Agricoltura

L’equita’ in mostra ad Ancona

Eco&Equo nasce il 20 novembre prossimo ad Ancona. Si parla e si esponde sul tema dell’equità dello sviluppo e del commercio insieme alla diffusione di pratiche e politiche meno insostenibili per il nostro pianeta.

Numerosi i convegni di rilievo, non ancora ad oggi presenti sul sito della fiera. Vi svelo in anteprima (ne sono coinvolto in prima persona) i temi: acqua, petrolio, commercio equo, OGM, agricoltura biologica.

Chi vuole visitare la fiera ha tutti gli elementi sul sito e l’ingresso libero a richiesta. Mandate pure un email o lasciate un commento con un vostro recapito telematico ;-) Sponsor: WWF Italia.

L’economia del nobile sentiero: ripensare alla globalizzazione/2

Il workshop punta di diamante della tre giorni di Rimini è stato senza dubbio quello su “Acqua o petrolio? I beni della natura vivente non hanno acquirenti”.
Ospite d’onore Lester Brown, noto ai più per essere il curatore dello “State of the World”, pubblicazione annuale del World Watch Institute sullo stato di salute del pianeta Terra, pubblicato in Italia da Edizioni Ambiente.

Lester Brown ha incentrato le sue preoccupazioni ambientali per il futuro che ci attende puntando l’attenzione sull’acqua e sul cibo, oltre che sul riscaldamento globale.
In questo momento Cina, USA e India, i granai del mondo, fondano la propria agricoltura si un eccesso di pompagio delle falde ad uso irriguo. Ad aggiungersi quindi alla crisi idrica prossima ventura c’è il riscaldamento globale. Un grado di aumento della temperatura media porta ad una riduzione stimata della produzione di granaglie a livello mondiale del 10%. L’indicatore economico simbolo del 21esimo secolo non sarà più il PIL o il DOW Jones ma il prezzo del cibo. I segni di questo giro di boa si stanno già manifestando. La Cina ha raggiunto del 1999 il picco della sua produzione e da allora sta cominciando a rivolgersi al mercato per il suo fabbisogno interno.

Tre sono gli ambiti sui quali intervenire prima di giungere al punto di non ritorno: l’aumento della produttività, la riduzione della crescita demografica mondiale e la ricerca di una stabilità politica.
Ridurre i consumi dell’acqua è possibile. Per farlo è necessario secondo Lester Brown dare il giusto prezzo alla stessa e attivare nuove pratiche irrigue volte al risparmio, privilegiano le colture di qualità che richiedono meno acqua, insieme ad una revisione complessiva dei processi industriali.
La popolazione. Secondo lo scenario medio ONU al 2040 sulla Terra saremo in 7,4 miliardi. Per avere un ambiente salvaguardato è indispensabile garantire all’uomo un ambiente sociale favorevole con servizi sanitari ed educazione almeno a livello base.

Energia, economia e politica internazionale sono stati i temi della conclusione di Lester Brown.
Sull’energia si deve puntare massicciamente sull’eolico (gli ambientalisti italiani dovrebbero ascoltare bene) perché ha caratteristiche uniche (ne ha dette sei ma me ne ricordo solo cinque): abbondante, economica, pulita, diffusa, senza emissioni. Il passo successivo saranno le celle a combustibile.
Stoccata pure all’economia che non comprende al suo interni i costi ambientali, falsando il gioco. Se il capitalismo collasserà, lo farà perché non dice la verità ecologica.
Cambiare si può? Sarà costoso? La risposta positiva è data da un parallelismo con gli anni ’40. Nel 1942 gli USA, per far fronte all’ingresso in guerra, in poco tempo modificarono il proprio sistema industriale civile per la produzione di veicoli e attrezzature belliche. Lo stesso, con la volontà, si potrebbe fare oggi, per sterzare verso tecnologie e produzioni in grado di essere meno insostenibili.
Ultimo pensiero per il terrorismo. Secondo Brown (come smentirlo?) Bin Laden avrà vinto la sua partita se avrà successo nel distogliere la nostra attenzione dai problemi veri dello sviluppo economico e della sua incompatibilità con il sistema naturale. Non possiamo permetterglielo.

L’agricoltura al Vertice

I negoziati portano a galla la questione del doppio standard: i paesi del Nord, Usa in testa,si dichiarano liberisti ma sovvenzionano i propri agricoltori. E per di più quelli del Sud devono fare i conti anche con l’invasione del transgenico
Il diario di Legambiente

da Cancùn
Emanuele Profumi

Dopo la morte del sindacalista sudcoreano Il movimento ha ripreso le attività assembleari con il segno del lutto al braccio. Tutti si chiedono se dopo le dichiarazioni del G21 (l’unione dei paesi poveri che ha rifiutato le proposte di Usa e Ue), i negoziati sull’agricoltura siano a un punto morto. Ieri mattina
Cancun, il corteo
alla fine della conferenza stampa dei G9 – gruppo formato da alcuni paesi del Nord del mondo (come Israele e Svizzera) e da alcuni paesi poveri (come la Bulgaria) – Joseph Deiss, delegato del governo svizzero e coordinatore del gruppo, ci spiega: «La maggiore differenza tra noi e il gruppo del G21 riguarda le questioni delle riduzioni tariffarie e dell’accesso al mercato. Per noi, per esempio, nelle trattative è centrale la questione degli standard ambientali. Tuttavia siamo completamente d’accordo sulla loro posizione in merito alla liberalizzazione delle esportazioni: i governi non devono sovvenzionarle con i sussidi». Confermando così le divisioni profonde tra i 146 paesi che partecipano al Wto rispetto alle regole per il governo mondiale del mercato agricolo.

A fine mattinata invece, alcuni paesi africani (Benin, Burkina Faso, Ciad e Mali) hanno tenuto una conferenza stampa sul problema specifico del cotone: le loro economie, fortemente sostenute da quest’attività, sono in crisi a causa delle sovvenzioni del governo Usa alle proprie piantagioni, che ammontano a una cifra pari al Pil di tutti i paesi africani produttori di cotone. Oltre 10 milioni di persone che in Africa occidentale dipendono dalla questa coltivazione pagano le conseguenze di questa situazione. David Casablanca, portavoce spagnolo di Oxfam, l’associazione di Ong impegnata nel chiedere un cambiamento delle politiche e delle relazioni internazionali nel segno dell’equità, ritiene che «quello che accade tra gli Usa e le quattro nazioni africane è il termometro di quello che potrà avvenire più in generale nei negoziati agricoli». Per adesso i paesi africani e la Oxfam stanno esercitando la propria pressione sulla presidenza del Wto affinché convinca gli Usa a ridurre o eliminare le proprie sovvenzioni. Ma la superpotenza fa orecchie da mercante e nella conferenza stampa pomeridiana non lancia alcun segnale di apertura.

Ma proprio in quella sede un gruppo di attivisti di Greenpeace ha interrotto la conferenza leggendo un documento che confermava l’entrata in vigore del protocollo di Cartagena sulla “biosafety”, la biosicurezza, che impedisce ai paesi che la sottoscrivono esportare prodotti transgenici. Il blitz, concluso con un pugno di mais messicano “ogm free” lanciato sul tavolo della conferenza, è servito anche a denunciare la “biopirateria” della multinazionale del biotech Monsanto, che impone la vendita di mais modificato al Messico. Sul tema degli organismi geneticamente manipolati ai negoziati di Cancun si sta fra l’altro consumando una nuova puntata dello scontro Usa-Unione Europea. Gli Sati uniti infatti hanno denunciato lŽUe al Wto perché la scelta di Bruxelles di applicare il principio di precauzione impedisce di fatto la vendita di prodotti Usa.

Ogm, nuove norme sulla biosicurezza

Le nazioni che intendono trasportare organismi transgenici «dovranno darne notifica al paese che li importa». Questa la prescrizione principale del protocollo di Cartagena, in vigore da ieri

L’Unione europea più protetta dai rischi che l’ambiente e la salute umana possono correre per l’uso di Organismi geneticamente modificati. È entrata in vigore ieri una normativa internazionale sulla biosicurezza, il protocollo di Cartagena, che offre un quadro legale per il trasporto transfrontaliero di Ogm.

Le nazioni che intendono trasportare
Biotech: contestazioni a Bionova
organismi transgenici «dovranno darne notifica al paese che li importa», con lo scopo – secondo quanto riporta un comunicato della Commissione Ue – di «fornire informazioni necessarie a permettere allo stato importatore di prendere decisioni adeguate» al riguardo.

«Il protocollo di Cartagena stabilisce un insieme di regole internazionali fondamentali sugli Ogm» ha spiegato il commissario Ue per l’ambiente, Margot Wallstrom. Anche i paesi in via di sviluppo ne trarranno vantaggio, «dato che spesso – ha concluso il commissario – non hanno le risorse per valutare i rischi legati alle biotecnologie”.

Sono 57 gli stati che hanno aderito finora e l’Italia non ha ancora ratificato l’accordo. «Chiediamo al governo di ratificarlo al più presto – riferisce Federica Ferrario di Greenpace – augurandoci che la questione Ogm non rientri dalla finestra a Cancun, visto che l’agricoltura è il tema dominante dei negoziati».

Il Wto non è secondo Greenpeace l’istituzione appropriata per giudicare sugli accordi internazionali e non dovrebbe allargare le sue competenze. «Il Wto promuove il libero commercio a tutti i costi ignorando la protezione dell’ambiente – prosegue Ferrario – Ogni discussione sulle relazioni tra ambiente e commercio all’interno dei negoziati può finire solo con l’ambiente subordinato ai principi neoliberisti».

12 settembre 2003
Raffaele Lupoli

Biologico. Torna “Sana”: cibi, vestiti ed eco-case in mostra

Riapre i battenti oggi, e fino al 14 settembre, a Bologna “sana”, la grande “piazza del mercato naturale”. Secondo le previsioni degli organizzatori ben 85.000 visitatori prenderanno d’assalto la 15 edizione della manifestazione dedicata al biologico e tutto quanto e’ amico dell’ambiente: 17 padiglioni, per 90.000 metri quadrati con 1.600 espositori in arrivo da 34 nazioni. Il campionario in esposizione racchiude tutto il mondo del benessere a 360 gradi: dall’alimentazione bio, alla medicine naturali, all’ambiente, ma anche la bioedilizia, la moda ecologica e i giocattoli “sicuri”. Un grande mercato su cui puntare a giudicare dai dati snocciolati in previsione dell’evento. La crescita del mercato dell’alimentazione bio
nel mondo, ad esempio, e’ del 15% annuo. Ha toccato nel 2002 i 29 miliardi di euro, di cui 13 in Europa, 11 negli USA e 5 in Giappone. La 15 edizione di “Sana” strizza l’occhio, dunque, al mercato internazionale portando in fiera una nutrita presenza di espositori e operatori provenienti da tutto il mondo. Quest’anno per la prima volta anche una novita’ d’oltreoceano: avra’ luogo a New York, il 3 e il 4 novembre 2003, la prima edizione di Sana-USA, “first organic and typical italian quality food and wine expo”. Sette sono i padiglioni che “Sana” dedica all’alimentazione biologica, radice storica della manifestazione. Qui le aziende espositrici presentano a pubblico e operatori un campionario incredibilmente vasto di prodotti biologici e tipici certificati. L’italia, spiegano gli organizzatori di “Sana”, riveste un ruolo leader nella produzione bio in Europa con circa 1,2 milioni di ettari dedicati all’agricoltura biologica, pari al 25%
dell’intera produzione europea e seconda al mondo dopo gli Stati Uniti. Grande fermento anche nella ristorazione collettiva: i dati riportati registrano infatti 522 mense scolastiche bio (delle quali il 9,5% utilizza interamente o almeno al 70% ingredienti bio) e 176 ristoranti bio (ovvero che utilizzano al 50% ingredienti bio). Ampio spazio al commercio equo e solidale, a cui e’ dedicata un’apposita area espositiva e il convegno dal titolo: “commercio equo e solidale nel mondo: l’impatto economico e la responsabilita’ sociale delle imprese”. Cinque padigioni, poi, sono riservati alla salute e alle medicine naturali comprensivi di tutte le diverse tecniche cosiddette “alternative” alle cure tradizionali. “sana” stima che, nel mondo, l’80% dell’intera popolazione fa ricorso a terapie
non convenzionali. Nell’area tematica dell’ambiente sono presentate invece le tendenze di un approccio ecologico del vivere, ossia le tecnologie che adottano combustibili eco-compatibili e fonti di energia rinnovabile, come il fotovoltaico, eolico e biomassa. Altre soluzioni arrivano dalla bio-architettura che, attraverso il recupero paesaggistico, integra materiali, strutture, impianti, arredi, in armonia con le caratteristiche del luogo. La bioedilizia rappresenta infatti un settore in forte crescita nel nord est, in trentino alto adige e nelle grandi citta’, registrando piu’ di 700 aziende certificate per l’eco-sostenibilita’ con l’obiettivo di arrivare a quota 6.000 nel 2005.

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