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L’incertezza della pena porta alle colpe di classe

In questi giorni si parla tanto di sicurezza. Trattare questo tema è e rimarrà molto difficile, in Italia, finché non riusciremo a cambiare un po’ la nostra mentalità.
Lascio perdere le considerazioni su rom, immigrati clandestini e punk a bestia: al di là del modo di vestire, credo sia importante punire i reati piuttosto che selezionare categorie (leggi spesso razze) da perseguitare più di altre.
Il problema vero, a mio parere, è che in italia il reato non è reato, e le leggi non sono leggi ma consigli (e come tali si possono seguire o meno).

Ed il finto pugno duro di questi giorni deriva direttamente dalla nostra incapacità di punire chi sbaglia.

Questo deriva anche dalla nostra impostazione cattolica, che ci porta anche incosciamente a pensare che qualunque sbaglio esista un perdono, che per alcuni rimane la confessione. Appare molto evidente nel caso dei ragazzini che hanno ucciso a Niscemi: uno di questi dopo aver confessato l’omicidio ha chiesto se per questo poteva tornare a casa.

Altri paesi influenzati dall’etica protestante vivono con maggiore responsabilità il prorio impegno nel Mondo.

Cassano si comporta male? Puniamolo severamente, così cambierà atteggiamento! Salvo poi dire due giorni dopo che in fondo quello è il suo carattere, che siccome gioca bene non importa cosa fa fuori ed a lato del campo.

Il nostro rapporto con la classe politica non è differente: indignazione immediata e preventiva, quando ancora non è accertata la colpa, dimenticatoio e perdono altrettanto veloce ed assoluta indifferenza una volta confermata l’accusa nei tre gradi di giudizio.

Guardando Gomorra riflettevo sul fatto che il primo problema da risolvere non è tanto la delinquenza in alcune aree del nostro Paese, ma l’assoluta connessione tra questa e l’etica diffusa nello strato sociale: il ragazzino protagonista si avvicina al clan più per voglia di diventare qualcuno, di “crescere”, che per reale necessità. In un Paese normale chi vuole crescere studia o si impegna in qualcosa che lo porterà ad ottenere risultati.

In un Paese nel quale i risultati non si ottengono attraverso il merito e l’impegno e gli errori non si pagano, è chiaro che la delinquenza trova molto più spazio.

Così tornando al discorso iniziale, io preferirei che si tornasse a riutilizzare il termine “giustizia“.

Perché la percezione di sicurezza è più forte quando si vede che l’errore non viene perdonato, ma punito.

Quando chi uccide 4-5 persone perché ubriaco al volante viene condannato e non ottiene la nuova patente – sempre che gli venga tolta – dopo pochi mesi.
Quando chi parcheggia la propria auto in divieto di sosta paga la sua multa come chi ha il biglietto scaduto delle righe blu.
Quando chi pesta un compagno di classe per noia viene costretto a fare servizio civile e ripagare con il sudore il proprio errore.
Quando chi acquista le frequenze di una rete televisiva può utilizzarle e non vedersi il proprio spazio occupato irregolarmente.

Con punizione ovviamente non intendo il sistema per il quale i poveracci vanno in galera senza scampo ed i più ricchi, colpevoli di reati ancora più gravi, stanno tranquilli nelle loro ville.

Per essere un minimo più severi persone più esperte di me consigliano di riscrivere il codice penale, troppo vecchio e ferraginoso, introducendo pene alternative al carcere per reati minori.

E chiaramente andrebbero semplificate un po’ le norme, senza che questo significhi creare strade e corsie preferenziali. In sostanza si può semplificare la legge solo se con questo non si lasciano passare reati e non si fanno sconti, come voleva fare Veltroni abolendo la Valutazione d’Impatto ambientale e come vuole fare Bersani con le sue semplificazioni che alleggeriscono le responsabilità d’impresa.

Proprio l’impossibilità, o la non volontà, di punire tutti i reati porta all’individuazione delle colpe per razza o classe sociale.

Visto che non puoi/vuoi selezionare chi sbaglia, si usano i diversi (per orientamento sessuale, per razza, per religione, per capacità fisiche, ecc.) per dimostrare il proprio pugno duro e tutelare l’immagine di severità che deve apparire all’elettorato.

Mi spiace, finché non si smetterà di tentare tutti i santi giorni l’approvazione di leggi ad personam per evitare guai giudiziari ai più forti, questa severità farà semplicemente ridere.

Rifiuti – Da problema a risorsa

Martedì 18 Marzo 2008 ore 20.45 Camera di Commercio, Piazza Saffi Forlì
Come farli diventare una ricchezza mediante nuove opportunità imprenditoriali che coniugano occupazione e difesa dell’ambiente.
Relatori:
Carla Poli – Imprenditrice del centro riciclo Vedelago
Marino Ruzzenenti – Storico ambientalista ed autore del libro l’Italia sotto ai rifiuti
Natale Belosi – Direttore scientifico ecoistituto di Faenza
Coordina: Patrizia Gentilini

Scarica il volantino:
volantino-rifiuti-da-problema-a-risorsa.pdf

La sinistra arcobaleno è ignorata dai media

Abbiamo visto come il partito democratico prima, ed il popolo delle Libertà poi abbiano tenuto banco nelle televisioni e nella carta stampata per giorni, anche solo grazie alle esternazioni e le successive smentite dei relativi leader.
La notizia della nascita di una federazione arcobaleno non è apparsa quasi per nulla.
A pensar male si fa peccato, ma ogni tanto ci si azzecca.

La cosa rossa è una invenzione dei giornalisti

Beppe Grillo prima e Luciana Litizzetto poi beffeggiano il nome dato dai giornalisti alla probabile federazione dei partiti di sinistra: La Cosa Rossa. Nessuno dei due, però, si è preso la briga di verificare da dove provenisse il nome, ed hanno giustamente preso in giro i politici che pensavano avevano pensato a questo nome. Per fortuna non esiste nessuna cosa Rossa, Luciana! Dovreste disprezzare, invece, l’uso che i media fanno delle parole, modificandole o coniando nuovi termini per dare di fatto nuovi significati, spesso dispregiativi.

Lo fecero quando i pacifisti diventarono dissidenti, lo fanno oggi per giudicare già a partire dai termini i partiti di sinistra, chiamandoli estremisti, radicali (anche se i radicali sono fuori), massimalisti. Non si tratta di ingenuità o di mancanza di vocabolari, questi termini sono studiati a tavolino per affibbiare disprezzo a qualcuno che ha meno influenza sui media rispetto ai “moderati”, “popolari” (invece di populisti), “democratici”.

Chi sceglierai, tra i “democratici” (anche quando impognono la democrazia con le armi e le basi militari contro la popolazione, il demòs) o i “massimalisti” (che invece chiedono di rispettare la costituzione)? Sarebbe come far scegliere ad un bambino uno schiaffo o una carezza.

La cosa rossa non esiste, nessuna mente lucida chiamerebbe mai così qualcosa che ha il compito di attirare voti. Tra l’altro molti già parlano di partito unico, quando l’ipotesi invece è quella di un coordinamento o al massimo di una federazione. Ma i media, in questo caso, hanno da tempo perso il ruolo di trasmettitori di informazione, hanno le mani in mezzo alla pasta ed ormai decidono pure la forma che ne viene fuori.

Un grazie a Milena Gabanelli ed allo staff di Report

In chiusura nella puntata di questa sera di Report Milena Gabanelli ha risposto ad una delle tante lettere di uno spettatore deluso dalla sovrabbondanza di materiale a disposizione della trasmissione.
Milena ha risposto in maniera eccezionale, mostrando prima un elenco di casi che a partire da puntate di Report sono stati risolti, poi affermando che nonostante molte delle questioni sollevate non abbiano trovato risposte adeguate, la cosa importante è che ognuno faccia la sua parte.
Per quest’anno Report è finito, ma in rete ci sono tutte le puntate e le trascrizioni, che vi consiglio di guardare. Lunedì la Gabanelli sarà nel forum di Report (www.report.rai.it) per rispondere alle domande dei visitatori.
Grazie!

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