Governo

Saddam e le elezioni americane: coincidenze?

Io non credo alle coincidenze, e la condanna alla pena di morte per Saddam Hussein a due giorni dal voto per il Congresso negli Stati Uniti d’America è una operazione che certamente avrà delle grosse ripercussioni.

Concordo con la posizione del nostro Governo e le dichiarazioni di Amnesty International.

Tana de Zulueta sull’indulto

Pubblico una lettera di Tana de Zulueta in risposta ad una richiesta di spiegazioni sull’indulto.

varie persone mi hanno scritto per manifestare il loro disagio e in qualche caso anche la propria indignazione per il voto a favore dell’indulto passato prima alla Camera e poi al Senato. Credo che lettere simili siano arrivate a molti se non a tutti i parlamentari dell’Unione. Il disagio è comprensibile e una risposta è dovuta. Provo dunque a spiegare le ragioni di una scelta.

Premetto che l’idea stessa dell’indulto mi mette in difficoltà. Sarà per via della mia formazione in gran parte anglosassone (in quei paesi leggi simili semplicemente non sono contemplate) ma un provvedimento di clemenza generalizzato e applicabile a tutti quelli che hanno commesso determinati reati entro una certa data mi pare che violi quel principio chiave iscritto in tutte le aule di giustizia: la legge è uguale per tutti. Non mi consola nemmeno il fatto che l’indulto è previsto dalla Costituzione: per me è sempre e comunque l’ammisione di un fallimento.

Quando il provvedimento è arrivato in aula alla Camera mi sono premurata di capire cosa ne pensassero i giuristi e i magistrati che più stimo, da Giancarlo Caselli a Carlo Federico Grosso ed a Vittorio Grevi. Una consultazione resa tanto più necessaria per me dal fatto che non vi era stato nessun dibattito tra i parlamentri dell’Unione per spiegare le ragioni che stavano dietro al compromesso raggiunto, salvo sul fatto che fosse stato reso necessario dal bisogno di raggiungere una maggioranza dei due terzi del Parlamento e che fosse, pertanto, ?blindato?.

Forse, alla luce dei fatti, la mediazione era tra due esigenze inconciliabili: da una parte reali esigenze umanitarie, confermate da tutti quelli che hanno a che fare con l’universo carcerario, e dall’altra parte altre ragioni, mai esplicitate, ma che si leggono in filigrana nel testo della legge così com’è stata votata dal Parlamento.

Su un punto i giuristi erano comunque tutti d’accordo: era troppo tardi per affondare il provvedimento. Troppe le attese suscitate e troppo grave la situazione in cui versano le carceri italiane. Il compromesso, però, mi hanno detto, è accettabile solo se accompagnato dal solenne impegno di riforme strutturali che facciano sì che le carceri non si riempiano un’altra volta per gli stessi perversi motivi. Aggiungo che forse la cosa più importante di tutte è che si dimostri, nei fatti, che anche se questo era, in un certo senso, un indulto ?ad personam? (è un fatto incontestabile che a Previti servivano proprio tre anni di indulto per fare decadere la sentenza che lo tiene agli arresti domiciliari) l’Unione non accetta, anzi ripudia la logica dell’impunità che sta dietro le ?leggi vergogna?. Via dunque la Cirami, la Cirielli, la legge sul falso in bilancio. E per non riempire inutilmente le carceri, via la Bossi Fini e la nuova legge sulla droga escogitata da Fini.

Qualcosa è stato detto. Vorrei vedere di più.

E’ possibile, come qualcuno ha scritto, che il compromesso non fosse comunque accettabile, e che sottoscrivendolo la maggioranza abbia rotto il patto di fiducia che la lega al suo elettorato. Spero di no. Non posso dire di essere sicura di avere fatto la cosa giusta votando sì a quest’indulto. Anzi. Comunque mi sono assunta le mie responsabilitàdi di fronte a una scelta per me molto difficile, come molti altri parlamentari dell’Unione che erano altrettanto critici. Ho, invece, un giudizio meno favorevole di molti nei confronti di Antonio Di Pietro, anche se gli riconosco il merito di avere sollevato l’allarme sugli aspetti più preoccupanti del provvedimento. Guardandolo saltare in aula dai banchi del governo alle fila dei suoi parlamentari, a cui passava le istruzioni, mi sembrava che ci fosse qualcosa di finto in questa baraonda. A Roma mi pare che si dica: “Reggetemi che lo meno!”

Mi piacerebbe che Di Pietro si facesse anche lui un piccolo esame di coscienza. Il presidente della commissione Giustizia della Camera, Antonio Pisicchio, che ha presieduto alla stesura del testo dell’indulto, esteso anche alle pene accessorie (poi rimosse dal beneficio in Aula), compresi i reati finanziari e contro la pubblica amministrazione, è un uomo del partito di Di Pietro messo lì su sua precisa richiesta. Allora delle due l’una: o Di Pietro era d’accordo sul compromesso e poi ha cambiato idea, o non si era accorto, lui ex-magistrato e solerte campione della legalità, di quello che stava combinando il suo rappresentante in Parlamento. Comunque sia, meglio guardare in casa propria prima di esporre i propri colleghi di coalizione alla gogna mediatica tramite il proprio blog. Se è stato commesso un errore vediamo di porvi rimedio al più presto, cancellando le leggi ad personam varate dal governo Berlusconi e riformando in maniera strutturale i sistemi giudiziario e penale italiano.

Cordialmente

Tana

Salviamo la Costituzione

Il 25 e 26 di Giugno si voterà per decidere sulla recente riforma costituzionale, voluta dal precedente governo Berlusconi.
Pochi cittadini, purtroppo, conoscono al di là degli slogan demagogici i contenuti di questa riforma e quali saranno le sue gravi implicazioni.

Questo referendum sarà di tipo confermativo,come previsto dall’art.138 della Costituzione che regola la revisione costituzionale, e non avrà bisogno di un quorum, a differenza di quanto è avvenuto nei recenti referendum abrogativi. Le leggi costituzionali, infatti, se non sono approvate a larga maggioranza dai due rami del parlamento sono sottoposte ad un referendum popolare confermativo se vengono raccolte 500mila firme di cittadini oppure nel caso ne facciano richiesta cinque Consigli Regionali o un quinto di rappresentanti di una Camera.
Anche se una sola di queste possibilità sarebbe stata sufficiente, in questi mesi sono state utilizzate tutte, per confermare con forza l’ampia e ferma volontà di bloccare questa pericolosa riforma.

Una riforma dalle ricadute così importanti sulla costituzione e sull’ordinamento dello Stato dovrebbe essere affrontata ricercando un ampio consenso, portando avanti un dibattito responsabile ed il più possibile libero da demagogia e false illusioni.
Al contrario di ogni buonsenso il Governo Berlusconi ha portato avanti nel novembre 2005 una riforma approvata a colpi di maggioranza, accontentando nelle sue varie parti questo o quel partito della sua coalizione, scambiando fondamenta importanti della nostra struttura democratica come merce da baratto. Il risultato che ne esce è una riforma disomogenea, inorganica ed in parte inapplicabile, frutto degli accordi di solo tre partiti che non sono riusciti a trovare un accordo complessivo sull’orientamento generale da dare alla nuova costituzione.

Questa riforma non ha precedenti nella nostra Repubblica: le precedenti modifiche alla Costituzione si limitavano ad alcune disposizioni costituzionali, mentre in questo caso sono stati coinvolti ben 50 articoli, che modificano completamente i rapporti tra Parlamento, Governo e Presidente della Repubblica, nonché quelli tra Stato ed Enti locali.

Se la riforma sarà approvata dai cittadini, l’Italia non sarà più una Repubblica parlamentare, in cui cioè il Parlamento esprime il Governo e può costringerlo alle dimissioni votandogli contro.

Viene rafforzato il ruolo del Primo Ministro, ma in maniera tale da creare una concentrazione di poteri potenzialmente molto pericolosa, se messa nelle mani sbagliate.
Il dibattito politico e le discussioni in parlamento sono una garanzia democratica, non un inutile orpello di cui si può fare eventualmente a meno, per snellire la procedura e semplificare la vita a chi vuole legiferare in una certa direzione. La dittatura è la forma di governo più semplice e snella, ma non per questo preferibile o auspicabile.

Il federalismo o “devolution”, ampiamente sbandierato come una importante vittoria dalla Lega Nord, non fornisce alle regioni i mezzi necessari per mettere in atto le competenze che vengono loro attribuite, ed alcuni articoli sono talmente poco chiari da provocare un continuo conflitto di competenze tra Stato e Regioni.

La riforma costituzionale è una materia complessa e molti cittadini non si sentono all’altezza di darne un giudizio. Visto l’ampio consenso per il NO nella raccolta di firme e nella lista numerosa di sostenitori di grande spessore, alcuni pensano che il risultato sia scontato e che il singolo voto non sia necessario.
Purtroppo la realtà è diversa, e questi mesi di demagogia mediatica hanno portato al rischio di una diminuzione del vantaggio dei sostenitori del NO.

I Verdi invitano, quindi, a partecipare anche a questa espressione democratica e votare NO, opponendosi al tentativo di demolizione della nostra Repubblica Parlamentare, invitando i conoscenti ad approfondire il tema ed ad esprimersi con coscienza.

Buono il decreto contro la caccia in deroga

GUERRA (VERDI) : PLAUSO AL MINISTRO PECORARO SCANIO PER IL DECRETO CON CUI SI RENDONO INEFFICACI LE LEGGI REGIONALI SULLA “CACCIA IN DEROGA” E SI ALLINEA ANCHE L’EMILIA-ROMAGNA AL RISPETTO DELLA NORMATIVA COMUNITARIA
(Bologna, 4 agosto 2006) La capogruppo dei Verdi nell’Assemblea legislativa regionale Daniela Guerra plaude all’iniziativa del Ministro dell’Ambiente Pecoraro Scanio che in un decreto approvato oggi mette finalmente fine all’estremismo venatorio e riallinea il nostro paese e la nostra Regione al rispetto della normativa comunitaria in materia di protezione della natura.
“Al di fuori delle diverse posizioni ideologiche, – dichiara Daniela Guerra – che possono anche essere inconciliabili, provvedimenti come quello del Ministro sono necessari per non pagare le sanzioni comunitarie che inevitabilmente sarebbero ricadute sugli agricoltori, con il blocco dei fondi europei per lo sviluppo rurale.”
“Per questo motivo – continua l’esponente del Sole che ride – non abbiamo capito le forzature che si sono volute imporre ai consiglieri regionali quando abbiamo discusso, all’inizio di luglio, la nuova legge regionale sulla “caccia in deroga” e, prima ancora, gli indirizzi per la pianificazione faunistico-venatoria, normative a cui i Verdi hanno votato contro.”
“Plaudo – conclude Daniela Guerra – all’azione del Ministro Pecoraro Scanio che, con questo decreto, ha voluto garantire all’agricoltura italiana i contributi necessari per renderla più competitiva e per legarla maggiormente al territorio e all’ambiente naturale.”

Informazione di qualità

In questi giorni Fassino assicura attraverso una intervista che le nomine della futura RAI saranno basate sulla competenza e sulla professionalità, ricordandoci e ricordandosi che non si sceglie un direttore di tg o di rete in base all’appartenenza politica.

Questa presa di posizione è molto importante, anche se forse non sufficiente, soprattutto alla luce di quanto è successo con il Governo precedente, che ha coscienziosamente epurato i personaggi scomodi. Così con il tristemente famoso editto bulgaro l’ex Presidente del Consiglio ha “ripulito” i nostri schermi da Santoro, Luttazzi ed Enzo Biagi.

Con i precedenti governi le diverse posizioni in Rai erano stabilite sulla base di equilibri politici, ma mai con così tanta veemenza erano state rimosse idee critiche nei confronti di un Governo, che oltretutto in questo caso aveva a disposizione altre tre televisioni private di propaganda. Non pago di questo risultato con la legge Gasparri sulle telecomunicazioni si è voluto dare un altro calcio alla pluralità dell’informazione, aggiungendo la farsa del digitale terrestre, finanziando con denaro pubblico i decoder, in gran parte venduti da Mediaset per la visione di contenuti Mediaset. Con leggi ad personam si è scavalcato quanto stabilito dalla Corte Costituzionale, che aveva deciso che Rete 4 doveva smettere all’inizio del 2004 di occupare irregolarmente le frequenze di proprietà di Europa 7 e trasmettere sul satellite.

Sebbene i nuovi mezzi di comunicazione, internet in primis, conquistino ogni anno uno spazio sempre più rilevante, a livello internazionale stiamo perdendo sempre più quota rispetto agli altri paesi, a causa di politiche non sempre lungimiranti. Incentivare il digitale terrestre quando attraverso internet sarebbe possibile guardare programmi a richiesta dove e quando vuole l’utente è solo un modo per rimandare una rivoluzione già in atto, rimanendo pericolosamente arretrati nel campo dell’informazione rispetto al resto del mondo. Per preoccuparsi basta pensare alla diffusione della banda larga in Italia, posseduta solo dal 13% delle famiglie contro l’80% del Nord Europa, o alla percentuale di famiglie che usano la rete, quasi la metà di quanto accade in Danimarca. Del resto scontiamo il peso di una rete di aziende di telecomunicazioni che non hanno interesse nell’investire in questo settore, preferendo mezzi più costosi, e di una legislazione che permette di avere in Italia costi per la connessione quadruplicati rispetto alle vicine Germania e Francia.
Se questo può sembrare a priva vista un problema limitato e settoriale, bisogna ricordare che il lavoro oggi dipende fortemente dalla capacità di fare, recepire e soprattutto comunicare informazioni. Qualsiasi battaglia politica, per quanto importante, risulta persa senza una adeguata conoscenza del problema e la mancanza di pluralità di informazione è un problema causa di altri mali in molte delle democrazie occidentali. La possibilità di votare, ad esempio, è un diritto fortemente limitato se l’informazione è gestita da una sola persona, perché si instaura un regime basato sulla mobilitazione mediatica.

I Verdi a livello nazionale ed a livello locale hanno sostenuto la proposta di legge di iniziativa popolare Per Un’altra TV e continueranno a raccogliere firme fino alla fine di Giugno.
Lo scopo di questa proposta è sanare la duplice anomalia italiana nel campo dei mezzi di comunicazione audiovisivi, oggi la prima priorità italiana: da una parte, il duopolio Rai-Mediaset che impedisce l’emergere di nuovi attori e limita il pluralismo; dall’altra, il controllo politico esercitato sul servizio pubblico radiotelevisivo, che non ha pari nel mondo democratico. Questa legge si basa sul sistema tedesco, che garantisce l’assoluta indipendenza editoriale dei canali pubblici, quindi non sarebbe una rivoluzione senza precedenti.

Mancano pochi giorni alla scadenza della raccolta di firme, quindi invitiamo tutti i cittadini a firmare la proposta. Per informazioni sui banchetti potete chiedere ai Verdi in Comune oppure controllare su Comitato Forlivese Per Un’altra TV∞

Alessandro Ronchi, capogruppo dei Verdi In Consiglio Comunale a Forlì

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