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Smetti di vivere nel passato

Anche Microsoft si è accorta che troppa gente continua ad utilizzare Internet Explorer 6.

Non è solo un problema di vecchiaia, ma di sicurezza e di usabilità del web: continuando ad utilizzare questo programma vecchio di 10 anni si rischiano virus e truffe informatiche.

E’ ora di aggiornarsi, le alternative migliori non mancano:

Ringrazio Alessandra per la segnalazione del sito del countdown di Microsoft.

Di chi sono i miei dati?

Il tema che ho pensato di portare al nanosocial #2, sul quale certamente scriverò ancora almeno per parlare delle mie impressioni, è il problema della disponibilità dei nostri dati inseriti sulle applicazioni web.
Penso che il futuro vedrà spostare tutti o quasi i nostri programmi sul web, che potranno essere utilizzati da qualsiasi dispositivo mediamente “intelligente”.
Scompariranno, almeno parzialmente, i file sul nostro computer.
Questo in parte per qualcuno è già vero, basta pensare alle foto caricate su flickr e magari salvate malamente ed in maniera disorganizzata su supporti deperibili (anche gli Hard Disk lo sono).

Tutti questi servizi web, però, non offrono la garanzia nelle proprie clausole di utilizzo della futura disponibilità dei nostri dati, e quando forniscono delle funzionalità per scaricarli non sono comode e non sono complete (tornando all’esempio di Flickr, si possono prelevare le foto ma non le note ed i commenti, o le discussioni, o gli elenchi di amici).

Con Facebook si arriva al paradosso di non poter scaricare la propria rubrica di indirizzi e mantenerla per più di 24 ore: si violerebbero i termini del contratto.

Twitter si riserva il diritto di modificare o terminare il servizio per qualsiasi ragione, senza nessuna notifica ed in qualsiasi momento.

Tra le possibili soluzioni sicuramente non è molto percorribile il mantenimento dei propri dati a casa propria (non si potrebbero utilizzare tutti i vantaggi della loro disponibilità online & everywhere).

Una proposta potrebbe essere quella di sottoscrivere un contratto/patto con il fornitore del servizio che permetta ALMENO queste possibilità:
– le modifiche ai termini del contratto devono essere notificate per tempo
– possibilità di stabilire nel dettaglio quale licenza d’uso dei propri dati utilizzare
– possibilità di scaricare in qualsiasi momento tutti i dati frutto della propria attività sul servizio. Non solo quindi le foto o le note, ma anche i contatti, le note, e via dicendo.

Serve un metodo che dia la possibilità a chi fornisce il servizio di garantirsi uno spazio commerciale grazie al valore aggiunto che crea, non grazie all’impossibilità di scegliere alternative.

Troppo spesso dimentichiamo che chi fornisce il servizio è un privato, quindi è in casa sua che andiamo ad inserire contenuti. Questo giustamente può fare quello che vuole: chiuderci la porta, chiudere il servizio, cambiare costi e modalità di fruizione.

Oggi sarebbe impensabile avere una casella postale o una cassetta in banca e vedersela chiudere senza poterne ritirare i contenuti. Nella stragrande maggioranza dei servizi web questo invece potrebbe accadere senza tutela dal punto di vista legale.

E’ una cosa che può starci bene per un insieme di informazioni che riteniamo senza importanza, ma certamente non dovrebbe essere trattata con la leggerezza attuale di chi (compreso il sottoscritto) accetta termini di servizio senza prestare nessuna attenzione, perché tanto “lo usano o lo fanno tutti”.

Nel limite del possibile penso che sia più “sicuro” inserire quello che ci sta più a cuore in un nostro dominio, e legarlo ai social network attraverso ponti che mettano in correlazione i contenuti. Ad esempio pubblicando automaticamente su flickr le foto già inserite su una gallery privata, o pubblicando su twitter le note alimentate da un miniblog.

L’avvocato Antonino Attanasio ha proposto una diversa composizione societaria per le aziende che offrono servizi di questo tipo in modo che anche quella sia “sociale” come il servizio che pretende di offrire. Penso che abbia centrato il problema e spero che ne approfondisca l’analisi per poterla linkare: sicuramente una fondazione o una cooperativa permetterebbero una maggiore sicurezza sulla democraticità del futuro del business legato al servizio.

Penso inoltre che i piccoli mono-poli dei servizi web odierni possano ri-trasformarsi di nuovo in una rete di poli che dialogano tra loro, nella quale non importa quale galleria di immagini utilizzi, avrai comunque la possibilità di interagire con gli altri.

In fondo la rete è nata per resistere al crollo di una sua parte, e penso che nessuno auspichi un futuro nel quale 2-3 grandi aziende (se non una sola) possiedano tutto ciò che è direttamente o indirettamente remunerativo, in assoluta anti-concorrenza ed in una gabbia che limita le libertà dell’utente anche sull’utilizzo del frutto del proprio tempo.

Ci siamo liberati di Microsoft perché la parte della nostra vita che aveva in mano era comunque piuttosto limitata. Potremo liberarci di chi può fare qualsiasi cosa dei nostri ricordi, dei nostri contatti, dei nostri documenti o conti bancari, delle basi del commercio online?

Il Pentagono sceglie l’open source

Anche se la causa di questa scelta è stato il pagamento di 500’000 dollari da parte di SuSe Linux per poter testare il proprio prodotto (quindi non proprio un’indagine disinteressata) , la notizia è comunque positiva.

Da vita:

Linux, il sistema operativo interamente gratuito e aggiornabile ha infatti ottenuto l’approvazione delle autorita’ americane per essere installato anche sui computer di agenzie impegnate in attivita
Il Pentagono sceglie l’open source. Linux, il sistema operativo interamente gratuito e aggiornabile ha infatti ottenuto l’approvazione delle autorita’ americane per essere installato anche sui computer di agenzie impegnate in attivita’ sensibili, come quelle del Dipartimento della Difesa e sugli elaboratori di banche e istituzioni finanziarie.
A dare il via libera verso le stanze del potere al primo software per la gestione informatica ampliato e modificato grazie al libero intervento di esperti di tutto il mondo connessi via web, e’ stata la Common Criteria, agenzia governativa statunitense che ha rilasciato al suo indirizzo la certificazione di sicurezza affinche’ il sistema possa essere montato su computer utilizzati in ”missioni critiche” comprese quelle degli agenti segreti e delle istituzioni chiamate a gestire le attivita’ di difesa statunitensi.

Capace di strappare la certificazione per un grado di sicurezza da ”basso a moderato”, il pinguino più famoso al mondo segna un punto a favore nella sua rincorsa a Microsoft e al suo sistema operativo Windows (che detiene una certificazione per un grado di sicurezza da ”moderato ad alto”).

L’approvazione di Linux anche per materie sensibili, non e’ giunta per tutte le versioni del programma: l’unica a raggiungere l’importante risultato e’ quella distribuita dalla societa’ tedecsa SuSe Linux operativa su computer della Ibm, la quale ha pagato 500.000 dollari per testare sulle proprie macchine il sistema operativo. Dopo il via libera della Common Criteria, il software potra’ fare la propria comparsa sugli elaboratori delle banche e su quelli degli istituti di ricerca: in potenza milioni di clienti.

Il link della notizia:
http://www.vita.it/

Linux preinstallato nei desktop HP

HP ha introdotto (negli USA) un PC pensato per la piccola e media impresa con Linux Mandrake 9.1 preinstallato, Il modello si chiama HP Compaq Business Desktop d220 Microtower e nella versione base monterà una CPU Intel Celeron 2.0-gigahertz, Harddisk da 40-gigabyte e 128-megabyte DDR SDRAM con costo di circa $349. Sono disponibili anche modelli più potenti.
È la prima volta nella storia che uno dei maggiori produttori di PC annuncia la disponibilità di un PC Desktop con Linux preinstallato. Probabilmente questo momento segna l’inizio della fine del monopolio Microsoft in ambito Desktop.

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