Year: 2003

Emma Bonino: Brevetti e Software, rischio monopolio

“Il dibattito sulla brevettabilità delle “invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici”, che nei prossimi giorni impegnerà nuovamente i lavori del Parlamento europeo con il “rapporto McCarthy”, pone gravi questioni sul fronte della concorrenza e delle libertà economiche e individuali. Tutti dovremmo concordare su un principio: e cioè che nei sistemi di mercato e libera concorrenza è necessario che sia esclusa ogni forma di monopolio sulle “idee”.
Altro, infatti, è assicurare il “premio” temporaneo costituito dal brevetto a chi offre contributi apprezzabili e veramente originali per la soluzione di un problema tecnico (in questo modo, per un verso, si stimolano la ricerca e l’innovazione e, per altro verso, dell’accrescimento tecnologico e culturale che ne consegue trae profitto la comunità intera, che può completamente disporre delle conoscenze brevettate quando scade il diritto di esclusiva).
Altro, però, è consentire la formazione e il rafforzamento di situazioni di monopolio con la concessione pressoché indiscriminata di brevetti su “invenzioni-simulacro” o, appunto, sulle “idee” (in questo modo, semmai, si limita pericolosamente il progresso scientifico e tecnologico, e si compromette
gravemente l’effettivo esercizio di quel complesso di libertà individuali che non sono “alternative” o “subordinate”, ma “parti” e “caratteristiche” di un sistema integrato di concorrenza).
Su questo principio dovrebbero ancora fondarsi le normative degli ordinamenti europei: escludere che siano brevettabili – cioè monopolizzabili, per quanto temporaneamente – le idee in quanto tali. Questo principio, mentre appare di più agevole comprensione e applicazione nei settori per così dire “tradizionali” dell’impresa produttiva, risulta invece sfuggente quando si tratta di “invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici”, per usare la dicitura della proposta di Direttiva della Commissione in discussione a Strasburgo. Il rischio che si brevetti non già un modo originale per risolvere un problema tecnico (modo che eventualmente implichi anche l’uso di un programma che contribuisca alla realizzazione di un nuovo e originale trovato), bensì, e appunto, “un’idea” ( che dovrebbe essere realizzabile legittimamente in mille modi diversi, da diversi programmatori e con diversi linguaggi di programmazione), è un rischio evidente a tutti, anche se non tutti – anzi – guardano a questa prospettiva con preoccupazione. Senza infingimenti, è necessario riconoscere che esistono molti (e molto forti) interessi a che si giunga a quel tipo di assetto “iperprotezionista”, con elusione del divieto attualmente esistente di brevettabilità del programma per elaboratore “in quanto tale”. Tale assetto tuttavia non favorirebbe il progresso ma il monopolio (ingiustificato), non assisterebbe la concorrenza ma la pregiudicherebbe, non allargherebbe ma limiterebbe ingiustamente la scelta degli utenti. Soprattutto, un tale assetto non premierebbe la diffusione delle
tecnologie – in particolare il “software libero” – né l’accrescimento di qualità dei prodotti (accrescimento di qualità dovuto anche, e forse principalmente, all’attività di sviluppatori indipendenti, vale a dire i soggetti che un regime iperprotezionista escluderebbe dal mercato). Esiste peraltro, in favore della deriva perprotezionista, una giustificazione ambigua, vale a dire che la cosiddetta “brevettabilità del software” è largamente ammessa in alcuni sistemi avanzati, per esempio negli Stati Uniti, con vantaggio esclusivo delle grandi imprese di quei Paesi. Con una dose non piccola di demagogia, si pretenderebbe dunque la realizzazione, in Europa, di una sorta di allineamento protezionista “in favore delle aziende europee”. E’ una giustificazione ambigua in primo luogo perché non abbiamo riprova (anzi) del fatto che la supremazia tecnologica statunitense sia ottenuta “tramite”, anziché “nonostante”, la proliferazione brevettuale (il mercato della crittografia ad esempio è rimasto per anni bloccato da un brevetto, così come la diffusione di banali pratiche commerciali impropriamente equiparate ad invenzioni). E poi perché un allargamento delle possibilità brevettuali in Europa non garantirebbe agli europei di ottenere più brevetti (semmai questo dovesse rappresentare un fine da perseguire): garantirebbe piuttosto alle grandi imprese di ottenere brevetti anche in Europa, ciò che non risolverebbe,
ma aggraverebbe, la situazione di cui ci si lamenta. Intendiamoci. E’ bene che il sistema europeo sia libero dai due pregiudizi micidiali che riguardano il campo della proprietà industriale e i brevetti: il pregiudizio secondo cui la moltiplicazione dei brevetti di per sé rappresenterebbe un segno di vitalità tecnologica (è vero il contrario), e quello opposto secondo cui la brevettazione di per sé costituirebbe un impedimento allo sviluppo di qualsiasi libertà (è falso, nella misura in cui
il brevetto rappresenti, rispetto al sistema di concorrenza, l’eccezione, e non la regola). Si tratta nei due casi di un’impostazione sbagliata e infeconda, come
confido possa emergere dal dibattito che – auspicabilmente – i mezzi di informazione contribuiranno ad alimentare nei prossimi giorni. In argomento, e proprio in vista della decisione di Strasburgo, il collega radicale Marco Cappato organizza alla sede del Parlamento europeo di Roma, per venerdì 12 alle
9.30, un incontro pubblico con operatori di settore, associazioni ed esponenti politici.
Una battaglia di retroguardia per l’esclusione di qualsiasi tutela delle invenzioni attuate anche per mezzo di elaboratori apparirebbe vana, anche perché, purtroppo, il formale divieto di rilasciare brevetti sui programmi “in quanto tali” non ha finora impedito agli uffici brevetti (quello europeo e quelli nazionali, entrambi spinti sia da ragioni di interesse che da superficialità) di concedere ugualmente privative su quelle (pretese) invenzioni. Ma un forte e urgente impegno affinché sia rigorosamente limitata la brevettabilità in questo settore è assolutamente necessario.”

Emma Bonino
Deputata radicale
ebonino@europarl.eu.int

Un nuovo studio scopre diversi problemi dell’EUCD

Un nuovo studio mostra come i cittadini europei potrebbero scoprire che molte delle loro comuni attività sono diventate vietate con la trasformazione in legge della EU Copyright Directive (EUCD). Trasferire canzoni da un CD dotato di protezione dalla copia ad un walkman o ad un computer potrebbe essere illegale, così come guardare un DVD con un computer su cui gira Linux.

“Implementing the EU Copyright Directive”, pubblicato oggi, studia gli sviluppi legali conseguenti ai cambiamenti legislativi effettuati dagli stati membri dell’UE per implementare la direttiva europea.

Si scopre così che in molti stati europei, come Grecia e Germania, è ora illegale utilizzare lavori protetti da copyright come CD, film o libri elettronici in modi vietati dagli editori. Le pene variano da multe di decina di migliaia di euro all’incarcerazione per diversi anni.

Pochi paesi dell’UE forniscono un efficace meccanismo tramite cui i consumatori possano avvalersi dei propri diritti. La maggior parte dei paesi richiede ai consumatori di avanzare le proprie lamentele ad un’agenzia governativa, che potrebbe impiegare diversi mesi per far valere questi diritti. Inoltre, nessuna di queste agenzie ha al suo interno rappresentanti dei consumatori.

Pochi sforzi sono stati fatti per impedire che la legge sul copyright venga utilizzata al fine di alzare i prezzi al consumo di oggetti come gli accessori per le console o le cartucce delle stampanti. Senza una protezione esplicita, i cittadini europei possono aspettarsi di vedere in Europa comportamenti anti-competitivi diffusi al di là dell’Atlantico, dove tali comportamenti sono divenuti comuni a causa di una legge simile (il Digital Millennium Copyright Act).

Anche il settore della ricerca nella sicurezza informatica verrà danneggiato. Attualmente solo gli scienziati tedeschi, danesi e finlandesi potranno studiare l’efficacia dei meccanismi utilizzati per proteggere i lavori tutelati da copyright.

Ian Brown, revisore del rapporto, afferma: «Queste nuove leggi stanno eliminando i diritti dei cittadini europei. Occorre che vengano riscritte per proteggere sia i proprietari di CD, DVD e libri elettronici, sia le aziende che operano nel settore dei media».

Lo studio è consultabile presso: http://www.fipr.org/copyright/guide/

Contatti:

GNU Dedicated Developers
Web: http://www.gnudd.com/
Mail: info@gnudd.com (per informazioni generali)
eucd@gnudd.com (per informazioni sullo studio dell’EUCD)
Phone: Andrea Glorioso +39-348-92.14.379
Alessandro Rubini +39-349-26.89.041

Ian Brown
Director, Foundation for Information Policy Research
Web: http://www.fipr.org/
Mail: ian@fipr.org
Phone: +44 7970 164 526

Son tutte rifatte!

Non vi sarà sfuggita l’abbondanza di immagini di belle donne disponibili in Rete. Quello che vi sarà probabilmente sfuggito è che la maggior parte delle foto delle celebrità che trovate in Rete, nei calendari e nei giornali è totalmente artificiale.

[ZEUS News – www.zeusnews.it – Antibufala, 06-09-2003]
Non è soltanto una questione di silicone e collagene, di fotografi e truccatori bravi, e di luci ben piazzate: il fotoritocco digitale ha raggiunto livelli incredibili di sofisticazione. Si alterano parti del corpo, si tolgono occhiaie, rughe, asimmetrie, si scolpiscono fianchi, con risultati piuttosto scioccanti. Persino le immagini delle scarpe nelle pubblicità subiscono l’effetto del belletto digitale.

Ne ho trovato un esempio davvero eloquente e talmente sorprendente da sembrare una bufala. Invece è autentico: è il campionario online di un fotoritoccatore professionista, che mostra il “prima” (la foto originale) e il “dopo” (la versione ritoccata). Basta scorrere il mouse sopra l’immagine per far comparire il “prima”, con risultati talvolta scioccanti.

Guardatequesto ritratto di donna e la sua versione a figura intera (in bikini)

La galleria completa è qui e contiene anche esempi di scarpe ritoccate, a dimostrazione di quanto sia onnipresente il fotoritocco non dichiarato, e una trasformazione davvero inquietante di un viso femminile.

Dite la verità: di fronte a queste buggerature, vi è passata la voglia di comperare calendari sexy, vero?

Parliamoci chiaro. Questo fotoritocco così estremo, perfetto e dilagante presenta un ideale falso e inarrivabile: portato a questi livelli è una vera e propria truffa. Sono sicuro che molte ragazze perfettamente gradevoli si sentono scorfane perché agognano le forme che vedono ovunque nei giornali, e che molti maschietti credono che le donne debbano essere come le vedono nelle pubblicità e nei servizi fotografici. Bene, è ora di aprire gli occhi, perché l’inganno è molto più vasto di quello che potreste immaginare.

Tutti contro i brevetti sul software

Prosegue intensa la mobilitazione contro la direttiva europea sui brevetti in via di discussione all’Europarlamento. Una direttiva che spaventa. Partita anche una mailing list organizzativa

09/09/03 – News – Roma – In vista del voto dell’ Europarlamento sulla direttiva relativa ai brevetti sul software decolla anche in Italia la mobilitazione dei tantissimi che criticano gli orientamenti emersi fin qui in sede UE.

Per affrontare e discutere i pericoli rappresentati dalla direttiva, che amplifica di molto la possibilità di brevettare, sono già previsti due incontri:

– il 12 settembre un incontro/conferenza stampa presso l’ufficio del Parlamento Europeo a Roma, organizzato dal Gruppo radicale al Parlamento Europeo, dal CDTI (Club Dirigenti Tecnologie dell’Informazione) e dall’Associazione Software Libero.

– il 17 settembre un incontro/dibattito dal titolo “ALMENO DUBBI sulla brevettabilità del software”, presso l’università Bocconi a Milano (evento ancora in attesa di conferma).

Si muovono intanto i coordinatori di NoBIS, “No alla brevettabilità del software”, che hanno allestito un sito dedicato alla questione, con link a dossier, approfondimenti e testi ufficiali e la possibilità per chi intende mobilitarsi di iscriversi ad una mailing list organizzativa.

“In alcune città italiane – spiegano quelli di NoBIS – verranno allestiti tavoli per facilitare la diffusione della notizia, mediante la distribuzione di materiale informativo… aiutaci anche nella tua città; al momento possiamo assicurare tavoli a Milano, Roma, Bologna e Padova. Ora ti aspettiamo, basterà un tavolo nella tua città anche per un solo giorno! Che fai, ci dai una mano?:-)”

Da segnalare, infine, un commento (in inglese) pubblicato sull’argomento nei giorni scorsi da PC Magazine.

Ambiente: Ecoasfalto riduce inquinamento del 50%

(ANSA) – MILANO – Una riduzione dell’inquinamento atmosferico del 50 per cento e’ stata rilevata in via Morandi a Segrate (Milano) grazie alla pavimentazione ecologica con cui la strada e’ stata rivestita. Sono gli ultimi risultati della sperimentazione sugli effetti dell’ ‘ecorivestimento’, lo speciale materiale con il quale sono stati trattati 7 mila metri quadrati di via Morandi, e che e’ iniziata lo scorso inverno. L’esito di quest’ultimo test, eseguito da un’azienda con la collaborazione di Italcementi, risale alla fine di luglio e la prossima settimana verra’ comunicato, per la ratifica, all’Arpa della Lombardia. ”L’ecorivestimento – ha spiegato Claudio Terruzzi, titolare dell’azienda specializzata – e’ un prodotto a base di cemento che, grazie all’attivita’ della luce, e’ in grado di trasformare le sostanze inquinanti organiche ed inorganiche, le polveri sottili e quelle secondarie piu’ pericolose, in sali minerali innocui”. Terruzzi ha anche precisato che l’ecorivestimento e’ gia stato utilizzato, sempre in via sperimentale, in tre appartamenti perche’ ”e’ anche attivo contro il monossido di carbonio, il fumo di sigaretta e le sostanze che provengono dall’esterno quando si aprono le finestre”. I risultati delle rilevazioni compiute nei tre appartamenti e resi noti dall’Arpa il primo settembre, hanno accertato una riduzione dell’inquinamento atmosferico del 47 per cento. Due invece sono stati i test in via Morandi: il primo eseguito sempre dall’Arpa l’inverno scorso e in determinate condizioni atmosferiche ha rilevato un abbattimento dell’inquinamento del 14 per cento (i dati sono stati pubblicati a maggio). Il secondo, come ha precisato Terruzzi, e’ stato svolto dall’azienda in collaborazione con l’Italcementi in estate, usando apparecchiature certificate dal Cnr: a fine luglio e’ stato certificato un abbattimento dell’inquinamento del 50 per cento. (ANSA). RED

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