futuro

Bill Gates vs Robot

Se 15 anni fa mi avessero detto che sarei stato d’accordo con Bill Gates, avrei riso. Ma le cose sono cambiate e soprattutto il futuro sarà molto diverso da quello che vediamo oggi. Quando parla di tassare i robot, lancia una provocazione ma necessita di una riflessione seria, perché ne va del nostro futuro.

Prima di tutto l’automazione non si limita ai robot: è anche un algoritmo che supera i caporedattori delle notizie, un software di riconoscimento facciale, un assistente vocale che risponde alle tue domande al posto di un operatore di call center.

E’ inevitabile che il futuro sia pieno di automazione, e prenderà sempre più posti di lavoro, non solo fisico ma anche intellettuale.

Rido quando Trump invita le aziende automobilistiche a produrre in America, e vedo allo stesso tempo i capannoni pieni di braccia meccaniche: evidentemente spostare questi capannoni vuoti di carne non risolve il problema della disoccupazione.

L’automazione inoltre concentra i guadagni in poche persone, nei proprietari dell’oggetto che lavora in automatico.

Non è un caso che negli ultimi anni si sia vista una sempre maggiore concentrazione di reddito, ed in futuro sarà sempre peggio. Quindi occorre pensare ad una soluzione.

Una idea che mi sono fatto è che tassare il lavoro sia sempre più sbagliato. Una azienda che apre e crea 100 posti di lavoro è un bene, che va premiato. A parità di entrate, se impiega e mantiene 100 famiglie invece di 10, deve essere premiata.

Però tassare i guadagni è difficile: basta pensare alle grandi multinazionali che svicolano molto facilmente le nostre entrate, con scatole vuote e fatturazioni all’estero, per posizionarsi nel paese dove si spende meno.  In più è giusto che venga premiata anche la ricerca, l’inventiva, l’imprenditorialità. 

Quindi una qualsiasi scelta di questo tipo andrebbe presa a livello internazionale, coinvolgendo più paesi possibili ed imponendo dazi per i beni che provengono da paradisi fiscali. Una scelta facile non c’è, ma bisogna pensarci subito, per immaginare una transizione graduale e meno traumatica possibile. Solo pensando alle tecnologie più vicine alla realizzazione, si stima una sostituibilità del 45% della forza di lavoro attuale.

Un esempio potrebbe essere da un lato la garanzia di un reddito minimo di cittadinanza, dall’altro la ricerca delle coperture nei profitti senza lavoro (e tassando in particolare le azioni che hanno impatti negativi sull’ambiente, visto che ci siamo).

Abbiamo per la prima volta la possibilità di immaginare un futuro nel quale il lavoro non sarà più così necessario per sopravvivere, se i benefici dell’automazione saranno per tutti. Ma dobbiamo aumentare il benessere delle persone, la qualità della vita e dell’ambiente, innalzare gli standard di vita di tutti in modo da creare nuove necessità sui quali creare posti di lavoro.

Poi, quando l’automazione sarà sempre più diffusa, questi standard arriverebbero ad una sostenibilità piena e forse senza nessuna necessità di lavoro.

Se invece continuiamo nella strada di ridurre i posti di lavoro, creare competizione verso il basso dei salari, la riduzione dei costi del welfare ed i tagli alla sanità ed alla cura della persona, delineiamo un futuro nel quale si realizza la peggiore delle realtà distopiche dei film di fantascienza.

Pensiamoci oggi, che è meglio. 

Dissesto

Nei prossimi giorni parleremo un pochino di dissesto idrogeologico,  di fogne ed investimenti da fare urgentemente per evitare che ogni anno si ripetano gli stessi disastri.

Poi nel giro di una settimana, o forse meno,  ce ne dimenticheremo. Di investimenti e di cose da fare non parleremo più,  fino alla prossima occasione.

Sarebbe interessante invece che qualche organo di informazione chiedesse oggi una roadmap agli amministratori e politici coinvolti ed una volta  mese ci aggiornasse su quello che è  stato fatto.

Sarebbe inoltre interessante che questo capitolo di spesa potesse entrare nei bilanci degli enti preposti senza incappare nel patto di stabilità.  Un investimento per il futuro del nostro paese,  che ci farebbe risparmiare nel tempo molto di più di quello che si spenderebbe.

Ma forse la cosa più importante sarebbe evitare di concedere autorizzazioni a costruire nell’alveo dei fiumi,  anche fosse un campo da calcetto.  In questi casi non si può parlare di calamità naturale,  ma di manifesta stupidità.

Idee per una manovra

La maxi manovra del Governo è stata presentata. Non tutta ancora è di pubblico dominio, immagino che i dettagli “migliori” verranno snocciolati durante le vacanze estive degli italiani. In nome della produttività, vengono smantellati alcuni diritti acquisiti in tanti anni. Conquiste importanti che servivano a bilanciare l’enorme potere sulla persona posseduto dal datore di lavoro.

Tutto questo porterà ad una nuova crescita? Penso di no.
Del resto, sinceramente, della crescita cinese faccio volentieri a meno, se il prezzo da pagare è lo stile di vita delle persone che la abitano.

Però non basta, bisognerebbe portare qualche idea diversa, ed io qualcuna ce l’avrei.

Tanto per cominciare, sui costi della politica ragionerei in maniera molto diversa dal PD, che propone di dimezzare i parlamentari. Questa idea, proposta anche da “illustri” anticasta come Stella e Rizzo, serve a mio parere solo a diminuire il potere già ridicolo della politica nei confronti dell’economia e dei veri poteri forti. Tanto per citare una controindicazione forte, verrebbe dimezzato il costo per comprare la maggioranza in Parlamento.

I costi della politica veri sono quelli che ricadono dalle scelte fatte dalle istituzioni. Se sostituissimo i parlamentari con un piccione, facendogli scegliere del nostro futuro, avremmo risparmiato veramente? La soluzione vera, a mio parere, sarebbe una revisione giusta delle leggi elettorali a tutti i livelli, che premino le persone giuste e smantellino le decisioni antidemocratiche come la nomina dei parlamentari e l’acquisto delle poltrone.

Poi adeguerei veramente gli stipendi ed i benefit a quelli degli altri paesi europei simili a noi. Senza demagogie, che fanno male più dei privilegi.

Nei consigli comunali, costa di più stipendiare un consigliere, oppure lasciare fare tutti i controlli a funzionari e macchina amministrativa? Di questo non si parla mai, ma se la politica viene fatta come hobby serale, come vorrebbe anche Grillo, poi comprarne il voto diventa più facile, ed evitare che il politico studi e si impegni una prassi. Altrimenti le decisioni verranno prese in altre sedi rispetto a quelle democratiche, ed i Consigli si riempiranno di disoccupati e pensionati.

Altro punto importante è quello della lotta alla criminalità organizzata ed all’evasione fiscale.
Una misura necessaria sarebbe quella di limitare l’uso del denaro contante. Oltre all’evasione, permetterebbe di controllare pizzo e tangenti, tanto per iniziare.
Un’altra potrebbe essere la legalizzazione delle droghe leggere: abbiamo provato con la repressione, ma abbiamo solo riempito le carceri senza diminuire il numero di chi ne fa uso. Gli USA sono tra gli stati più intransigenti, eppure il numero di fruitori è tra i più alti.
Legalizzandole si potrebbero controllare, tassare come il tabacco (che ricordiamoci fa morire) e l’alcol, e si potrebbero utilizzare in modo diverso i tribunali e le forze dell’ordine che oggi a questo si dedicano.
E togliere una fetta di mercato alla criminalità, che male non fa.

Poi bisognerebbe mettere in contrapposizione gli interessi di chi acquista e chi vende: se entrambi hanno un vantaggio nell’acquisto senz’Iva e senza tasse, il rischio del nero è sempre alle porte. Un esempio l’abbiamo avuto: con le detrazioni del 55% per le ristrutturazioni energetiche, tutti i lavori effettuati erano regolarmente contabilizzati. Si potrebbe fare qualcosa di simile in tanti settori, e mantenere operazioni di quel tipo in edilizia per ridurre la nostra dipendenza energetica dall’estero in cambio di manovalanza locale (che è totalmente positivo).

Invece di facilitare chiusura ed apertura di aziende, cosa che porta ad un gran numero di abusi, licenziamenti, fatture non pagate, e così via, si potrebbe pensare a sostenere le aziende che resistono ed assumono. Le nuove iniziative vanno sostenute, ma si può ridimensionare il fenomeno delle convenienze varie e poco nobili.
La cassa integrazione sostiene chi lascia a casa la gente. Perché non dare ossigeno a chi invece la fa lavorare?
Un contratto a tempo indeterminato deve costare meno all’impresa di quello a progetto, altrimenti si userà sempre quest’ultimo anche per coprire necessità strutturali e continue, non solo come eccezione.

Sui lavoratori, poi, bisognerebbe obbligare ad un registro delle presenze, elettronico o cartaceo, che contenga gli orari dei dipendenti il giorno prima, ed ingressi ed uscite in tempo reale. Troppo diffusa la prassi di assumere a mezza giornata persone che lavorano tutto il giorno, guardacaso sempre presenti alle visite degli ispettori.

Incentiverei poi la produzione a Km 0, favorendo l’acquisto di prodotti locali anche con sgravi. Poi obbligherei l’indicazione di provenienza di ogni prodotto. Il mercato sia libero, così come la possibilità di scegliere di evitare i pomodori cinesi. Se non smettiamo di acquistare tutto dall’estero, come pensiamo di sopravvivere nel lungo termine?

Investimenti pubblici: stiamo tagliando la ristrutturazione delle scuole, la manutenzione delle strade, l’acquisto di mezzi pubblici per fare opere inutili che investimenti non sono, perché non hanno ricadute adeguate per l’economia locale e nazionale. Si spende non per necessità, ma perché si deve spendere, ed oggi non possiamo più permettercelo. Facciamo invece quello che serve, distribuendo anche contemporaneamente il denaro pubblico a molte più imprese e molti più lavoratori.

Per non farla più lunga di così, la mia idea è un po’ questa: per migliorare i conti dobbiamo inseguire la legalità, rendondola però percorribile. Per le aziende, imposizioni giuste e sostenibili e controlli severi, sulle persone meno ipocrisia, sugli investimenti pubblici un occhio di riguardo in più: meglio tante piccole opere necessarie piuttosto che grandi ed inutili piramidi, che accentrano il denaro pubblico sulle mani di pochi.

Ma oggi si decide di tagliare, di tassare, di eliminare diritti, usando la crisi anche come pretesto.

Senza il nucleare l’Italia Muore

Dice Veronesi che senza il nucleare l’Italia muore.

E se lo dice lui, classe 1925, eletto col PD e nominato da Berlusconi presidente dell’Agenzia per la sicurezza nucleare per attuare un punto importante del programma del PDL, non ci sarà dubbio che sia vero.

Però io penso, al contrario, che l’Italia vivrebbe meglio senza Nucleare e con meno 85enni a decidere del nostro futuro.

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