pericolo

Greenpeace: Alcune aziende hanno annunciato l’eliminazione dei composti pericolosi

Roma, 23 Novembre 2004 – Alcuni grandi produttori hanno deciso di eliminare i composti tossici dai loro prodotti, dalle scarpe sportive ai giocattoli, dai cellulari ai prodotti per la cura del corpo. “È la dimostrazione che esistono alternative più sicure a numerosi composti tossici che invece continuano ad essere ampiamente usati, nonostante la loro capacità di bioaccumulo: attraverso una serie di analisi li abbiamo trovati nell’acqua piovana, nella polvere domestica e perfino nei beni di consumo” afferma Vittoria Polidori, responsabile campagna Inquinamento di Greenpeace.

Ambiente: Ecoasfalto riduce inquinamento del 50%

(ANSA) – MILANO – Una riduzione dell’inquinamento atmosferico del 50 per cento e’ stata rilevata in via Morandi a Segrate (Milano) grazie alla pavimentazione ecologica con cui la strada e’ stata rivestita. Sono gli ultimi risultati della sperimentazione sugli effetti dell’ ‘ecorivestimento’, lo speciale materiale con il quale sono stati trattati 7 mila metri quadrati di via Morandi, e che e’ iniziata lo scorso inverno. L’esito di quest’ultimo test, eseguito da un’azienda con la collaborazione di Italcementi, risale alla fine di luglio e la prossima settimana verra’ comunicato, per la ratifica, all’Arpa della Lombardia. ”L’ecorivestimento – ha spiegato Claudio Terruzzi, titolare dell’azienda specializzata – e’ un prodotto a base di cemento che, grazie all’attivita’ della luce, e’ in grado di trasformare le sostanze inquinanti organiche ed inorganiche, le polveri sottili e quelle secondarie piu’ pericolose, in sali minerali innocui”. Terruzzi ha anche precisato che l’ecorivestimento e’ gia stato utilizzato, sempre in via sperimentale, in tre appartamenti perche’ ”e’ anche attivo contro il monossido di carbonio, il fumo di sigaretta e le sostanze che provengono dall’esterno quando si aprono le finestre”. I risultati delle rilevazioni compiute nei tre appartamenti e resi noti dall’Arpa il primo settembre, hanno accertato una riduzione dell’inquinamento atmosferico del 47 per cento. Due invece sono stati i test in via Morandi: il primo eseguito sempre dall’Arpa l’inverno scorso e in determinate condizioni atmosferiche ha rilevato un abbattimento dell’inquinamento del 14 per cento (i dati sono stati pubblicati a maggio). Il secondo, come ha precisato Terruzzi, e’ stato svolto dall’azienda in collaborazione con l’Italcementi in estate, usando apparecchiature certificate dal Cnr: a fine luglio e’ stato certificato un abbattimento dell’inquinamento del 50 per cento. (ANSA). RED

Diritti cyber, dopo l’EUCD incombe l’IPED

Vi siete fatti delle belle vacanze? Pare che Settembre riserverà per voi tutte le sorprese che volevate non aspettarvi….

Dal sito dell’associazione Software libero:

L’11 settembre 2003 la commissione JURI del Parlamento europeo discute la Direttiva Intellectual Property Enforcement Directive, che richiede forme di criminalizzazione della cosiddetta violazione della proprietà intellettuale.

Appoggiamo la campagna di CODE, Coalition for an Open Digital Environment, tesa a far conoscere i rischi di questa nuova proposta di direttiva nonché a chiedere ai parlamentari europei la non approvazione.

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COMUNICATO STAMPA

Un nuovo acronimo contro i diritti digitali: dopo l’EUCD arriva l’IPED

L’Associazione Software Libero chiede il rifiuto della Direttiva per il Rafforzamento della Proprietà Intellettuale

Un altro rischio incombe sull’Europa: dopo l’EUCD arriva l’Intellectual Property Enforcement Directive (link), una nuova direttiva nel cui testo sono presenti concetti e precetti pericolosi non solo per il software
libero.

Il prossimo 11 settembre la commissione JURI del Parlamento Europeo discuterà una Direttiva (Intellectual Property Enforcement Directive)
che richiede forme di criminalizzazione della cosiddetta violazione della proprietà intellettuale.

Col termine “proprietà intellettuale” si comprendono discipline giuridiche molto diverse fra loro, come il copyright, i brevetti, i marchi, i nomi a dominio Internet, le quali comportano problemi e richiedono tutele nient’affatto uniformi. L’effetto di uniformare queste discipline, addirittura dal punto di vista penale, è di ridurre drasticamente le libertà civili dei cittadini europei, rendendo oltretutto legalmente rischiose le attività legate all’innovazione e alla competizione tecnologica.

In questi giorni una coalizione internazionale di associazioni e gruppi hanno avviato una campagna (CODE, Coalition for an Open Digital Environment) tesa a far conoscere i rischi di questa nuova proposta di direttiva nonché a chiedere ai parlamentari europei la non approvazione.

Sul sito della campagna http://www.ipjustice.org/code.shtml è possibile leggere la lettera spedita da questa coalizione ai parlamentari che fanno parte della commissione chiamata l’11 settembre prossimo a discutere ed eventualmente approvare questa direttiva.

L’Associazione Software Libero condivide tutte le preoccupazioni espresse dalla coalizione e rimarca come ancora una volta con questa direttiva, come con la precedente EUCD, si danneggiano i cittadini.

Anziché limitarsi a colpire chi trae illegalmente profitto dalle violazioni del diritto d’autore, si colpiscono gli utenti, declassandoli dal ruolo di cittadini a quello di clienti privi di diritti, condannandoli ad una fruizione arbitrariamente limitata delle opere e minacciando la loro riservatezza. Come se non bastasse, la direttiva minaccia lo sviluppo della concorrenza e dell’innovazione nel mercato dell’informazione digitale.

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Comunicato stampa: brevetti software in Europa? no, grazie

Il Parlamento Europeo, sollecitato dalla BSA, a settembre valuterà la proposta sulla brevettabilità delle innovazioni software. L’Associazione Software Libero esprime un parere negativo sulla proposta di direttiva che, con la scusa di armonizzare il sistema brevettuale europeo in materia di software, di fatto sovverte i dettami della Convenzione Europea sui Brevetti, introducendo la brevettabilità del software e dei metodi commerciali.

Come già dimostrato negli Stati Uniti, il sistema brevettuale, che è stato esteso al software da 20 anni, ha rallentato l’innovazione invece che incoraggiarla, spostando i fondi destinati originariamente a ricerca e sviluppo verso i dipartimenti legali delle grosse multinazionali che si occupano a tempo pieno di costose cause brevettuali (riferimenti). Un tale sistema imporrebbe degli oneri eccessivi per le piccole e medie imprese europee, vero motore dello sviluppo software continentale, e le renderebbe succubi di quelle poche grosse aziende, in maggioranza extraeuropee, che posseggono grandi portafogli di brevetti software.

Come sostenitori del software libero riteniamo pericolosa tale proposta, perchè introduce ostacoli insormontabili alla creazione di software, sia libero che proprietario, sia se ceduto gratuitamente che dietro pagamento. Inoltre, per le licenze libere, non esiste la possibilità tecnica di gestire il pagamento di eventuali royalty per copia, essendo le copie libere, e spesso neanche di eventuali costose licenze una tantum.

Ogni autore di software, libero o meno, è esposto al rischio di dover elaborare soluzioni tecniche che non siano coperte da alcun brevetto software, rendendo estremamente complesso ed oneroso il processo di ideazione del software se non del tutto impossibile; spesso infatti il processo di brevettazione del software va a coprire il problema nella sua interezza piuttosto che la soluzione, rendendo impossibile operare nel settore coperto dal brevetto senza violarlo.

La genericità con cui le idee vengono descritte e brevettate (vedi ad esempio il metodo di ordine con un click di Amazon) richiede pochi sforzi, se si hanno a disposizione abbastanza fondi, per brevettare i metodi più banali. In tal modo l’istituto della brevettazione, nato per stimolare l’innovazione in settori in cui essa costa molto, diventa nel settore del software una lotteria che va a beneficio di poche aziende. Inoltre la banalità dei brevetti concessi impone notevoli sforzi per elaborare qualcosa di alternativo e, soprattutto, richiede la completa conoscenza di quanto già brevettato, ovvero decine di migliaia di brevetti europei già esistenti e depositati, pur se attualmente non legali.

Maggiori informazioni sui brevetti software alla pagina , gestita dalla FFII (Foundation for a Free Information Infrastructure).

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