Cultura

Human Rights Nights International Film Festival

HUMAN RIGHTS NIGHTS INTERNATIONAL FILM FESTIVAL- FORLI’
AFRICA PROTAGONISTA DELLA GIORNATA CONCLUSIVA

Il Festival Internazionale sui Diritti Umani chiude giovedì 5 maggio con una giornata dedicata all’Africa, con film e documentari sui diritti umani in questa parte spesso dimenticata del mondo, tema quanto mai radicato nella storia del continente e purtroppo sempre attuale.
Le proiezioni gratuite si svolgono presso l’Aula Magna di c.so della Repubblica 88/A. Si inizia alle ore 17 con ANOTHER AFRICAN HISTORY, di Emanuele Piano, giornalista freelance per innumerevoli quotidiani e settimanali italiani e titolare di una casa di produzione di documentari specializzata in Africa e Medio Oriente.

Il conflitto del Darfur, nel Sudan Occidentale, è stata descritta dalle Nazioni Unite come “la peggior crisi umanitaria del mondo”. Un conflitto insanguinato è scoppiato nell’area nel febbraio 2003 quando due gruppi ribelli si sono armati contro il governo centrale. La milizia mercenaria Janjaweed ha risposto bombardando i villaggi e uccidendo civili. L’ONU lo ha definito un genocidio. Questa è la storia delle persone sfuggite a questo conflitto che non ha risparmiato nessuno e che hanno trovato rifugio in Chad. Ma è anche la storia dei ribelli che hanno combattuto a Darfur per il loro diritto di sussistenza e rappresentanza politica.

Prima e dopo la proiezione interverrà ANNA MARIA GENTILI, africanista e docente presso la Facoltà di Sceinze Politiche di Bologna.

Il programma prosegue alle ore 20,30 con ORPHANS OF NKANDLA, del regista inglese Brian Woods, che narra la storia di tre famiglie dello Zululand rurale (Sud Africa) e cerca di capire l’impatto che l’AIDS ha avuto sui bambini. Il narratore annuncia “tre storie che illustrano perfettamente la devastazione che questa epidemia si porta dietro”: questo documentario della BBC rivela il pericolo continuo e crescente del virus dell’Aids.

Chiude la serata e il Festival una produzione africana: YIZO YIZO 3 (episodi 9 e 10), la serie televisiva che ha ricevuto buone critiche in tutto il mondo ed è rapidamente divenuta un cult in Sudafrica . Teboho Mahlatsi, che ha scritto e diretto Portrait of a Young Man Drowning, opera
premiata con il Leone d’Argento a Venezia nel 1999, insieme a Angus Gibson, è uno dei registi, scrittori e ideatori delle tre stagioni di Yizo Yizo, storia di passaggio all’età adulta ambientata in Sudafrica che segue le vicende di un gruppo di giovani che vivono, o meglio lottano, per
sopravvivere nel centro di Johannesburg in un condominio che si chiama San José.

Ufficio Stampa: Marina Mantini, 340 5960316 o 328 7230486
marina.mantini@unibo.it

Il programma completo degli eventi è disponibile sul sito del Polo Scientifico-Didattico di Forlì-Cesena.

HUMAN RIGHTS NIGHTS INTERNATIONAL FILM FESTIVAL è organizzato e promosso
dal Polo Scientifico-Didattico di Forlì, dalla Cineteca del Comune di Bologna, del Center for Constitutional Studies and Democratic Development, Johns Hopkins University, Facoltà di Giurisprudenza (CCSDD), dal Comune di Forlì (Assessorato alla Cultura-Università e Assessorato alla Pace e Diritti Umani), dalla Provincia di Forlì-Cesena, da Ser.In.Ar. dall’Unione Cooperativa A. Saffi, dal Centro per la Pace, e dall’Istituto per l’Europa Centro-Orientale e Balcanica.

Marina Mantini – Università di Bologna
Dottorato in Cooperazione Internazionale e Politiche per lo Sviluppo Sostenibile
marina.mantini@unibo.it

Istituto per l’Europa Centro-Orientale e Balcanica
Via Sigismondo Marchesi, 12 – 47100 Forlì
Tel. +39 0543 21995 Fax. +39 0543 23351
www.eurobalk.net

Attesi Imprevisti

ATTESI IMPREVISTI: Letture e conversazioni di poesia contemporanea

Attesi Imprevisti è una breve rassegna dedicata alla poesia contemporanea, ha lo scopo di favorire l’avvicinamento del pubblico all’attuale panorama della poesia attraverso letture e conversazioni dal vero con i poeti. L’intento è inoltre quello di stimolare un dialogo tra le nuove generazioni di autori e i maestri della poesia. L’Arena Cantiere ci sembra il luogo più appropriato per accogliere la sorpresa della parola poetica nel suo farsi e pronunciarsi dal vivo, come se la poesia fosse il luogo di un perenne divenire.

Gli incontri si terranno presso l’Arena Cantiere via G. Regnoli 91 – Forlì, in caso di pioggia si sposteranno presso Diagonal Loft Club viale Salinatore 101 – Forlì

Al termine dell’incontro sarà offerto un aperitivo a cura di Slow Food, sarà inoltre possibile acquistare il libro presentato con uno sconto.

Il programma degli incontri è nel resto dell’articolo

Sabato 14 maggio ore 17.30 Gianni D’Elia presenta Bassa stagione (Einaudi), conduce Giovanni Nadiani (poeta)

Gianni D’Elia vive a Pesaro. Libero docente e traduttore, tiene corsi e seminari di letteratura italiana e francese. Tra le sue raccolte poetiche: Segreta, Non per chi va, Notte privata, Congedo della vecchia Olivetti, Sulla riva dell’epoca, Bassa stagione (Einaudi 2003).

Sabato 28 maggio ore 17.30 Jolanda Insana presenta La tagliola del disamore (Garzanti) conduce Stefano Colangelo (critico)

Jolanda Insana è nata a Messina, vive a Roma. Le sue raccolte poetiche sono Sciarra amara; Fendenti fonici; La clausura; Medicina carnale; L’occhio dormiente; con La stortura vince il Premio Viareggio 2002. La tagliola del disamore è la sua ultima raccolta, in uscita il prossimo 19 maggio.

Programma a cura di Vanessa Sorrentino e Matteo Zattoni

Per info: Cultura Progetto via Maldenti 18 Forlì 0543/35256 info@culturaprogetto.it

Rischio e Percezione.

Nello scorso numero abbiamo parlato di elettrosmog. In quell’articolo ricordavo che le persone sono più preoccupate dalle grosse antenne rispetto ai telefoni cellulari, che invece sono più pericolosi per la salute. Le antenne delle reti per computer wireless, hanno una loro emissione di onde elettromagnetiche, ma destano molta meno preoccupazione a causa della loro minore dimensione.
Questa occasione mi ha fatto riflettere sul rapporto tra un rischio reale e la paura dei cittadini, che deriva dalla percezione che hanno del problema. Quasi mai le due cose sono proporzionali: ci si aspetterebbe che la paura aumenti con l’aumentare del rischio, mentre non è così.
Le persone si preoccupano per quello che vedono, e solitamente osservano con maggiore attenzione quello che viene fatto loro notare.
Esistono centinaia di esempi di questo tipo. Le lavatrici, i televisori, i forni elettrici, nella coscienza comune sono innocui, mentre il forno a microonde è sempre considerato uno strumento del diavolo.
Questo deriva dal fatto che la visibilità di un problema è differente dalla sua reale consistenza. Il discorso, che sembra quasi filosofico, è assolutamente pratico e reale.
Gran parte delle colpe di questo fenomeno è causato dalla mancanza di una adeguata informazione, che spesso è calibrata sulla base di quello che l’utente vuole sentirsi dire, piuttosto che su dati reali. Alcuni quotidiani, ad esempio, utilizzano civette che fanno pensare a grossi scandali, pubblicano articoli che sono ambigui proprio per stimolare la fantasia dei lettori, oppure rimangono sul vago perché chi legge dia una propria interpretazione, spesso errata o gonfiata, del fatto reale.
Michael Moore, l’autore del documentario 9/11, accusa i media americani di mostrare spesso persone di colore al centro di episodi di cronaca nera, in percentuale molto maggiore al reale. Moore dice che questo influisce sulla percezione del problema della criminalità molto pesantemente, spingendo i cittadini americani all’odio ingiustificato contro alcune razze o all’acquisto di armi per l’autodifesa. Se i cittadini americani non avessero armi in casa, correrebbero molti meno rischi, perché la percentuale di incidenti casalinghi causati dal possesso di armi è maggiore degli omicidi a scopo di rapina.
Così avviene quotidianamente anche nelle nostre città, attraverso i nostri piccoli media: radio e quotidiani.
Se facessimo un test per chiedere agli esaminati quale pericolo temono maggiormente, sicuramente otterremmo dati molto interessanti. Al centro delle nostre paure, potrei scommetterci, sarebbero presenti in prima fila le violenze ed i borseggi da parte di albanesi, rom ed extracomunitari.
Nessuno direbbe, tra i primi 4-5 posti, la strada di notte, la nebbia, il fumo.
Tutto quello che ci circonda, ogni giorno, contribuisce ad una pubblicità negativa verso alcuni problemi, ed al contempo sminuisce il valore di alcuni rischi molto più gravi.
Già ora l’informazione gioca un ruolo primario rispetto ad ogni altro, perché è in grado di mutare le nostre necessità sulla base di interessi che non sono i nostri.
Così come riesce a cambiare la percezione del rischio, cambia anche la percezione delle nostre necessità. E’ necessario, per noi, bere, fumare, avere auto di grossa cilindrata, mentre è assolutamente out avere una Panda elettrica, girare in bicicletta, fare un giro con il cane.
Dobbiamo quindi cercare, in ogni modo, di capire il funzionamento di questi strumenti ed imparare a difenderci nel modo migliore che possiamo, per curare l’interesse comune. E farlo nella maniera migliore possibile, utilizzando l’informazione per spiegare le cose e cercare di aumentare la conoscenza comune, la cultura condivisa, contro l’uniformità e la banalità.
Non credo che la soluzione a questo problema stia nell’utilizzare gli stessi strumenti, per colpire attraverso slogan e frasi ad effetto l’attenzione ed il cuore della gente. Credo che il mezzo influisca pesantemente sul risultato, ed una informazione vera, diffusa con cattivi strumenti, finisce per diventare una cattiva informazione. A costo di ridurre il target della nostra informazione, credo sia necessario evitare sempre ogni semplificazione strumentale.
La cultura e l’informazione sono le uniche armi che abbiamo contro gli slogan pubblicitari, che stanno invadendo ogni settore della nostra vita, dalla spesa alla politica.
Per questo motivo credo che dovremmo utilizzare tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione, a partire dai bollettini universitari per arrivare alle radio amatoriali, alle televisioni di strada, ai blog su internet. Se impareremo a diventare parte attiva dei processi di informazione riusciremo veramente ad essere liberi di scegliere e liberi di comprendere.

Indicazione del paese d’origine dei prodotti

In Europa, come sapete, non è obbligatorio indicare il paese d’origine per le merci importate da pesi extracomunitari. Io sarei per la massima trasparenza della provenienza dei prodotti, non solo per quelli che provengono da paesi extra-EU, ma a proposito della Normativa CE sul marchio di origine (“Made in”), vi chiedo di compilare un questionario che ha lo scopo di valutare l’utilità di questa indicazione, e di diffondere nella maniera maggiore possibile questo strumento di consultazione.

Se la cosa vi interessa particolarmente, vi chiedo anche di farlo girare il più possibile, perchè scade il 30 aprile.

Il questionario sulla normativa CE sul marchio d’origine

Il numero chiuso all’università è sbagliato

La proposta di rendere le iscrizioni alla Facoltà di Scienze Politiche di Forlì a numero chiuso, limitando quindi la quantità di studenti che potranno accedere ai corsi in maniera preventiva, è priva di qualsiasi motivazione didattica.
La riforma universitaria, con l’introduzione delle lauree specialistiche, ha aumentato il numero di studenti interessati a conseguire i due titoli di laurea offerti, grazie alla gradualità dell’impegno. Senza un aumento di risorse, strutture e numero di docenti, è chiara la necessità di limitare il numero di studenti frequentatori alla massima capacità possibile. Questa necessità, però, andrebbe tradotta in un aumento della qualità della didattica, in una selezione dei laureati in base alle capacità ed ai risultati conseguiti negli anni, non nella ghigliottina del numero chiuso. Dove è stato introdotto, infatti, il numero chiuso non è stato capace di selezionare gli studenti migliori e con il tempo ha favorito la nascita di dubbi meccanismi che hanno impedito a studenti capaci, ma sostenuti solo dalle proprie gambe, di frequentare i corsi e laurearsi con merito.
Tra i vari meccanismi senza senso introdotti dalle recenti riforme, è presente anche la distribuzione delle risorse in base al numero di iscritti e frequentatori,  piuttosto che sulla qualità e capacità di trovare un vero lavoro dei laureati: questo ha inevitabilmente prodotto una caccia allo studente, di cui ora vediamo chiare le conseguenze.
Sono quindi a fianco degli studenti che stanno protestando, compatti, contro questa ipotesi che non porterebbe nessun giovamento all’università forlivese.
Ripristiniamo una buona qualità della didattica, senza usare questo pretesto per inserire il numero chiuso, che toglie ai docenti la responsabilità di selezionare le migliori capacità.

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