palco

Naima Club: Nick the nightfly & Montecarlo Nights Orchestra

Nick The NightflyNaima Club – NICK THE NIGHTFLY & MONTECARLO NIGHTS ORCHESTRA: una band di 12 musicisti a tutto swing per ballare e sognare fino all’alba
Sabato 16 aprile 2005 – ore 22:30 – ingresso 15 euro

Con il nuovo cd registrato dal vivo al Blue Note di Milano ” Live at Blue Note Milan ” (2004), torna Nick The Nightfly & la Montecarlo Nights Orchestra. 13 scatenatissimi musicisti per far ballare sfrenatissimi boogie woogie e dolcissimi slow…

L’Orchestra è formata dai più importanti session men e solisti jazz dell’area milanese. Hanno tutti alle spalle una grande esperienza in fatto di big band, e vantano prestigiose collaborazioni nell’ambito musicale. Si presentano sul palco Tony Arco (batteria), Marco Esposito (basso), Alessandro Gallo (chitarra), Claudio Angeleri (pianoforte), Emilio Soana (prima tromba), Sergio Orlandi, Umberto Marcandalli, Pippo Colucci (trombe), Mauro Parodi (primo trombone), Angelo Rolando, Claudio Barbieri (tromboni), Giovanni Di Stefano (trombone basso), Giulio Visibelli (primo sax alto, flauto), Maurizio Meggiorini (sax alto, clarinetto), Paolo Barbieri (sax tenore, flauto), Marco Gotti (sax tenore, clarinetto), Ubaldo Busco (sax baritono), Gabriele Comeglio direttore d’orchestra, trascrittore, arrangiatore e sax. Per ultimo, sale sul palco Nick the Nightfly.

Diritto (di Repressione) d’Autore.

L’informatica e le persone che indirettamente ne fanno uso ricorderanno a lungo la data del 18 Maggio 2004. In Italia ed in Europa questa data potrebbe significare un enorme cambiamento dell’insieme delle norme che regolano il diritto d’autore ed il modo di lavorare nel campo dei calcolatori elettronici.
Nello stesso giorno, coincidenza forse non totalmente casuale, è stato convertito in legge il Decreto Urbani ed è stata approvata una direttiva che introduce i brevetti sul software anche in Europa. Proprio su queste pagine sono state discusse le motivazioni che rendono entrambi i provvedimenti inutili dal punto di vista della riduzione degli illeciti, iniqui nell’applicazione delle sanzioni, semplicemente anacronistici ed insensati se guardati nell’ottica di ridiscutere la proprietà intellettuale tenendo conto dei nuovi mezzi di trasmissione delle informazioni.
Partiamo dalla legge Urbani, che con un colpo di mano dell’ultimo momento introduce sanzioni che arrivano a 4 anni di reclusione.
Queste pene esagerate possono essere la “giusta” sanzione per chi trae profitto dallo scambio illecito di materiale coperto da diritto d’autore, come cd musicali oppure video. Tutti coloro che stanno protestando contro questa legge, e sono tanti, sono assolutamente convinti della necessità di riconoscere agli autori il giusto valore, economico e morale. Quella che viene altrettanto fermamente contestata è invece l’iniquità della pena. Una gran parte dei problemi derivanti direttamente da questa legge è inclusa nella definizione giuridica di “trarre profitto”, apparentemente molto simile al “fine di lucro”. Il profitto è un qualsiasi vantaggio o beneficio intellettuale, ed include per esempio anche l’ascolto di un’opera. Il lucro, viceversa, è un guadagno di natura esclusivamente economica. Quando la legge è stata scritta per la prima volta, includeva solamente il fine di lucro. Per fare un esempio, chi masterizzava cd per la vendita rischiava la galera, ma chi li usava per scopi personali non correva questo rischio (ma solo sanzioni amministrative già previste dalla legge). Con questa piccola modifica, ottenuta semplicemente sostituendo nell’Articolo 1 le parole “a fine di lucro” con “a scopo di trarne profitto”, si cambia totalmente registro. Chiunque abbia una sola canzone non originale, secondo la legge ora rischia 4 anni di galera. Per fare un paragone, chi ruba miliardi evadendo il fisco con il falso in bilancio rischia solamente una multa e nessuna sanzione penale, mentre chi maltratta un bambino o un componente della propria famiglia, chi compie violenza privata e chi scambia una sola canzone su internet senza scopo di lucro (al limite anche senza ascoltarla nemmeno una volta), viene punito alla stessa maniera, con 4 anni di carcere. Semplicemente insensato, come il fatto che a discutere di questa legge, tra le altre personalità di “elevato spessore”che decidono del nostro futuro senza capirlo, ci fosse Gabriella Carlucci.
Come se non bastasse questa brutta notizia, dall’Unione Europea nello stesso giorno giunge notizia dell’introduzione dei brevetti software, che il parlamento europeo aveva già bocciato in una precedente seduta. I rappresentanti italiani in commissione avevano dichiarato di essere contrari, per una lunghissima lista di motivi, ma alla fine si sono astenuti.
Come dire, non è nostra la colpa, non possiamo fare nulla, e di nascosto fare l’occhiolino alle multinazionali americane. Le stesse grosse aziende statunitensi che hanno pagato fior di quattrini per sponsorizzare l’attuale presidenza irlandese (http://www.eu2004.ie/sitetools/sponsorship.asp) che guarda caso si è applicata con straordinario impegno in questa direttiva europea.
In conclusione, vorrei soffermarmi su quella che sembra essere la linea generale dei nostri governi moderni, quelli che amiamo chiamare “democratici”. I cittadini vengono sempre di più sovraccaricati del peso del mantenimento della società e dei lussi di pochi imprenditori, che ottengono questi benefici impedendo loro il libero pensiero, obbligandoli a consumare materiale che a loro non serve, ingozzandoli come maiali da ingrasso di finta cultura non voluta, usa e getta e a buon mercato.
Musica, letteratura, cinematografia che da arte diventa prodotto, e da prodotto diventa un oggetto che non ti è permesso rifiutare. Se qualcuno ha qualcosa in contrario, si paga la stesura di una legge (pare che ora sia a buon mercato) che impedisca ogni tentativo di uscire da questa morsa.
Una battaglia è stata persa, ma la guerra è ancora in atto, grazie anche a politici che si stanno mobilitando contro queste insensatezze, con il senatore Cortiana e l’europarlamentare Cappato in testa.
Da parte nostra, dovremmo iniziare a dire di no partendo dalle piccole cose. I nostri 22 euro, invece che spenderli per il cd di Tiziano Ferro, che si ascolta forse una volta e si butta nel dimenticatoio, dovremmo pagarli al piccolo gruppo che suona su un palco, che mette veramente sudore, passione ed intenso lavoro. Che rischia di andare in galera se non paga il suo tributo alla SIAE per ottenere diritti che non arriveranno mai, e che rimane l’unico vero motivo per il quale possiamo ancora considerare la musica un’arte che possa servire all’umanità.
Una, dieci, cento leggi di questo tipo non aumenteranno il nostro consumo di cd musicali, al contrario rischiano di produrre un rigetto simile a quello provato per la carne dai vegetariani.

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