Year: 2011

Dennis Ritchie

L’8 Ottobre scorso è morto Dennis Ritchie, senza che nessun telegiornale ne abbia parlato.

Io l’ho scoperto soltanto oggi.

Ritchie è l’autore di uno dei libri sui quali tutti gli studenti di informatica hanno studiato. E’ uno dei padri di Unix ed è famoso per l’invenzione (assieme a Brian Kernighan e Ken Thompson) del linguaggio di programmazione C.

Per molti non informatici queste parole significheranno poco, ma credetemi, sono due pilastri dell’informatica di oggi, senza i quali il nostro computer, il nostro cellulare, e tanti altri dispositivi oggi non sarebbero come sono. Il linguaggio C sta all’informatica come l’inglese sta alla lingua parlata nel Mondo, e se anche non fosse il più diffuso in assoluto (come dicono alcune statistiche) certamente è il più usato per le parti più importanti di qualsiasi sistema abbia dentro un software (dai sistemi operativi ai server che fanno girare le pagine web).

Purtroppo, come dicevo qualche giorno fa, l’importanza di questi illustri personaggi che hanno lavorato alle fondamenta dell’informatica non viene riconosciuta come dovrebbe.

Sinistra Ecologia e Mele

Vorrei proprio sapere cosa è venuto in mente a chi, dentro al Partito di Vendola, ha deciso di studiare, realizzare, far stampare ed appendere dei manifesti con il simbolo del partito fuso a quello della multinazionale americana, colpita recentemente dal lutto del suo ex presidente.

Veramente, sarebbe molto interessante capire come è stata partorita l’idea, chi ha pensato che era buona, chi ha stampato chiudendo gli occhi il manifesto, chi lo ha affisso senza guardarlo (immagino, come consuetudine romana, senza autorizzazione).

Ma come può non “saltare la testa”, all’interno del partito, di chi ha pensato che fondere il proprio simbolo con quello di una multinazionale accusata in passato di produrre i propri oggetti tramite lavoratori cinesi sottopagati e sfruttati?

Jobs Santo Subito

Mi spiace per Jobs, ma i commenti di questi giorni mi sembrano un tantino su di giri.
Jobs ha realizzato, tramite la sua azienda, enormi profitti vendendo in passato computer e di recente oggetti di design. Un design che univa una buona progettazione estetica alla semplicità d’uso dei device, più vicini alle persone che ai programmatori.

Però, però.

I suoi prodotti dialogavano quasi esclusivamente con gli altri prodotti della stessa azienda. Fosse stato per lui, la tecnologia personal sarebbe stata monomarca.

I suoi prodotti erano diventati uno status symbol a tal punto che troppe persone si sono spesso private di necessità maggiori per riuscire a sfoggiare l’ultima versione di un iQualcosa, spesso per utilizzarlo solo come ostentazione di lusso.

Come dice Stallman, la prigione per gli utenti di Jobs era “cool“, a differenza di quella passata di moda creata da Microsoft.
Per mettere un altro mattoncino di questa prigione in troppi hanno fatto la fila fuori dai negozi per precedere gli altri futuri felici possessori.

Jobs non ha inventato l’mp3, ha utilizzato questa invenzione a fini commerciali, e del resto non sembra nemmeno così importante: nessuno, parlando di diffusione digitale dei media, sa chi sono i veri inventori delle tecnologie che ci hanno aiutato in questo.

Jobs non ha inventato i personal computer, o gli smartphone.

Era certamente un formidabile uomo brand, capace di far crescere o calare i profitti di un gruppo multinazionale semplicemente presentandosi al talk di presentazione commerciale di un nuovo prodotto.

Ma non esageriamo, Steve Jobs non ha cambiato il Mondo, e per fortuna non l’ha cambiato come avrebbe voluto lui.

Ci sono elenchi di persone che più di lui hanno cambiato la storia dell’informatica ed hanno permesso quello che abbiamo oggi e quello che verrà domani, ma nessuno al di fuori degli addetti ai lavori li ricorderà mai.

Diamo loro un po’ dello spazio dedicato in questi anni alla pubblicità gratuita che in questi anni abbiamo fatto alla Apple.

Il partito del popolo della rete

Giovedì il “popolo della rete” protesta contro la norma ammazza blog.

Come ha scritto giustamente Mantellini in un suo recente articolo, non esiste più un popolo della rete. Questa idea di una separazione etica, politica ed ideologica tra chi usa la rete e chi non lo fa è un retaggio che ci portiamo dietro dal passato.

Dieci, quindici anni fa probabilmente aveva un senso. C’era chi usava Ebay USA perché quello italiano ancora non esisteva, chi usava la posta elettronica disconnettendosi tra lo scaricamento dei messaggi e l’invio delle risposte, chi chattava su IRC.

L’insieme delle persone che è entrata per prima su internet era selezionato, sia sulla base delle possibilità economiche sia sulla base delle conoscenze (dirette o indirette) che ne permettevano l’utilizzo.

Allora, sebbene generalizzare troppo sia sempre sbagliato, questa nicchia meritava forse un suo nome. Un po’ come l’insieme di chi in questi ultimi anni ha deciso di spegnere definitivamente la TV. Il popolo che ha mandato a cagare il digitale terrestre.

Sicuramente non tutti già allora avevano una idea comune, ma il popolo della rete esisteva, piuttosto ignorato dal resto dei media.

Oggi qualsiasi iniziativa nasca dal web è fatta dal “popolo della rete”. Così se qualcuno fondasse un partito del “Popolo della Rete”, probabilmente verrebbe citato gratuitamente per anni a venire.

Io faccio parte del popolo della rete per definizione: internetdipendente, ho un blog dal 2003, sono registrato con scarso interesse a tutti i social network, ho fatto del web il mio lavoro.

E nonostante condivida le ragioni di questa specifica protesta contro la norma ammazza blog, non sempre condivido quello che viene attribuito al “popolo della rete”.

Anche perché il “popolo della rete” oggi rappresenta ormai il 50% della popolazione italiana, secondo l’Istat. La maggioranza, non più una nicchia.

Quindi i giornalisti dovrebbero evitare questa definizione e trovarne altre più consone, a meno che tutto quel 50% non sia compatto ed in contrasto con il restante 50%.

Anche chi non usa internet potrebbe essere contrario ad una legge che obbliga la rettifica anche nei confronti di affermazioni vere e verificate fatte su internet (perché dovrei rettificare una cosa vera?), e qualche utente del web potrebbe tranquillamente essere favorevole o indifferente.

L’uso di definizioni studiate a tavolino è uno strumento fondamentale e pericolosissimo, capace di muovere consenso e dissenso. Non dimentichiamoci che è bastato l’aggettivo radicale appiccicato ad arte su alcuni gruppi politici per eliminarli dal Parlamento italiano.

Facciamo così, d’ora in avanti potrete usare questo nome a patto che chiediate il consenso a tutti gli utenti del web, ogni volta. Ok?

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