nuovi finanziamenti si potrebbe cercare un accordo per portare a termine quelli precedenti.
Oltre a questo problema, bisognerà vedere su quali ambiti andranno a finire i finanziamenti di 30 milioni di euro previsti per questo progetto a due mani, e mi piacerebbe sapere perché Italia e Stati Uniti prendano strade diverse da quelle degli accordi internazionali già stabiliti ed in itinere per portare avanti le soluzioni ambientali.

Ecco la notizia Ansa:

(ANSA) – SACRAMENTO (CALIFORNIA) – Il protocollo di Kyoto non basta piu’. Per proteggere il clima ”diventa indispensabile definire una strategia e attuare misure con orizzonti ed effetti molto piu’ significativi di quelli definiti dal Protocollo” A lanciare una nuova sfida anti-emissioni nocive e’ il ministro dell’ambiente Altero Matteoli giunto a Sacramento in California per firmare un accordo di partnership con il governo statunitense in funzione della ricerca e dell’attuazione di nuove tecnologie per affrontare i cambiamenti climatici. Un accordo che si inserisce nell’ambito della due giorni di workshop che mettera’ a confronto le aziende statunitesni e italiane e che si e’ aperto oggi nella citta’ californiana. Se venisse confermato il trend attuale, entro il 2030 la domanda di energia aumentera’ piu’ del 50% e le relative emissioni di Co2 cresceranno piu’ del 60% rispetto ai livelli attuali a causa dell’incremento degli usi energetici dei combustibili fossili soprattutto nelle economie emergenti di Cina, India e altri Paesi in via di sviluppo con rischi per gli equilibri climatici. Proprio ”per garantire la stabilizzazione della concentrazione di Co2 a livelli di sicurezza entro la fine del secolo – ha detto Matteoli – gli scenari internazionali prevedono che sara’ necessario avviare, in un periodo compreso tra il 2020 e il 2050, una riduzione globale delle emissioni pari ad almeno il 50-60 per cento rispetto ai livelli del ’90”. Una percentuale che supera di gran lunga l’attuale 5,2% previsto dal protocollo di Kyoto solo per i Paesi maggiormente sviluppati. Ecco perche’, secondo il ministro, ”a cominciare dal 2020 la risposta alla domanda di energia dovra’ essere basata anche su un impiego sempre piu’ diffuso delle fonti rinnovabili, delle tecnologie collegate all’utilizzo dell’idrogeno e delle celle a combustibile, delle tecnologie ‘pulite’ e ad alta efficienza per l’impiego dei combustibili fossili e delle tecnologie per la ‘sequestration’ del carbonio”. In particolare, secondo il piano del ministero dell’ambiente, saranno necessari uno sforzo straordinario di ricerca e innovazione nel senso, ha spiegato Matteoli ”di un vero e proprio shock” tecnologico per rendere economicamente conveniente l’utilizzo di nuove fonti energetiche ‘pulite’ e sicure e, contemporaneamente, favorire la diversificazione dell’offerta rispetto ai combustibili fossili”. Accanto a questo, indispensabile un impegno generalizzato di tutti i Paesi, sviluppati e in via di sviluppo, al fine di ridurre le emissioni e giungere a una stabilizzazione della concentrazione di anidride carbonica in atmosfera. Terreno comune di questa sfida e’ la Convenzione quadro sui cambiamenti climatici sottoscritta a Rio ’92 che gli Usa ”non hanno mai rinnegato”, sottolinea il ministro Matteoli. Convenzione e ‘ponte’ della cooperazione tecnologica costituiscono in sostanza la base per costruire ”un nuovo partenariato tra Unione Europea e Usa sui cambiamenti climatici”. In tal senso il programma di cooperazione tecnologica e scientifica Italia-Usa rappresenta il primo mattone di questo nuovo impegno internazionale che non e’ alternativo a Kyoto ma va oltre quel protocollo. ”Questa riunione bilaterale – ha spiegato Matteoli – rappresenta in modo concreto la volonta’ dell’Italia e degli Usa di dare attuazione alla visione comune dei presidenti Bush e Berlusconi contenuta nella dichiarazione del luglio 2001, che impegna i nostri due Paesi a lavorare insieme sia per rafforzare la ricerca sui cambiamenti climatici sia per sviluppare tecnologie a basse emissioni”. A rispondere a queste esigenze diverse aziende italiane sbarcate in California per confrontarsi con i partner statunitensi. Cattura di Co2, celle a combustibile e micro turbine, produzione di idrogeno energie rinnovabili ed efficienza energetica i macro-argomenti sui quali verte il workshop di Sacramento al quale porteranno il loro contributo tra gli altri, Eni, Enel, Fiat, Enea, Politecnico di Milano, Ansaldo, Solvay. Ma per lanciare questa iniziativa globale Governi-imprese, e’ necessario, ha spiegato Corrado Clini, direttore generale del ministero dell’Ambiente e responsabile tecnico dei negoziati con gli Usa, garantire un sistema in grado di dare priorita- ai finanziamenti sulla ricerca tecnologica; di realizzare un quadro di standard internazionali per codificare i vantaggi ambientali ed energetici delle diverse opzioni; riorientare i fondi per il sostegno di questi progetti; introdurre il ‘free-trade’, ovvero il libero commercio delle tecnologie energetiche. Il tutto secondo una prospettiva che abolisca la logica fondata su obblighi e sanzioni, il command and control, e invece abbia come punto di riferimento accordi commerciali comuni”. (ANSA). GU

Il significato di democrazia

In questi giorni, ho spedito moltissimi messaggi riguardanti la proposta di legge sull’introduzione dei brevetti del software in Europa. Non voglio ripetere le ragioni per le quali tutti concordano sul fatto che introduca solo svantaggi per i cittadini europei, quindi se non li sapete potete inserire “brevetti software” nel campo di ricerca in questa pagina, e vi verranno restituiti tutti i messaggi già scritti sul tema.

Quello su cui mi vorrei soffermare, è il significato di democrazia.

Apro il mio vecchio Zingarelli: l’ho acquistato quando facevo ancora le medie, quindi probabilmente ora avranno cambiato anche questa voce, per sistemarsi al passo con i tempi. La parola, per chi non lo sapesse, deriva dalle due parole greche “demos” e “kràtos”, che significano rispettivamente popolo e potere.

Potere in mano al popolo, letteralmente.

Bene, detto questo, mi sento di poter affermare, e sfido chiunque a dimostrare il contrario, che non viviamo in una democrazia.
Se tutto il potere di cui dispone il popolo deriva dal votare ogni 5 anni, personaggi imposti dai mass media, che non scegliamo né abbiamo la possibilità di valutare correttamente, allora questo voto che diamo ogni tanto è solo un contentino, un modo per non farci arrabbiare. Tanto siamo in democrazia, cosa desideriamo di più? Vogliamo il sangue dei nostri politici?

Vedete, prendiamo spunto dal discorso sui brevetti del software, che vanno contro gli interessi del 98% delle aziende italiane del settore, e sui quali il 95% dei cittadini europei intervistati ha dichiarato di essere contrario. Bene, il 5% dei cittadini hanno più potere del 95%, perché sono economicamente più forti e riuniti in grosse aziende che possono permettersi movimenti lobbistici di maggiore importanza.
Loro stanno spingendo i politici a votare a favore.

Però il loro voto vale 5 punti su cento. Quindi il voto conta come il due di picche quando la briscola è di bastoni, direbbe mio nonno.

Anche i partiti che si dichiarano socialisti, come il PSE (Partito Socialista Europeo), e quindi dovrebbero avere maggiore riguardo per le questioni sociali, si schierano assieme a questo 5%.
Riprendo anche qui il mio solito Zingarelli, alla voce “Questione Sociale”: Problema del miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro delle classi lavoratrici, dove per “classi lavoratrici” non si intendono i proprietari di multinazionali, ma tutti i lavoratori.

Ripeto, il 98% delle aziende italiane che fanno informatica dovranno combattere contro gli effetti di questa legge, saranno pesantemente svantaggiati e non potranno più lavorare e sviluppare con la stessa facilità di prima.

Il 98%.

Allora, alla luce di questi dati, quando Michele scrive a tutti i parlamentari europei, per chiedere la loro posizione, e la collaboratrice dell’On. Fiorella Ghilardotti (che non si abbassa a rispondere personalmente ai pochi interessati alla questione, ha cose più importanti da fare), scrive che il PSE sarebbe contrario, ma non ha il potere di votare contro questa legge, e che voterà a favore a patto che siano introdotti degli emendamenti. Basiti, chiediamo perché proprio il PSE, che è il partito della relatrice che sta spingendo per l’approvazione della legge, non riesca a fare in modo che non venga presentata.

Loro propongono la legge, loro sono contro, loro non hanno la forza di contrastare la legge.

Umh, sembra quasi una presa per i fondelli.

Chiediamo quindi di nuovo spiegazioni, e ci vengono dette queste testuali parole:
se scegliessimo la via del no saremmo in minoranza nella plenaria del Parlamento europeo (dove il PPE, con l’UEN e una parte dei Liberali hanno una forte maggioranza), quindi perderemmo.
Il risultato sarebbe che le posizioni della destra passerebbero nella loro versione peggiore e quindi, sia in prima che in seconda lettura, (si tratta di una procedura di co-legisazione PE e Consiglio) ne il PSE, nè i Verdi, nè la GUE, nè i Radicali saranno più in grado di modificare il testo.

Ora, visto che sono testardo e mi piace verificare i dati, ho cercato la composizione del parlamento europeo, scoprendo qualcosa di interessante:
Ecco i parlamentari europei, divisi per partiti:

GUE/NGL 50
VERDI/ALE 45
PSE 175
ELDR 53
PPE-DE 233
UEN 22
EDD 16
NI 32

GUE/NGL: Gruppo Confederale della Sinistra Unitaria Europea /
Sinistra Verde Nordica
VERDI/ALE: Gruppo verde / Alleanza Libera Europea
PSE: Gruppo del Partito del Socalismo Europeo
ELDR: Gruppo del Partito Europeo dei Liberali, Democratici e
Riformatori
PPE-DE: Gruppo del Partito Popolare Europeo – Democratici Europei
UEN: Gruppo Unione per l’Europa delle Nazioni
EDD: Gruppo per l’Europa delle Democrazie e delle Diversita’
NI: Non Iscritti

Ora, visto che sono anche io, nel mio piccolo, un politico, e so come si fanno le votazioni (prima ci si conta, si cercano eventuali consensi, e poi si vota, ma quando si vota si conosce già il risultato), procedo come farei nel caso fossi un parlamentare europeo.
Allora,
PSE+GUE/NGL+VERDI/ALE+NI+EDD=318
PPE-DE+UEN+ELDR=308

Considerando che solo una parte dei liberali (ELDR), si dichiara a favore della legge, ed io l’ho considerata completamente nel secondo gruppo (ma ho il “presentimento” che qualcuno del PSE sia del secondo, così facciamo pari), non mi pare di vedere “una grossa maggioranza” per i partiti del secondo gruppo. A casa mia, 318>308, ma probabilmente è a causa dei libri di matematica delle elementari, quelli nuovi probabilmente fornirebbero una versione diversa.

Ecco, il venire costantemente preso in giro dalle persone che dovrebbero lavorare per me, che prendono i miei soldi oltre ai miei voti, e nonostante questo votano contro i miei soldi, mi fornisce un forte senso di nausea.

Questo sistema di legislazione è sbagliato, lo si vede in questo problema ma è chiaro anche per tantissimi altri, a partire dal fatto che potremmo non usare il petrolio ed avere un cielo ed un’aria pulita, se il sistema funzionasse.

Ci sono altri modi per decidere (sulle leggi, sulle soluzioni ai problemi, etc), come ad esempio prendere a caso dei cittadini, informarli su un problema (fornendo fonti eterogenee di informazione) , e responsabilizzarli della decisione. Ovviamente per informare intendo sempre quella dello Zingarelli, quindi “ragguagliare qualcuno fornendogli notizie, dati e sim.”.

In questo caso avrebbero votato contro i brevetti, come il buon senso, oltre ai tecnici informatici, ai tecnici economisti e giuristi, consiglierebbe.

Incontro del 12 settembre sui brevetti

Quello che segue e’ un sintetico resoconto della conferenza tenutasi il 12 settembre 2003, presso gli uffici del Parlamento Europeo in Roma con titolo: “Brevetti software:
no alla brevettabilita’ delle idee”.

L’evento e’ stato organizzato dal gruppo dei radicali al parlamento europeo, dalla Associazione Software Libero e dal Club dirigenti tecnologie informazione.

L’incontro e’ cominciato alle 9:45 davanti ad una platea di 25 persone circa di cui 4 in rappresentanza del LugRoma (Molino, Selli, Bandaloukas e Vieri).

L’introduzione all’incontro e la presentazione degli oratori e’ stata svolta dal deputato europeo dei radicali Marco Cappato che ha illustrato la posizione del suo partito in merito ai brevetti software nel contesto politico comunitario.

Il primo intervento e’ stato del Prof. Juan Carlos De Martin (Politecnico di Torino) il quale ha sottolineato come i diritti che tutelano la proprieta’ su beni immateriali siano per loro natura dinamici ed in evoluzione dagli inizi del 700 pertanto va trovata un’equa soluzione per la protezione di tali diritti anche alla stregua dei continui avanzamenti dello stato delle conoscenze in campo tecnologico.

Il Prof. De Martin riesce a descrivere molto bene il Software Libero come fenomeno giuridico pienamente compreso nella normativa sul diritto d’autore.
Prosegue il suo intervento fornendo una descrizione storico-giuridico-economica sui brevetti.

Prende poi la parola Maurizio Bufalini (presidente club dirigenti tecnologie e informazione) che descrive i pericoli derivanti dalla brevettabilita’ del software, ed esprime parere decisamente negativo in tal senso.

Il terzo intervento e’ stato di Roberto Galoppini (Acme solutions), che ha fondato il suo intervento sulla scarsa serieta’ di alcuni uffici brevetti che a suo dire non lavorano con coscienza, e sul fatto che se dovesse passare la brevettabilita’ del software, i programmatori saranno costretti ad andare all’ufficio brevetti per verificare se il software creato sia incluso nel registro dei brevetti.

A questo punto Marco Cappato notava in sala la presenza di Giuseppe Gargani (Forza Italia presidente della commissione giuridica del Parlamento Europeo) e lo invitava al tavolo degli oratori.

Il Gargani accettava. Lo stesso esordiva con l’esposizione di alcuni dati sulla imprenditorialita’ italiana alla stregua dei quali concludeva che i brevetti software costituivano un pericolo, chiedendo al tempo stesso, il supporto delle altre forza politiche presenti in sala per presentare emendamenti in sede comunitaria. Gargani si dice comunque consapevole che occorrera’ trovare una situazione di compromesso.

A questo punto prendeva la parola il Prof. Alfonso Gambardella (S. Anna di Pisa) il cui intervento ha voluto sottolineare come negli USA ci sia una forte progressione annua in termini di percentuale sul numero dei brevetti software, indice secondo lui che anche i “piccoli programmatori si stanno adeguando”. Fa un interessante esempio e dice che brevettare software costa relativamente poco rispetto ai tradizionali beni brevettabili, in quanto per il software i costi di ricerca sono modesti. Un intervento il suo, teso a dimostrare con esempi concreti i pericoli derivanti dalla brevettabilita’ del software, e delle conseguenze dannose che la societa’ civile ne subirebbe in termini di sviluppo economico.

A questo punto e’ intervenuto il deputato Paolo Cento dei Verdi il quale ha sottolineato che il suo partito e’ contro i brevetti in todo non solo per il software, citando il recente articolo di Emma Bonino sul Sole 24 ore e gli eventi di Cancun.

L’ultimo intervento e’ stato di Francesco Potorti’ (presidente di AsSoLi), il quale ha fermamente condannato qualsiasi forma di brevettabilita’ del software, e, lamentandosi dell’assenza di contraddittorio essendosi nel frattempo allontanato il Gargani, esponeva egualmente le critiche alle soluzioni di compromesso profilate dallo stesso Gargani.

Per il Linux User Group Roma (Ass. di promozione sociale)

Donato Molino

Martedi’ di rock demenziale

“Io sono un demente (una giornata a perdere)”: in occasione del compleanno degli Skiantos è stata organizzata una giornata storica (!?)
per la musica italiana, che andrà in diretta no stop sulla TV satellitare IRIDE *** martedi’ 16 a partire dalle 19 ***

Ci saranno anche: Elio e le storie tese, più Enzo Iachetti, Rettore, Righeira, Montefiori cocktail (featuring Germano Montefiori), Wind Open, Rusk Und Brusk, The True Human Show, Gang, Gemelli Ruggeri, Paolo Cevoli (alias assessore Cangini), Flavio Oreglio, Malandrino e Veronica, Claudio Lolli, Ugo Conti, Jimmy Villotti, Vito, Prosthathas, Syusy Blady, Skiantos Storici, Giorgio Comaschi. Tenterà di condurre la serata Patrizio Roversi. Parteciperanno poi altri artisti non ancora segnalabili…

UE. Niente eco-informazioni su auto, Italia condannata

Da Econews:

L’Italia non avvisa i compratori di auto sugli effetti che il loro gesto provoca sull’ambiente e la la Corte di giustizia di Lussemburgo emette sentenza di condanna. Il nostro Paese, infatti, rende noto Legambiente, e’ stato dichiarato inadempiente rispetto alla direttiva del Parlamento e del Consiglio europei del 13 dicembre 1999 (1999/94/CE) che prescrive che ”tutti i Governi UE si attrezzino affinche’ ai compratori di auto nuove siano fornite tutte le informazioni che riguardano i danni ambientali delle auto, le emissioni di CO2 e le norme comportamentali per ridurre il consumo di carburante”. Un po’ come per le sigarette, afferma Legambiente, il consumatore dovrebbe essere messo nelle condizioni di sapere quali sono gli effetti del suo atto. ”Non e’ certo un buon viatico – dichiara Roberto Della Seta, portavoce di Legambiente – per chi si appresta a fare da padrone di casa alla decisiva conferenza Onu su Kyoto, in programma a Milano dall’1 al 12 dicembre. Le politiche messe in campo dall’italia sono da sempre nettamente a favore della mobilita’ su gomma. Basti ensare – continua Della Seta – ai fondi destinati agli autotrasportatori o gli incentivi a pioggia per acquistare auto senza alcuna distinzione tra modelli ecologici e non”. ”E pensare che all’inizio del semestre di presidenza Italiana del Consiglio Europea c’era chi parlava addirittura di semestre verde, che avrebbe dovuto culminare con la conferenza ONU di Milano. Purtroppo pero’ – conclude il portavoce di Legambiente – nelle parole e negli atti del Presidente di turno del Consiglio europeo non c’e’ neanche l’ombra di preoccupazioni ambientali”.

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