Grillo

Uno vale Uno.

Due righe in merito all’espulsione di Tavolazzi dal Movimento 5 Stelle da parte di Grillo, a causa della sua partecipazione ad un evento dove ci si chiedeva come organizzare la democrazia interna del movimento.

Qualunque organizzazione democratica deve permettere la discussione dei propri iscritti ed aderenti. Non si può, sulla base di un non-statuto, vietarlo. Tra l’altro le associazioni, prima ancora dei partiti, devono dotarsi di strumenti che definiscono con assoluta chiarezza le regole per l’iscrizione e l’espulsione. E sicuramente il dialogo non può essere un motivo di incompatibilità con i fini associativi.

Sto quindi con quella parte del movimento che sta protestando contro queste azioni unilaterali di Grillo. Se è vero che uno vale uno, a decidere se questo è giusto o meno dovrebbero essere almeno gli attivisti. Se, come dicono, fosse sempre la rete intera a dover decidere, allora potrebbero fare un sondaggio sull’espulsione.

Invece in un Post Scriptum Grillo espelle anche i grillini di Cento.

A questo punto probabilmente una grossa fetta del movimento dovrà prendere le distanze dal capo impazzito ed andare per la propria strada, proseguendo il proprio impegno con una ragionevole certezza di non essere alle dipendenze di nessuno.
Oppure, non vedo altre alternative, dovranno dotarsi finalmente di uno statuto comune con regole che limitino il potete del capo e diano la possibilità di scelta agli attivisti/iscritti/simpatizzanti.

Democrazia diretta (da un singolo)

Quello che è accaduto in regione Emilia Romagna al gruppo dei grillini è meritevole di una discussione. Indipendentemente da quello che sceglieranno di fare, è un esempio di come funziona la democrazia rappresentativa e come secondo alcuni funzionerebbe la democrazia diretta.

Riassumo brevemente: un eletto grillino promuove una risoluzione per salvare finanziamenti pubblici del quotidiano l’Unità. Una cosa sulla quale Grillo è contrario, ed infatti scrive sul suo blog che il suo consigliere può andarsene altrove.

Lo stesso fece con altri eletti grazie alla sua spinta (De Magistris, ad esempio) o non eletti ma da lui sostenuti (ad esempio Montanari). Prima grande amore incondizionato e irrazionale, poi lo sciaquone.

Proprio pochi giorni prima i 2 grillini in regione avevano rimesso il loro mandato ai loro “sostenitori”, in maniera molto mediatica e molto finta.

In realtà sarebbe giusto che un gruppo/associazione/non-chiamiamolo-partito che fa eleggere un candidato poi ne discuta l’operato e lo guidi. E’ la democrazia rappresentativa e partecipativa.
L’idea tanto sbandierata di democrazia diretta non funziona: diretta da chi? E’ questo il punto.

Così chi guida il giudizio, oggi, rimane una persona sola. Una democrazia eterodiretta ed un gruppo di persone che la seguono acriticamente.

Favia dice che non è possibile creare una associazione che discuta queste cose e gestisca le risorse messe a disposizione dai consiglieri (che oggi transitano troppo sui loro conti correnti): non sarebbe previsto dal non-statuto.

Beh, è una grande cavolata.

E’ giusto che chi sostiene e lavora per eleggere un consigliere possa discutere del suo operato. Chiederne le dimissioni ed eventualmente rinnegarne l’azione. Non sarebbe giusto automatizzarne la rimozione dalle istituzioni, ma questo è un altro discorso.

E’ proprio questo il problema. Finché le cose stanno nel vago e nell’astratto, non c’è discussione da fare. Quando si entra nel pratico, anche l’interpretazione del proprio programma può farsi complicata, ed è giusto che non sia “la rete” a discuterne, ma le persone attraverso gli strumenti che ritengono più opportuni.

Perché la rete in quanto tale è un insieme di persone che in maggioranza non è in accordo con il gruppo/associazione/non-chiamatelo-partito.

Auguro veramente ai grillini di capire che qui sta il passo avanti che devono compiere: sono elettoralmente forti, e devono dotarsi di regole per discutere e decidere, perché senza regole non c’è democrazia diretta, ma solo marionette e scelte eterodirette.

Se vogliono dimostrare che la discussione sull’operato degli eletti è vera e non una operazione di marketing politico, devono farne un’altra ora. Si riuniscano nella forma che vogliono e scelgano se ha ragione Grillo oppure Defranceschi, perché entrambe le cose non sono compatibili, e decidano quali conseguenze ha questa scelta.

Se il gruppo deciderà che Defranceschi ha sbagliato, potrà chiedere di ritirare la risoluzione, fare qualcosa oppure chiederne le dimissioni.

Fargli dire di andarsene dal capo non è democrazia.

Idee per una manovra

La maxi manovra del Governo è stata presentata. Non tutta ancora è di pubblico dominio, immagino che i dettagli “migliori” verranno snocciolati durante le vacanze estive degli italiani. In nome della produttività, vengono smantellati alcuni diritti acquisiti in tanti anni. Conquiste importanti che servivano a bilanciare l’enorme potere sulla persona posseduto dal datore di lavoro.

Tutto questo porterà ad una nuova crescita? Penso di no.
Del resto, sinceramente, della crescita cinese faccio volentieri a meno, se il prezzo da pagare è lo stile di vita delle persone che la abitano.

Però non basta, bisognerebbe portare qualche idea diversa, ed io qualcuna ce l’avrei.

Tanto per cominciare, sui costi della politica ragionerei in maniera molto diversa dal PD, che propone di dimezzare i parlamentari. Questa idea, proposta anche da “illustri” anticasta come Stella e Rizzo, serve a mio parere solo a diminuire il potere già ridicolo della politica nei confronti dell’economia e dei veri poteri forti. Tanto per citare una controindicazione forte, verrebbe dimezzato il costo per comprare la maggioranza in Parlamento.

I costi della politica veri sono quelli che ricadono dalle scelte fatte dalle istituzioni. Se sostituissimo i parlamentari con un piccione, facendogli scegliere del nostro futuro, avremmo risparmiato veramente? La soluzione vera, a mio parere, sarebbe una revisione giusta delle leggi elettorali a tutti i livelli, che premino le persone giuste e smantellino le decisioni antidemocratiche come la nomina dei parlamentari e l’acquisto delle poltrone.

Poi adeguerei veramente gli stipendi ed i benefit a quelli degli altri paesi europei simili a noi. Senza demagogie, che fanno male più dei privilegi.

Nei consigli comunali, costa di più stipendiare un consigliere, oppure lasciare fare tutti i controlli a funzionari e macchina amministrativa? Di questo non si parla mai, ma se la politica viene fatta come hobby serale, come vorrebbe anche Grillo, poi comprarne il voto diventa più facile, ed evitare che il politico studi e si impegni una prassi. Altrimenti le decisioni verranno prese in altre sedi rispetto a quelle democratiche, ed i Consigli si riempiranno di disoccupati e pensionati.

Altro punto importante è quello della lotta alla criminalità organizzata ed all’evasione fiscale.
Una misura necessaria sarebbe quella di limitare l’uso del denaro contante. Oltre all’evasione, permetterebbe di controllare pizzo e tangenti, tanto per iniziare.
Un’altra potrebbe essere la legalizzazione delle droghe leggere: abbiamo provato con la repressione, ma abbiamo solo riempito le carceri senza diminuire il numero di chi ne fa uso. Gli USA sono tra gli stati più intransigenti, eppure il numero di fruitori è tra i più alti.
Legalizzandole si potrebbero controllare, tassare come il tabacco (che ricordiamoci fa morire) e l’alcol, e si potrebbero utilizzare in modo diverso i tribunali e le forze dell’ordine che oggi a questo si dedicano.
E togliere una fetta di mercato alla criminalità, che male non fa.

Poi bisognerebbe mettere in contrapposizione gli interessi di chi acquista e chi vende: se entrambi hanno un vantaggio nell’acquisto senz’Iva e senza tasse, il rischio del nero è sempre alle porte. Un esempio l’abbiamo avuto: con le detrazioni del 55% per le ristrutturazioni energetiche, tutti i lavori effettuati erano regolarmente contabilizzati. Si potrebbe fare qualcosa di simile in tanti settori, e mantenere operazioni di quel tipo in edilizia per ridurre la nostra dipendenza energetica dall’estero in cambio di manovalanza locale (che è totalmente positivo).

Invece di facilitare chiusura ed apertura di aziende, cosa che porta ad un gran numero di abusi, licenziamenti, fatture non pagate, e così via, si potrebbe pensare a sostenere le aziende che resistono ed assumono. Le nuove iniziative vanno sostenute, ma si può ridimensionare il fenomeno delle convenienze varie e poco nobili.
La cassa integrazione sostiene chi lascia a casa la gente. Perché non dare ossigeno a chi invece la fa lavorare?
Un contratto a tempo indeterminato deve costare meno all’impresa di quello a progetto, altrimenti si userà sempre quest’ultimo anche per coprire necessità strutturali e continue, non solo come eccezione.

Sui lavoratori, poi, bisognerebbe obbligare ad un registro delle presenze, elettronico o cartaceo, che contenga gli orari dei dipendenti il giorno prima, ed ingressi ed uscite in tempo reale. Troppo diffusa la prassi di assumere a mezza giornata persone che lavorano tutto il giorno, guardacaso sempre presenti alle visite degli ispettori.

Incentiverei poi la produzione a Km 0, favorendo l’acquisto di prodotti locali anche con sgravi. Poi obbligherei l’indicazione di provenienza di ogni prodotto. Il mercato sia libero, così come la possibilità di scegliere di evitare i pomodori cinesi. Se non smettiamo di acquistare tutto dall’estero, come pensiamo di sopravvivere nel lungo termine?

Investimenti pubblici: stiamo tagliando la ristrutturazione delle scuole, la manutenzione delle strade, l’acquisto di mezzi pubblici per fare opere inutili che investimenti non sono, perché non hanno ricadute adeguate per l’economia locale e nazionale. Si spende non per necessità, ma perché si deve spendere, ed oggi non possiamo più permettercelo. Facciamo invece quello che serve, distribuendo anche contemporaneamente il denaro pubblico a molte più imprese e molti più lavoratori.

Per non farla più lunga di così, la mia idea è un po’ questa: per migliorare i conti dobbiamo inseguire la legalità, rendondola però percorribile. Per le aziende, imposizioni giuste e sostenibili e controlli severi, sulle persone meno ipocrisia, sugli investimenti pubblici un occhio di riguardo in più: meglio tante piccole opere necessarie piuttosto che grandi ed inutili piramidi, che accentrano il denaro pubblico sulle mani di pochi.

Ma oggi si decide di tagliare, di tassare, di eliminare diritti, usando la crisi anche come pretesto.

No assemblea no party

Posto che il problema delle scelte comuni all’interno di un gruppo non è affatto di banale risoluzione, l’ultima discussione dentro al partito di Grillo è interessante non tanto per aumentare la portata della polemica, ma per capire quali decisioni prenderà la base in risposta a quelle imposte dall’alto.

Grillo dice che la sostanza dei partiti è

L’organizzazione in correnti, le strutture fisiche, i riferimenti territoriali, i pacchetti di voti, le assemblee nazionali, regionali, provinciali che propongono le liste degli eletti, che prendono decisioni per i cittadini, i leader e i leaderini, il finanziamento pubblico.

Lasciando stare gli elementi demagogici che servono a trainare concetti che non lo sono, vorrei analizzare brevemente la critica di Grillo.
Ovviamente il difetto dei partiti non è nella parola con la quale si indicano, ma, secondo lui, in come sono organizzati: assemblee nazionali, regionali, provinciali che decidono le liste dei candidati.

Ora bisognerebbe fare un passo indietro e ricordarsi chi è che ha deciso i candidati di Grillo. Di certo non i cittadini tramite assemblee pubbliche, ma nella migliore delle ipotesi i membri del gruppo locale, nella peggiore qualcun altro a livello nazionale chiedendone al limite una riconferma del gruppo locale.

E’ fisiologico che sia così: i cittadini non sono tutti attivisti del gruppo, e se ci fossero elezioni pubbliche verrebbero elette persone scelte da chi poi vota qualcun altro. Ma in assenza di assemblee che decidano chi candidare e le decisioni da intraprendere, con regole molto chiare e trasparenti, manca la democrazia interna al gruppo. Le decisioni non potranno che essere eterodirette, antidemocratiche, imposte dall’alto. E le mossette alla “rimetto agli elettori il mandato”, fatte con la sicurezza che le dimissioni non saranno possibili, sono solo un modo furbetto per imporre le proprie scelte pennellandole di finta apertura democratica.

La nostra Costituzione è stata scritta da persone che sapevano cosa significava la dittatura ed avevano toccato con mano che le nuove dittature si potevano costruire con il consenso. Nell’articolo 49, non casualmente, parla di “metodo democratico” come vincolo per l’organizzazione dei partiti che concorrono a determinare la politica nazionale.

Non c’è una vera democrazia senza che questa entri anche nelle organizzazioni che preparano le liste da candidare. Perché se in un menù ci sono solo portate alle quali siamo allergici, non potremo scegliere altro. Non è un difetto solo del partito di Grillo, ma di tutti i partiti che si reggono esclusivamente sulla figura di un leader.

Io mi auguro quindi che la parte dei grillini che comprende questa necessità aumenti e prevalga sul resto, che seguirebbe le istruzioni del capo qualunque esse siano, perché la democrazia è una cosa complicata e difficile, ma necessaria. In più, non basta invocarla, ma bisogna praticarla, ed oggi ci sono nuovi strumenti a disposizione per allargare la partecipazione.

A volte il rischio è che le scelte comuni non siano quelle volute dal capo, ma questo è il motivo e lo scopo per il quale si spende così tanto tempo e così tanti sforzi per mantenerla viva.

Altrimenti l’equivalente sarebbe dare in mano al capo lo scettro, risparmiando anche quattrini e tempo che oggi dedichiamo alle elezioni.

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