Berlusconi

Chi è di sinistra e chi si prostituisce

Chi non l’ha ancora ascoltato, faccia un salto sul sito de “L’espresso” dove è disponibile l’intercettazione audio del dialogo di Berlusconi con Saccà.
Se volete leggere il contenuto, si trova anche la trascrizione.

E’ una cosa indecente.
Berlusconi dopo la pubblicazione attacca la Rai, dove, parole sue testuali, lavora solo “chi si prostituisce o chi è di sinistra”.

Ora mi aspetto che esca una tabella a due colonne, voglio sapere gli appartenenti di entrambe le categorie.

Per esempio la sua ex segretaria personale Debora Bergamini, direttore marketing RAI, da che parte sta? (secondo questo sito ha lavorato alle campagne elettorali amministrative e politiche di Silvio nel 2000 e 2001)

Salviamo la Costituzione

Il 25 e 26 di Giugno si voterà per decidere sulla recente riforma costituzionale, voluta dal precedente governo Berlusconi.
Pochi cittadini, purtroppo, conoscono al di là degli slogan demagogici i contenuti di questa riforma e quali saranno le sue gravi implicazioni.

Questo referendum sarà di tipo confermativo,come previsto dall’art.138 della Costituzione che regola la revisione costituzionale, e non avrà bisogno di un quorum, a differenza di quanto è avvenuto nei recenti referendum abrogativi. Le leggi costituzionali, infatti, se non sono approvate a larga maggioranza dai due rami del parlamento sono sottoposte ad un referendum popolare confermativo se vengono raccolte 500mila firme di cittadini oppure nel caso ne facciano richiesta cinque Consigli Regionali o un quinto di rappresentanti di una Camera.
Anche se una sola di queste possibilità sarebbe stata sufficiente, in questi mesi sono state utilizzate tutte, per confermare con forza l’ampia e ferma volontà di bloccare questa pericolosa riforma.

Una riforma dalle ricadute così importanti sulla costituzione e sull’ordinamento dello Stato dovrebbe essere affrontata ricercando un ampio consenso, portando avanti un dibattito responsabile ed il più possibile libero da demagogia e false illusioni.
Al contrario di ogni buonsenso il Governo Berlusconi ha portato avanti nel novembre 2005 una riforma approvata a colpi di maggioranza, accontentando nelle sue varie parti questo o quel partito della sua coalizione, scambiando fondamenta importanti della nostra struttura democratica come merce da baratto. Il risultato che ne esce è una riforma disomogenea, inorganica ed in parte inapplicabile, frutto degli accordi di solo tre partiti che non sono riusciti a trovare un accordo complessivo sull’orientamento generale da dare alla nuova costituzione.

Questa riforma non ha precedenti nella nostra Repubblica: le precedenti modifiche alla Costituzione si limitavano ad alcune disposizioni costituzionali, mentre in questo caso sono stati coinvolti ben 50 articoli, che modificano completamente i rapporti tra Parlamento, Governo e Presidente della Repubblica, nonché quelli tra Stato ed Enti locali.

Se la riforma sarà approvata dai cittadini, l’Italia non sarà più una Repubblica parlamentare, in cui cioè il Parlamento esprime il Governo e può costringerlo alle dimissioni votandogli contro.

Viene rafforzato il ruolo del Primo Ministro, ma in maniera tale da creare una concentrazione di poteri potenzialmente molto pericolosa, se messa nelle mani sbagliate.
Il dibattito politico e le discussioni in parlamento sono una garanzia democratica, non un inutile orpello di cui si può fare eventualmente a meno, per snellire la procedura e semplificare la vita a chi vuole legiferare in una certa direzione. La dittatura è la forma di governo più semplice e snella, ma non per questo preferibile o auspicabile.

Il federalismo o “devolution”, ampiamente sbandierato come una importante vittoria dalla Lega Nord, non fornisce alle regioni i mezzi necessari per mettere in atto le competenze che vengono loro attribuite, ed alcuni articoli sono talmente poco chiari da provocare un continuo conflitto di competenze tra Stato e Regioni.

La riforma costituzionale è una materia complessa e molti cittadini non si sentono all’altezza di darne un giudizio. Visto l’ampio consenso per il NO nella raccolta di firme e nella lista numerosa di sostenitori di grande spessore, alcuni pensano che il risultato sia scontato e che il singolo voto non sia necessario.
Purtroppo la realtà è diversa, e questi mesi di demagogia mediatica hanno portato al rischio di una diminuzione del vantaggio dei sostenitori del NO.

I Verdi invitano, quindi, a partecipare anche a questa espressione democratica e votare NO, opponendosi al tentativo di demolizione della nostra Repubblica Parlamentare, invitando i conoscenti ad approfondire il tema ed ad esprimersi con coscienza.

Italia: fanalino di coda nel rispetto della normativa ambientale UE

Verdi/ALE al Parlamento europeo
Comunicato Stampa – Bruxelles, 15 luglio 2004
Italia: fanalino di coda nel rispetto della normativa ambientale UE
È di oggi la notizia che la Commissione europea sta portando avanti diversi procedimenti di infrazione nei confronti dell’Italia.
Nello specifico, all’Italia si contestano 28 casi di mancato recepimento della normativa ambientale UE.
La Commissione ha deciso di deferire l’Italia alla Corte europea di giustizia per una serie di infrazioni legate alle discariche industriali e allo smaltimento dei rifiuti, all’assenza di valutazioni di impatto ambientale e all’inosservanza delle nuove norme sui carburanti. L’Italia ha anche violato altre importanti norme dell’UE finalizzate alla protezione dell’ambiente, come le direttive sulla qualità dell’aria e dell’acqua, sulla protezione dello strato di ozono, sul mutamento climatico e sull’inquinamento da fonti industriali.
Monica Frassoni, Presidente del Gruppo Verdi/ALE al Parlamento europeo, ha così commentato la notizia:
“È triste constatare che il nostro Paese è tra quelli col maggior numero di procedure d’infrazioni aperte in materia ambientale. Purtroppo possiamo continuare a parlare di un “caso Italia” a livello di Unione europea ed i cittadini italiani ormai sono cittadini europei di serie B per quanto riguarda l’ambiente in cui vivono.
“Il Governo Berlusconi persiste impunemente in una situazione di illegalità e anzi agisce a livello legislativo per indebolire il già fragile sistema giuridico di protezione dell’ambiente in Italia. Il fatto che dei 43 avvertimenti lanciati oggi dalla Commissione, ben 28 riguardino l’Italia, dimostra che nel nostro Paese c’è un reale problema di carattere strutturale per quanto concerne la legislazione ambientale.”

“Nella legislatura che sta per cominciare continuerò a battermi al Parlamento europeo affinché il diritto alla salute e ad una buona qualità di vita dei cittadini italiani, come sancito dai trattati europei, sia tutelato come quello degli altri cittadini europei.”
Nota per l’editore:
La procedura di infrazione comunitaria: L’articolo 226 del trattato conferisce alla Commissione la facoltà di avviare un’azione legale nei confronti di uno Stato membro che non adempie ai propri obblighi. Se la Commissione ritiene che vi possa essere un’infrazione rispetto al diritto comunitario che giustifica l’apertura della procedura di infrazione, essa invia una “lettera di costituzione in mora” (o primo ammonimento scritto) allo Stato membro interessato, intimandogli di presentarle le proprie osservazioni entro un determinato termine, di solito fissato a due mesi.

Alla luce della risposta o mancata risposta dallo Stato membro interessato, la Commissione può decidere di inviare un “parere motivato” (o “secondo ammonimento scritto” o “ammonimento scritto finale”) allo Stato membro, in cui illustra in modo chiaro e univoco i motivi per cui ritiene che sussista una violazione del diritto comunitario e lo sollecita a conformarsi entro un determinato termine (di solito due mesi).

Se lo Stato membro non si conforma al parere motivato, la Commissione può decidere di adire la Corte di giustizia delle Comunità europee. L’articolo 228 del trattato conferisce alla Commissione il potere di agire contro uno Stato membro che non si sia conformato ad una precedente sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee. Sempre a norma dell’articolo 228, la Commissione può chiedere alla Corte di infliggere sanzioni pecuniarie allo Stato membro interessato.

Monica Frassoni
Deputata al Parlamento Europeo
Presidente Gruppo dei Verdi/ALE
Bureau ASP 8G202
Parlamento Europeo, Rue Wiertz
B-1047 Bruxelles
Tel. +32 2 2847932, Fax +32 2 2849932
(Strasburgo) Tel. +33 3 88177932, Fax. +33 3 88179932

Clima: Matteoli, Accordo di Kyoto non basta, fare di più

E fin qui siamo tutti d’accordo. Certo che se almeno venisse ratificato questo protocollo da parte degli Stati Uniti, che impone solamente una riduzione del 6% delle emissioni e che quindi è inadeguato ed insufficiente (ma è sempre un primo passo), allora potrebbe partire almeno questo progetto.
Ricordo che il protocollo di Kyoto per andare in porto dev’essere ratificato da un insieme di paesi che coprano almeno il 55% delle emissioni attuali, e che Stati Uniti e Russia non hanno ancora accettato (se uno qualsiasi dei due firmasse, il progetto potrebbe partire).
Quindi la notizia del progetto portato avanti dal nostro ministro dell’ambiente mi può stare anche bene, ma prima di pensare a nuovi finanziamenti si potrebbe cercare un accordo per portare a termine quelli precedenti.
Oltre a questo problema, bisognerà vedere su quali ambiti andranno a finire i finanziamenti di 30 milioni di euro previsti per questo progetto a due mani, e mi piacerebbe sapere perché Italia e Stati Uniti prendano strade diverse da quelle degli accordi internazionali già stabiliti ed in itinere per portare avanti le soluzioni ambientali.

Ecco la notizia Ansa:

(ANSA) – SACRAMENTO (CALIFORNIA) – Il protocollo di Kyoto non basta piu’. Per proteggere il clima ”diventa indispensabile definire una strategia e attuare misure con orizzonti ed effetti molto piu’ significativi di quelli definiti dal Protocollo” A lanciare una nuova sfida anti-emissioni nocive e’ il ministro dell’ambiente Altero Matteoli giunto a Sacramento in California per firmare un accordo di partnership con il governo statunitense in funzione della ricerca e dell’attuazione di nuove tecnologie per affrontare i cambiamenti climatici. Un accordo che si inserisce nell’ambito della due giorni di workshop che mettera’ a confronto le aziende statunitesni e italiane e che si e’ aperto oggi nella citta’ californiana. Se venisse confermato il trend attuale, entro il 2030 la domanda di energia aumentera’ piu’ del 50% e le relative emissioni di Co2 cresceranno piu’ del 60% rispetto ai livelli attuali a causa dell’incremento degli usi energetici dei combustibili fossili soprattutto nelle economie emergenti di Cina, India e altri Paesi in via di sviluppo con rischi per gli equilibri climatici. Proprio ”per garantire la stabilizzazione della concentrazione di Co2 a livelli di sicurezza entro la fine del secolo – ha detto Matteoli – gli scenari internazionali prevedono che sara’ necessario avviare, in un periodo compreso tra il 2020 e il 2050, una riduzione globale delle emissioni pari ad almeno il 50-60 per cento rispetto ai livelli del ’90”. Una percentuale che supera di gran lunga l’attuale 5,2% previsto dal protocollo di Kyoto solo per i Paesi maggiormente sviluppati. Ecco perche’, secondo il ministro, ”a cominciare dal 2020 la risposta alla domanda di energia dovra’ essere basata anche su un impiego sempre piu’ diffuso delle fonti rinnovabili, delle tecnologie collegate all’utilizzo dell’idrogeno e delle celle a combustibile, delle tecnologie ‘pulite’ e ad alta efficienza per l’impiego dei combustibili fossili e delle tecnologie per la ‘sequestration’ del carbonio”. In particolare, secondo il piano del ministero dell’ambiente, saranno necessari uno sforzo straordinario di ricerca e innovazione nel senso, ha spiegato Matteoli ”di un vero e proprio shock” tecnologico per rendere economicamente conveniente l’utilizzo di nuove fonti energetiche ‘pulite’ e sicure e, contemporaneamente, favorire la diversificazione dell’offerta rispetto ai combustibili fossili”. Accanto a questo, indispensabile un impegno generalizzato di tutti i Paesi, sviluppati e in via di sviluppo, al fine di ridurre le emissioni e giungere a una stabilizzazione della concentrazione di anidride carbonica in atmosfera. Terreno comune di questa sfida e’ la Convenzione quadro sui cambiamenti climatici sottoscritta a Rio ’92 che gli Usa ”non hanno mai rinnegato”, sottolinea il ministro Matteoli. Convenzione e ‘ponte’ della cooperazione tecnologica costituiscono in sostanza la base per costruire ”un nuovo partenariato tra Unione Europea e Usa sui cambiamenti climatici”. In tal senso il programma di cooperazione tecnologica e scientifica Italia-Usa rappresenta il primo mattone di questo nuovo impegno internazionale che non e’ alternativo a Kyoto ma va oltre quel protocollo. ”Questa riunione bilaterale – ha spiegato Matteoli – rappresenta in modo concreto la volonta’ dell’Italia e degli Usa di dare attuazione alla visione comune dei presidenti Bush e Berlusconi contenuta nella dichiarazione del luglio 2001, che impegna i nostri due Paesi a lavorare insieme sia per rafforzare la ricerca sui cambiamenti climatici sia per sviluppare tecnologie a basse emissioni”. A rispondere a queste esigenze diverse aziende italiane sbarcate in California per confrontarsi con i partner statunitensi. Cattura di Co2, celle a combustibile e micro turbine, produzione di idrogeno energie rinnovabili ed efficienza energetica i macro-argomenti sui quali verte il workshop di Sacramento al quale porteranno il loro contributo tra gli altri, Eni, Enel, Fiat, Enea, Politecnico di Milano, Ansaldo, Solvay. Ma per lanciare questa iniziativa globale Governi-imprese, e’ necessario, ha spiegato Corrado Clini, direttore generale del ministero dell’Ambiente e responsabile tecnico dei negoziati con gli Usa, garantire un sistema in grado di dare priorita- ai finanziamenti sulla ricerca tecnologica; di realizzare un quadro di standard internazionali per codificare i vantaggi ambientali ed energetici delle diverse opzioni; riorientare i fondi per il sostegno di questi progetti; introdurre il ‘free-trade’, ovvero il libero commercio delle tecnologie energetiche. Il tutto secondo una prospettiva che abolisca la logica fondata su obblighi e sanzioni, il command and control, e invece abbia come punto di riferimento accordi commerciali comuni”. (ANSA). GU

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