Inceneritori

Referendum contro il porta a porta

A Reggio Emilia si farà un referendum contro il porta a porta. Promotori dell’iniziativa il comitato contro il porta a porta ed Alleanza Nazionale. La sperimentazione promossa da Pinuccia Montanari, assessore dei Verdi, funziona ed i risultati sono così buoni che sbandierare dati costruiti per sostenere l’inceneritore non è più sufficiente a seppellire ogni tentativo di aumentare la raccolta differenziata.

Si schierano già per il no (a favore, quindi, del porta a porta) Verdi, PRC, Margherita, Lega Nord, Lista Di Pietro, e due liste civiche locali che hanno raccolto il 14% alle ultime elezioni.

Mancano per ora in questa lunga lista del fronte dei NO anche i DS, oltre all’opposizione.

Con il referendum si promuovono due quesiti, così formulati:
il primo chiede agli aventi diritto al voto se vogliono abrogare gli atti “relativi all’effettuazione del servizio raccolta rifiuti che si svolge in Reggio Emilia detto Porta a porta”. Il secondo chiede se vogliono “che per il futuro non sia più attivato dal Comune un servizio di raccolta rifiuti porta a porta con presupposti e/o caratteristiche uguali o analoghe a quelle in oggetto dei quesiti di cui sopra, nemmeno a titolo sperimentale e/o limitato a parti del territorio”.

Per ottenere il risultato voluto dai promotori del Sì dovranno andare a votare il 50%+1 degli aventi diritto al voto. Se avete amici che abitano a Reggio dite loro di non sostenere la causa degli inceneritori.

Vita, blog e politica. Bilancio di una esperienza

La mia esperienza con i blog inizia nel 2003. Allora ero un rappresentante nel Consiglio Studentesco dell’Università degli Studi di Bologna, iscritto a Scienze dell’Informazione, un corso di laurea di informatica.
Una delle prime cose che feci, appena eletto rappresentante degli studenti del mio corso, nel 2000, fu quello di ottenere, vincendo molte resistenze, l’apertura di un forum su internet per le discussioni sui problemi del corso di laurea, a partire da quelli più banali, come la cronica mancanza di carta nelle stampanti.
Era una idea poco innovativa e molto semplice, alla quale però quasi nessuno aveva mai pensato. Chi aveva avuto questa idea prima di me non era riuscito a portarla avanti, per le troppe resistenze di un ambiente poco propenso ad accettare critiche.
Questo strumento, che vive ancora oggi, mi permise di ottenere una certa visibilità nella politica studentesca, per il semplice fatto di essere riuscito a dare voce ai problemi che prima venivano solo sussurrati attraverso il passaparola. La partecipazione politica degli studenti era praticamente nulla, e questo strumento permetteva ai meno svogliati di seguire cosa accadeva, proporre soluzioni ed impegnarsi in prima persona spendendo veramente poco tempo, con la possibilità di evitare grazie al filtro dello strumento eventuali ripercussioni sulla carriera universitaria, paura infondata ma diffusa.
Nel Giugno del 2003 installai il mio primo blog. Lo utilizzavo, più che altro, per parlare di software libero e del rapporto tra nuovi strumenti di comunicazione informatica e partecipazione politica.
Nel 2004 ne aprii un secondo, dedicato esclusivamente alla mia candidatura politica all’interno del partito dei Verdi. L’esperienza politica universitaria era terminata e, forte di questo lavoro, volevo cercare di proseguire il mio esperimento di partecipazione informatica anche nella politica locale.

L’esperimento: il lancio della candidatura via blog
Ricordo che fu la prima tornata elettorale, in Italia, che vide un primo timido utilizzo dei blog: i candidati che ne avevano uno erano veramente pochi. Oltre a me ed a Beppe Caravita, che non venne eletto, non ricordo nessun altro nome. Posso dire quindi di essere stato il secondo candidato blogger in Italia, ed il primo ad essere eletto, seppure in un contesto locale.
Questo, per chi lo volesse leggere, l’annuncio della mia candidatura:
https://alessandroronchi.net/2004/04/21/esperimento-ronchi/∞
L’esperienza di quell’anno, e quelle successive, dimostrarono che non bastava un blog per essere eletti. Il grande sforzo in termini di tempo non veniva ripagato in consensi elettorali, conveniva ancora investire su volantini, manifesti ed annunci sui quotidiani. La mia elezione è stata influenzata poco dal blog in termini assoluti, ma senza il blog non sarei stato eletto. Se avessi ottenuto due sole preferenze in meno nelle elezioni del 2004, infatti, non sarei diventato un Consigliere Comunale.
In campagna elettorale proposi la stesura di un programma su wiki che permettesse a tutti di partecipare, chiaramente all’interno del programma della coalizione ed il partito per il quale mi presentavo.
Non partecipò quasi nessuno, anche per la mancanza di una conoscenza diffusa di questi strumenti oggi molto più famosi grazie a Wikipedia, ma una bozza di programma venne scritto e pubblicato e su quelle linee guida mi muovo ancora, chiaramente con l’enorme gap di esperienza tra quel momento ed oggi, a quasi tre anni di attività politica locale.
Da qui viene la prima considerazione importante: un blog, così come qualsiasi sito internet, ha bisogno di tempo per ottenere consenso ed un insieme di affezionati lettori / partecipanti. I blog aperti un mese prima delle elezioni, quindi, sono totalmente inutili, così come quelli chiusi il giorno dopo, perché rappresentano un tradimento delle aspettative di comunicazione tanto sottolineate in campagna elettorale.
Questa regola non è ancora chiara a molti dei quali hanno utilizzato i blog per scopi elettorali fino alle ultime elezioni politiche, dove quasi ogni candidato ne aveva uno. Molti di questi oggi hanno blog lasciati in disuso, che probabilmente riapriranno un giorno prima delle prossime elezioni. Fatto in questo modo questo lavoro è totalmente inutile. La visibilità che si ottiene con questi strumenti è nulla, e le visite dipendono solamente dalle persone che già conoscono il candidato e vogliono approfondirne le proposte prima delle elezioni. Per queste cose basta un unico file con i dettagli che non si riescono ad inserire nei manifesti elettorali.
Dalla mia elezione il numero dei blog gestiti da me è variato molto: ne avevo già due, uno politico ed uno personale, e ne aprii altri due, uno tecnico informatico e l’altro per consigli pratici sulla riduzione del nostro impatto ambientale.

Le statistiche
Nel settembre del 2006 ho deciso che il tempo necessario per l’aggiornamento e la difficoltà di separare discussioni personali, tecniche e politiche fossero troppo elevate, ed ho fuso i miei 4 blog nel contenitore attuale, www.alessandroronchi.net, importando tutti i vecchi articoli.
E’ difficile, quindi, fare valutazioni sul successo in termini di visite del mio blog politico: ad oggi ricevo circa 400-500 visite giornaliere, in leggero aumento nel tempo, calate drasticamente per ragioni tecniche al momento del cambiamento di indirizzo. Nel Novembre del 2006 ho ricevuto 12’000 visite.
In termini assoluti, quindi, il numero di persone che riesco a raggiungere con il mio blog è inferiore a quello della stampa locale: ogni giorno vengono letti circa 10’000-15’000 quotidiani nella mia città, tra bar, rassegne stampa ed edicole.
Bisogna inoltre considerare che le visite di un sito italiano hanno una provenienza sparsa per tutta la penisola, che un centinaio di persone ricevono tutti i miei aggiornamenti via email tramite newsletter e feed RSS, e qualcuna di più i miei messaggi nelle varie mailing list alle quali sono iscritto. Un’altra differenza importante tra visite su web e lettori della carta stampata è che i primi solitamente leggono quello che cercano e quindi sono più interessati, mentre i secondi leggono in maniera spesso poco approfondita le notizie del giorno, principalmente di cronaca.
Questi dati sono importanti: in valore assoluto l’uso di internet per ottenere informazioni politiche è ancora molto scarso, anche se in continuo aumento. Questo dipende, secondo alcuni autorevoli esperti, dall’uso che fa di internet il cittadino italiano: solo in piccola parte sostituisce la televisione per la ricerca di informazioni. L’aumento del numero di connessioni 24 ore su 24 dipende più dalla volontà di scaricare musica e film e di giocare in rete, piuttosto che dalla necessità di avere un canale di comunicazione multidirezionale, di una biblioteca e di una edicola sempre aggiornata e sempre aperta.
Alcuni blog hanno ottenuto certamente un successo notevole, come ha dimostrato Beppe Grillo, ma quando questo porta ad un cambiamento dello stile e dei contenuti di chi pubblica a mio parere perde molto del valore comunicativo: allargando il target spesso diminuisce la qualità e la precisione nel trattare gli argomenti.
E’ dimostrato che la maggior affluenza di visitatori è ottenuta dai siti che vengono aggiornati 2-3 volte al giorno. Le persone, però, non riescono ad occuparsi di un problema ogni 2 ore, e quindi preferiscono leggere siti con notizie leggere e divertenti, il contrario esatto della comunicazione politica. La cosa importante, quindi, è quella di non cadere nell’errore di trasformare la comunicazione politica da cosa seria ad argomento leggero e divertente, da prendere con superficialità.

La scelta del target
C’è chi pensa che la comunicazione politica debba adeguarsi alla comunicazione veloce e decide di scrivere 3-4 righe al massimo per ogni argomento, cercando di attirare gente tramite grossi titoli, finti scandali, considerazioni superficiali e perché no, qualche gossip.
Io ho scelto la strada opposta, ho sempre pensato che fosse meglio attirare l’attenzione di un paio di categorie di persone: quelle che sono interessate nello specifico ad un singolo problema, e cercano quindi informazioni dettagliate sui motori di ricerca e nell’archivio storico, e quelle che la pensano in maniera simile a me e credono giusto quello che faccio, fino a darmi un sostegno concreto nelle mie attività politiche.
Il mio blog, quindi, non è la sostituzione dei comunicati stampa, dei manifesti elettorali e delle interviste in televisione, ma uno strumento attraverso il quale ottengo l’attenzione di poche persone, le stesse che potrebbero darmi un voto di preferenza alle elezioni perché sanno cosa ho fatto negli anni precedenti, il mio impegno, e non votano sulla base di un bel sorriso in una pubblicità 2 metri per 3.
Le persone poco interessate alla politica non cercheranno informazioni, a meno che queste non coinvolgano direttamente il loro giardino ed i loro interessi.
Quelle più interessate, invece, hanno solitamente pochi strumenti per informarsi, e quei pochi sono scomodi e disincentivanti.
Fatte queste considerazioni, il bilancio dell’uso del blog come strumento di partecipazione è estremamente positivo. Ho incontrato diverse persone interessanti, ne ho fatte mettere in comunicazione altre, ho aperto discussioni anche molto vivaci su temi scottanti, dove quasi sempre ha prevalso il buon senso e la civiltà.

L’archivio storico
Una cosa che ritengo fondamentale è l’archivio storico delle mie attività e dei documenti politici più importanti. Grazie al motore di ricerca chiunque può cercare informazioni di qualche anno fa sui temi che un giorno, per diversi motivi, possono tornare di interesse.
Faccio un esempio per spiegarmi meglio. Sull’inceneritore di Forlì il dibattito politico è nato molto tempo fa. Si parla della costruzione del nuovo impianto da almeno dieci anni, se non di più. Dal 2004 il dibattito ha ottenuto una accelerazione, subito dopo le elezioni. Ancora oggi molti cittadini non conoscono i dettagli di questo progetto e delle scelte politiche/economiche ne ne stanno alla base. Alcuni, in ritardo, si stanno interessando ora al tema, e mi chiedono quali sono le alternative o altri dettagli. Queste persone hanno la possibilità, oggi, di ripercorrere le discussioni già fatte, facendomi risparmiare tempo e rendendo più efficaci le ricerche storiche per argomento. Possono sapere, oggi, cosa ho detto e fatto due anni fa, chi si è mosso per primo, e scoprire ad esempio il cambiamento di posizione di alcuni partiti prima e dopo l’intervento pubblico preoccupato dei medici della mia città.
Questo strumento offre la possibilità di avere un quadro chiaro, sebbene filtrato dalla mia visione dei fatti, e di capire l’evoluzione delle posizioni, comprese le mie.
I politici raramente ammettono di aver cambiato idea: questo è a mio parere un segno di debolezza che impedisce una evoluzione del dibattito, alla luce di nuove informazioni. La possibilità di avere un archivio storico pubblico diminuisce la possibilità di mascherare i cambiamenti di opinione, li mette quasi in evidenza, e diminuisce la loro importanza negativa, chiaramente quando avvengono alla luce del sole e con il consenso della propria base elettorale.
Le posizioni dei cittadini cambiano, la rigidità dei rappresentanti dovrebbe smussarsi, mantenendo però ben salda la coerenza, la trasparenza ed il mandato elettorale che hanno ottenuto.

La partecipazione dei cittadini
Questo mi porta ad un’altra considerazione importante: la partecipazione dei cittadini.
Spesso si sente il lamento di chi pensa di non avere gli strumenti per incidere sui cambiamenti della nostra società. Le stesse persone, con questa idea presa a scusante, mancano completamente all’appello quando la partecipazione diventa una opportunità. La partecipazione politica richiede essenzialmente quattro cose, in ordine di importanza: voglia, tempo, informazione e strumenti. Chi pensa che siano solo gli strumenti a dare vita a movimenti di partecipazione alla vita pubblica vede solo una piccola porzione del problema. Certamente sono necessarie delle libertà fondamentali, alla base di ogni democrazia: la possibilità effettiva dei cittadini di dare il proprio contributo attivo alle decisioni. Questo, di fatto, in Italia esiste già: i Partiti sono uno strumento aperto, ai quali ci si può iscrivere ed iniziare una propria battaglia. Qualsiasi posizione, se minoritaria, è difficile da promuovere. Sarebbe però sbagliato pensare come positivi strumenti di partecipazione che impongano soluzioni non condivise dalla cittadinanza.
Il problema principale, oggi in Italia, è che i cittadini pensano ai partiti ed alle liste civiche come strumenti estranei alla loro natura, immobili ed immodificabili. Questo pensiero è alla base del problema: se tutti pensassero che è possibile fare qualcosa, a partire dall’impegno personale, oggi avremmo una situazione politica migliore, una rappresentatività maggiore ed un minore distacco tra istituzioni e vita privata.
Serve, prima di tutto, la voglia di fare. Senza quella, non si sposta nemmeno un granello di sabbia. Poi serve il tempo, che viene diviso secondo le nostre priorità. Tornando al discorso di prima, se ognuno di noi facesse la sua parte attivamente, ne servirebbe una quantità inferiore distribuita più equamente.
E veniamo all’informazione: senza conoscere e studiare i problemi, non si possono proporre soluzioni decenti. Abbiamo bisogno di qualsiasi tipo di informazione: la divulgazione, che serve per conoscere l’esistenza di un problema, e l’approfondimento, che serve per capirlo nel dettaglio.
I blog possono servire l’una e l’altra necessità: nella prima difficilmente riescono a scavalcare gli strumenti classici, come televisione e carta stampata, e quando ci riescono lo fanno per la fiducia del lettore nell’autore.
Ma la seconda necessità di informazione, l’approfondimento, è la chiave di volta che a mio parere dovrebbe spingere i politici ed i cittadini a dialogare attraverso i blog.
La partecipazione politica viene dopo l’approfondimento, secondo strumenti vecchi e nuovi: volantinaggio, Agenda 21, discussioni su forum, mailing list e commenti sui blog.
Inoltre permette una diminuzione del distacco tra cittadini e rappresentanti, perché crea un canale di comunicazione diretto.

Approfondimento –> coscienza –> partecipazione
Senza lo sforzo di comprendere i problemi, qualsiasi giudizio diventa pre-giudizio senza effetti positivi nel dibattito politico. Con i pregiudizi si riescono solo a far scontrare la forza dei voti e quella degli interessi economici, non necessariamente gli uni contro gli altri. Quando invece l’approfondimento permette un giudizio assennato, le posizioni si scontrano sulla base di proposte ragionate, concrete, si possono superare più facilmente i pesi dei grandi attori economici, si può pensare al futuro al di là della prossima scadenza elettorale.
Un blog, da solo, è solamente uno strumento che permette un aggiornamento facile ed immediato. Chi scrive perde tempo solo nello scrivere, non nel mantenere archivi, gestire commenti, spostare pagine.
Ma se il blog viene mantenuto da un lato con dati sempre aggiornati e dall’altro con riferimenti per approfondimenti e riflessioni che richiedono anche un maggiore sforzo temporale, allora diventa uno strumento di partecipazione che rimane nel tempo.
Questo è il grande vantaggio di internet: i limiti naturali al dibattito vengono superati, richiedendo come uniche necessità tempo e voglia per offrire informazione e partecipazione.
Pensiamo ai dibattiti pubblici. Per partecipare occorre:
non avere impegni: tutte le persone devono trovare il tempo per sincronizzare le altre attività ed avere la stessa disponibilità
spostarsi: richiede tempo, denaro, la vicinanza con il luogo d’incontro, inquinamento
essere interessato all’argomento nello stesso istante in cui si dibatte: chi si interessa il giorno dopo, magari per passaparola, è tagliato fuori dalla discussione
Tutto questo, su internet, viene superato. I blog permettono, a chi lo desidera, una partecipazione concreta all’attività politica attraverso il dibattito, per sfociare nella maggior parte dei casi ad una partecipazione classica attraverso il voto, la raccolta di firme, il sostegno attraverso il tesseramento ad un partito, le discussioni pubbliche.
Gli strumenti di partecipazione su internet, quindi, possono essere un aiuto fondamentale per capire che è possibile partecipare, approfondire i problemi e capire cosa fare per portare avanti la propria posizione.

Il sistema elettorale
La possibilità di entrare in contatto diretto con persone anche lontane permetterebbe oggi il superamento della localizzazione dei candidati da eleggere. La separazione in collegi senza l’indicazione delle preferenze non favorisce la scelta di candidati del territorio, ma separa i voti di chi potrebbe ottenere consensi sparsi per territori più ampi. Così viene favorita la scelta all’interno del partito di posizionare i candidati nei collegi sicuri, e disincentivata la possibilità per un candidato di raccogliere voti fuori dal proprio territorio.
Per le elezioni europee, ad esempio, non ha nessun senso che due candidati con lo stesso pacchetto di voti, uno in un unico collegio ed uno per tutto il territorio nazionale, debbano ottenere risultati diversi per la scelta di istituire otto collegi interregionali. Tutto ciò limita notevolmente sia la partecipazione politica dei cittadini, che non possono esprimere il loro consenso al candidato che preferiscono, sia la potenzialità degli strumenti di comunicazione su internet, che permettono un abbattimento delle barriere dovute alla distanza fisica.
Questo è un problema importante, che contribuisce negativamente al desiderio di partecipazione dei cittadini e quindi direttamente pesa anche sulla qualità delle decisioni che vengono prese dalle istituzioni composte su mandato elettorale.

Conclusioni
Nonostante siano ancora poco utilizzati, credo che lo sviluppo di questi strumenti sia inevitabile, come lo è stato per il passaggio dai comizi per strada a quelli in televisione. A differenza del passato, però, questi strumenti non dovrebbero essere solo una riproposizione attraverso nuovi media degli stessi messaggi, come la quasi totalità dei candidati e dei partiti intende ancora oggi, ma un mezzo di comunicazione nuova capace di catalizzare l’attenzione sui temi e di incrementare la voglia di partecipazione dei cittadini.
Il mio obiettivo, dopo tutto, è non è solo quello di aumentare il consenso che mi sostiene, necessario per portare avanti con forza le idee che propongo, ma di spingere altri a seguire i miei stessi propositi attivamente: se dall’azione di una persona scaturisce quella di un’altra, le possibilità di ottenere il risultato saranno almeno raddoppiate.
Se queste azioni vengono spinte dai pregiudizi quasi mai il loro contributo diventa positivo, ma se anche una piccola attività viene mossa dall’analisi attenta e dalla ragione, allora la situazione cambia notevolmente.
In fondo la cosa importante è che, qualunque sia la persona che lo ottiene, il problema venga risolto nella maniera che ci auspichiamo.

Le alternative all’inceneritore

Un lettore mi scrive chiedendomi quali sono le alternative all’incenerimento dei rifiuti. Per rispondere a questa domanda inizio con le priorità della legge Ronchi (mio omonimo allora dei Verdi) del ’97.

1. Ai fini di una corretta gestione dei rifiuti le autorità competenti favoriscono la riduzione dello smaltimento finale dei rifiuti attraverso:
a) il reimpiego ed il riciclaggio;
b) le altre forme di recupero per ottenere materia prima dai rifiuti;
c) l’adozione di misure economiche e la determinazione di condizioni di appalto che prevedano l’impiego dei materiali recuperati dai rifiuti al fine di favorire il mercato dei materiali medesimi;
d) l’utilizzazione principale dei rifiuti come combustibile o come altro mezzo per produrre energia.

2. Il riutilizzo, il riciclaggio e il recupero di materia prima debbono essere considerati preferibili rispetto alle altre forme di recupero.

Come si legge da questo testo, ed in praticamente tutta la normativa Europea sul settore, dettata dal buon senso, la prima cosa da incentivare è il riuso e la riduzione dei rifiuti. Come seconda cosa bisogna incentivare il recupero di materia e solo in ultima analisi c’è l’incenerimento ed il conferimento in discarica.

Detto questo, la soluzione alternativa all’incenerimento parte dall’applicazione di forme di riduzione dei rifiuti attraverso incentivi per chi ne produce meno. Questo si può fare solamente rendendo la tariffazione del servizio dipendente dal conferimento. Con i cassonetti stradali non c’è nessun incentivo alla riduzione ed alla raccolta differenziata, ed i cittadini pagano anche i rifiuti che producono le attività commerciali.

Con la raccolta porta a porta, invece, per prima cosa si evita di mescolare la produzione dei rifiuti urbani delle famiglie con quelli delle attività commerciali/artigianali/produttive.
Se si inserisce la tariffazione puntuale, i cittadini iniziano ad acquistare intelligentemente i prodotti che contengono meno rifiuti da smaltire, oppure sono realizzati con materiali che si riescono a separare facilmente. Questo perchè si paga solo l’indirifferenziato, che non ha valore come materia e può essere smaltito solo con incenerimento e discariche.

I risultati:
Attraverso la raccolta tramite cassonetti stradali il massimo risultato possibile di raccolta differenziata è il 30-35%. La RD costa di più perchè i suoi costi sono aggiuntivi a quelli della costruzione degli impianti di smaltimento e di raccolta stradale.
Attraverso la raccolta porta a porta, come dimostra anche la sperimentazione di Forlimpopoli, in un mese si raggiungono risultati del 70% almeno, con anche una riduzione dei rifiuti.
Ha il vantaggio, inoltre, di portare tutti i rifiuti voluminosi e potenzialmente pericolosi (frigoriferi, materassi, televisori, pc, …) allo smaltimento corretto (gratuito) e non assimilato agli altri rifiuti urbani.
Da un documento di federambiente (la federazione delle società di servizi che gestiscono lo smaltimento dei rifiuti), che non è una associazione ambientalista, si vede che la raccolta differenziata costa di meno dello smaltimento tramite termovalorizzazione se supera il 50%, quindi anche i costi sono a favore del porta a porta (e lo dice chi punta a costruire gli inceneritori).

Vi consiglio di leggere il documento di presentazione dei risultati del Consorzio intercomunale Priula, che lavora con il porta a porta da anni ed ha ottenuto ottimi risultati. Abbiamo invitato più volte i responsabili del Priula anche prima delle elezioni del 2004, per dimostrare che una alternativa all’inceneritore era possibile, ed anche nel febbraio del 2005 nel convegno che ho organizzato come gruppo consiliare del Comune di Forlì.

Documento risultati raccolta differenziata Consorzio Intercomunale Priula

Spero di essere stato utile, anche se questo argomento è stato ripetuto centinaia di volte in tutte le assemblee, se qualcuno ha ancora dei dubbi è utile farne un riassunto.

Appronfondimenti:
Legge Ronchi ’97 sui rifiuti

Per il rilancio a costo zero del paese (lettera aperta sul cip6)

Ho aderito all’appello di Francesco Meneguzzo e Iacopo Fo sugli incentivi alle energie rinnovabili, che allego in calce. Fate altrettanto e pubblicizzatelo!

Di Francesco Meneguzzo coordinatore tecnico Energia e Innovazione dei Verdi e Jacopo Fo presidente della Libera Università di Alcatraz

Mentre ci si affannava sulle virgole delle cifre di una manovra Finanziaria in cui, come sempre, gran parte dei flussi di denaro prescindono dalla produzione materiale dei beni, un piccolo gruppo di Senatori, guidato da Loredana De Petris e Tommaso Sodano, riusciva a ottenere quello che era impensabile fino a pochi mesi fa: che fossero finalmente cancellate le illegittime – perché in contrasto con le norme Comunitarie – incentivazioni alla produzione di energia elettrica da fonti che non siano rinnovabili, come le così dette fonti “assimilate”, per esempio i rifiuti non biodegradabili, i bitumi e gli scarti di raffineria, lo stesso gas naturale fossile purché si utilizzi il calore generato nella produzione elettrica (cogenerazione).
Uno scherzo, questo, che non è durato poco: iniziato nel 1992 con la delibera “CIP 6”, fondata sulla Legge 10 del 1991, ha consentito in 15 anni la destinazione di circa 40 miliardi di Euro attualizzati a fonti che niente hanno a che vedere con il sole, il vento, l’acqua, la geotermia, riservando a queste fonti soltanto il 20 per cento circa delle risorse complessive.
Ogni due mesi i cittadini italiani hanno sovvenzionato senza fiatare, per mezzo della bolletta elettrica, gli inceneritori di rifiuti e i gassificatori degli scarti del petrolio, quasi 4 miliardi di Euro nel solo anno 2005: tutto questo, credendo in buona fede di finanziare le fonti rinnovabili!!!
Intanto, dato che funzionava, la truffa si è fatta ancora più raffinata, concedendo all’elettricità prodotta dai rifiuti di plastica e gomma, il così detto CDR o combustibile derivato dai rifiuti, e perfino all’idrogeno prodotto a partire da qualsiasi fonte, petrolio, gas e carbone, l’accesso ai Certificati Verdi, titoli negoziabili che in pratica raddoppiano o perfino triplicano il valore dell’energia elettrica prodotta, mettendo impropriamente in competizione le fonti fossili con le fonti rinnovabili.
Grazie – si fa per dire – a questo lunghissimo scandalo, l’Italia è rimasta al palo con la maggior parte delle nuove fonti rinnovabili, in particolare con quella solare fotovoltaica, che è la più promettente, che in Germania e in Spagna, per non parlare del Giappone, degli Stati Uniti, della Cina, ha già prodotto un’economia diffusa e centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro capillarmente diffusi sul territorio, contribuendo al rispetto del Protocollo di Kyoto sui cambiamenti climatici.
Di fronte all’incontrollabile aumento dei prezzi del petrolio e del gas, che soffrono di crisi di approvvigionamento sempre più minacciose, alla minaccia del ritorno in grande stile del carbone, che l’Italia non possiede e che in ogni caso rappresenta la più grave minaccia per la stabilità climatica e ambientale del pianeta, all’improponibile ritorno a un nucleare che non ha risolto uno solo dei suoi problemi, la Legge Finanziaria 2007 poteva offrire una straordinaria occasione, e in parte è stato così: il comma 644-bis e successivi stabiliscono che le incentivazioni, di qualsiasi tipo e salvo deroghe particolarissime, ancora da stabilire, siano destinate alle sole fonti rinnovabili, in accordo con la Direttiva Europea 2001/77/CE (che da anni è stata recepita correttamente dai maggiori Paesi Europei).
L’oscura lobby trasversale dei raffinatori e degli inceneritoristi ha voluto però colpire anche questa volta, e così l’accordo raggiunto tra maggioranza parlamentare al Senato e Governo, di riservare le residue incentivazioni agli impianti alimentati da fonti non rinnovabili “ai soli impianti già realizzati e operativi” si è trasformato, con un colpo di mano pochi minuti prima del deposito della Finanziaria, nella concessione degli incentivi “ai soli impianti già autorizzati e di cui sia stata avviata concretamente la realizzazione”, rimettendo in gioco potenzialmente decine o centinaia di impianti, in maggioranza inceneritori di rifiuti, e ovviamente centinaia di milioni di Euro all’anno!
Di fronte alla clamorosa e coraggiosa protesta dello stesso piccolo gruppo di Senatori e del Ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio, il Governo è stato costretto a tornare sulla questione, impegnandosi a ripristinare la versione originale della norma, ma non subito come con il comma “Fuda” sui reati contabili, piuttosto per mezzo di un emendamento al decreto legge sugli obblighi comunitari, il così detto “decreto mille proroghe” che, emanato il 22 dicembre, dovrà essere convertito in legge entro 60 giorni.
Il Ministro dello Sviluppo Economico, Pierluigi Bersani, si è impegnato infine a non concedere autorizzazioni all’accesso alle incentivazioni ad alcun impianto alimentato da fonti non rinnovabili, fino al ripristino della norma originaria.

NON C’E’ PIU’ BISOGNO, SE MAI C’E’ STATO, DI FINANZIARE LE ENERGIE SPORCHE, NE’ L’INCENERIMENTO DEI RIFIUTI: LE TECNOLOGIE DI OGGI CONSENTONO DI PRODURRE TUTTA L’ENERGIA E GESTIRE I RIFIUTI IN MODO EFFICIENTE E SENZA PREGIUDICARE L’AMBIENTE, IL CLIMA E LA SALUTE.

CHIEDIAMO AI PARLAMENTARI TUTTI E AI MEMBRI DEL GOVERNO DI VIGILARE SENZA CONCEDERE SCONTI SUL RISPETTO DEGLI IMPEGNI PRESI, PER LA SALUTE, L’AMBIENTE, IL LAVORO:
PER IL BENE DELL’ITALIA !!!

Aderisci all’appello:
http://www.jacopofo.com/?q=node/2437

Il Governo propone un emendamento su Cip6

“Bene l’emendamento del governo che corregge il testo della Finanziaria su Cip 6, ripristinando quello originario deciso dalla maggioranza in Senato”. Lo affermano la senatrice dei Verdi Loredana De Petris ed il capogruppo alla Camera Angelo Bonelli. “In questo modo si fa chiarezza sul sistema degli incentivi, ribadendo finalmente che d’ora in poi potranno essere dati solo alle fonti davvero rinnovabili, applicando così correttamente la Direttiva europea, e facendo salvi – come si era stabilito in Senato – solo i contratti per impianti già realizzati ed operativi, e non tutti quelli autorizzati. Dopo questa dovuta correzione – proseguono gli esponenti del Sole che ride – si comincia ad eliminare l’anomalia tutta italiana che permetteva di dare incentivi, pagati dagli utenti nelle bollette, alle cosiddette fonti assimilate, cioè inceneritori, centrali a carbone, ecc., fonti tutt’altro che pulite. Una anomalia che ha fatto sì che l’Italia fosse estremamente arretrata sull’energia prodotta da fonti rinnovabili”.

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