Rifiuti

L’incenerimento del dibattito

Mentre scrivo questo articolo si è avviato un percorso di confronto con la cittadinanza sul problema dell’incenerimento dei rifiuti e della loro gestione. Un ciclo di assemblee pubbliche che toccano tutte le circoscrizioni sulla questione più discussa in questo primo anno e mezzo di nuova amministrazione.

Questi incontri avvengono dopo la presentazione delle centinaia di firme dei medici di Forlì contrari all’impianto, dopo il dibattito pubblico al Palafiera con Grillo e Fo, e dopo la raccolta di più di 17’000 firme a favore di una diversa gestione dei rifiuti.

Mentre in città, quindi, si discuteva e si richiedeva da più fronti uno studio approfondito di tecnologie innovative, l’iter dei nuovi impianti non si è fermato, scavalcando anche un importante documento firmato da tutti i capigruppo di maggioranza, voluto e promosso dal Gruppo Consiliare dei Verdi. Il documento, reso pubblico nel Settembre del 2004, richiedeva una discussione tramite Agenda 21 del piano di gestione dei rifiuti, che doveva essere approvato prima di ogni ulteriore autorizzazione. Come è noto questo non è stato fatto e gli iter autorizzativi sono andati avanti senza un adeguato controllo politico, ignorando il risultato delle assemblee pubbliche effettuate in Provincia.

Allo stesso modo è stato ignorato il parere contrario dell’AUSL e del Comune, dato in sede di Valutazione di Impatto Ambientale, basato sulla considerazione che il nuovo impianto è peggiorativo rispetto al precedente riguardo le emissioni pericolose per la salute dei forlivesi. I paragoni alle automobili catalitiche, quindi, sono assolutamente fuoriluogo e vengono espresse in malafede o nella assoluta ignoranza della documentazione di VIA.

Durante la prima assemblea pubblica è stato presentato un documento congiunto firmato da diverse associazioni e partiti, che chiede di mettere in pausa gli iter dei nuovi impianti di incenerimento, per aprire un vero percorso di partecipazione democratica. Il documento completo si può trovare anche sul mio sito, www.alessandroronchi.net∞, dove mantengo anche tutta la documentazione relativa all’iter dell’impianto di Hera e del Piano dei Rifiuti Provinciale.

Una soluzione a questo problema, quindi, è possibile: visto che non siamo in emergenza rifiuti e non corriamo il rischio di entrarvi, possiamo fermarci sul fronte della costruzione dei nuovi impianti, fare studi di fattibilità seri sui metodi alternativi, aprire un tavolo tecnico e politico di confronto che soddisfi pienamente le pratiche dei processi partecipativi.

Abbiamo vicino a casa la dimostrazione che quello che chiediamo è possibile, anche con Hera: a Monteveglio, un Comune della Provincia di Bologna, a soli tre mesi dall’introduzione del porta a porta si è ridotta del 35% la produzione di rifiuti, arrivando al 62% di raccolta differenziata. Il costo totale dello smaltimento è stato di circa 573 mila euro, contro i 609 mila del sistema dei cassonetti.

Il problema, quindi, non ha solamente aspetti sanitari, certamente fondamentali, ma anche economici ed energetici.
In questo momento di crisi non possiamo considerare rifiuto quello che è ancora materia prima, o arriverà il momento nel quale sarà difficile riprendere in mano il problema e la programmazione.

La Raccolta Differenziata costa meno.

A fine Febbraio il Gruppo Consiliare dei Verdi del Comune di Forlì ha organizzato un incontro per parlare di raccolta differenziata, per confrontare le esperienze di altre zone d’Italia e poter fare proposte concrete per il nostro Comune.
Una delle considerazioni che spesso vengono portate avanti da chi è contrario alla raccolta differenziata è quella del costo finale per i cittadini.
I maggiori esperti indipendenti che lavorano su questi temi dicono una cosa molto importante: se si applica la raccolta porta a porta ed una tariffa puntuale per i rifiuti urbani, basata cioè sulla produzione dei rifiuti calcolata per ogni famiglia, il costo del servizio diminuisce.
Nelle zone in cui i rifiuti vengono raccolti casa per casa ed il cittadino paga solo per i rifiuti che vuole smaltire, la tariffa dei rifiuti è molto più bassa della nostra. In Veneto, dove lavora il Consorzio Priula, il costo medio per abitante è di circa la metà rispetto a quello che paghiamo noi.
D’altra parte capirne il funzionamento di questo sistema è molto semplice: se tutti pagassimo la benzina in maniera forfettaria e non in base ai nostri consumi reali, faremmo almeno il doppio dei chilometri, con costi enormi per la collettività, sia economici (il costo totale verrebbe comunque riversato su tutti noi) sia sanitari ed ambientali.
La raccolta differenziata fatta con la tariffa puntuale e la raccolta porta a porta, inoltre, sposta una parte importante del costo del servizio dalla costruzione degli impianti di smaltimento (inceneritori e discariche) alla creazione di nuovi posti di lavoro.
In un momento problematico per l’economia come quello attuale, risparmiare i soldi della costruzione degli impianti per assumere personale è una scelta sensata anche anche dal punto di vista sociale.
L’esperienza del Consorzio Priula dimostra che la responsabilità della raccolta differenziata non è imputabile solamente ai comportamenti dei cittadini, ma è una conseguenza diretta di alcune scelte politiche che vengono fatte dalle amministrazioni e dai gestori del servizio.
Alcune scelte politiche possono incentivare le buone pratiche e tutelare l’interesse comune attraverso i comportamenti dei singoli.
Attraverso questi strumenti il cittadino paga di meno, contribuisce alla creazione di qualche posto di lavoro e permette una maggiore tutela della salute pubblica.
Per questo il Gruppo Consiliare dei Verdi di Forlì chiede con insistenza che si applichi questo sistema anche da noi, e che si diano precisi indirizzi in questo senso al gestore del servizio.
I cittadini non possono lasciare decidere della loro salute a chi guadagna in base alla quantità di rifiuti che produciamo ed è necessario lo sforzo di tutti, per discutere insieme la soluzione a questo problema.

Anche Poeta di Rifondazione sul piano dei rifiuti

Anche Poeta, il segretario di Rifondazione Comunista di Cesena recentemente inserito nel consiglio di amministrazione di Hera Forlì-Cesena, ha deciso di dire la sua sul piano provinciale dei rifiuti e sui Verdi.
La posizione di Rifondazione Comunista nella nostra provincia, dalla nomina del 3 Maggio scorso, sembra essere radicalmente cambiata, e quello che è il legittimo tentativo di modificare una politica dei servizi sbagliata diventa un modo per “salvare l’immagine di fronte all’elettorato”.

Se c’è una cosa che può danneggiare i Verdi, non è la linearità della linea politica di fronte ad un tema che ci sta molto a cuore, ma è proprio l’uscita sulla stampa che dimostra difficoltà interne.
Se abbiamo deciso di farlo, significa che le difficoltà e la perdita di credibilità ci interessa meno del tema specifico, sul quale non siamo disposti a sorvolare con leggerezza.

Probabilmente, vista anche la recente presa di posizione dei Comunisti Italiani e di Rifondazione, saremo gli unici.

FORLI’ – Verdi: nuovo strappo all’interno del partito

Questo l’articolo pubblicato da Romagnaoggi:

FORLI’ – Verdi: nuovo strappo all’interno del partito
FORLI’ – “Apprendiamo con grande stupore che uno sparuto gruppo di iscritti verdi, tra cui alcuni con cariche istituzionali hanno firmato un documento che cerca di ricondurre il dibattito interno al partito a una banale diatriba tra due persone: Il Senatore Turroni, portavoce provinciale dei Verdi e l’assessore provinciale Roberto Riguzzi. Niente è più falso”.

L’esecutivo provinciale dei Verdi di Forlì-Cesena prosegue sulla polemica con l’assessore provinciale Roberto Riguzzi, in qualche modo “scomunicato” dal partito per non aver sottoscritto un documento del partito sulla questione del nuovo inceneritore e più in generale sul piano provinciale del Rifiuti (predisposto dallo stesso Riguzzi e contestato dal suo partito).

“Riguzzi negli ultimi tempi ha sempre rifiutato di votare tutti i documenti predisposti dagli organi di partito – osserva l’esecutivo del partito ambientalista -. Dispiace constatare che tra i firmatari vi siano semplici aderenti o componenti il consiglio federale provinciale che non hanno neppure partecipato all’ultima riunione nella quale, all’ultimo momento, l’assessore Riguzzi per evitare un’ulteriore atto di sfiducia nei suoi confronti ha sottoscritto il documento in cui si critrica fortemente il piano da lui predisposto e si indica la strada che ogni aderente al partito dovrebbe perseguire per evitare che si costruiscano nuovi inceneritori senza motivo”.

“Risulta infine – concludono i Verdi – che alcune delle firme apposte sotto il comunicato stampa siano state poste “sulla fiducia” senza che queste abbiano minimamente letto il documento, avvallando però la tesi del tutto falsa che si tratti di uno scontro tra due persone. Il problema è invece del tutto politico, ha coinvolto tutti gli organi del partito e ha visto un voto unanime da parte dell’esecutivo provinciale”.

Ed il rifiuto divenne polvere

In questi anni in Italia abbiamo visto la costruzione di un numero sempre maggiore di inceneritori, spesso chiamati termovalorizzatori per nasconderne l’immagine negativa.
Il fine che porta alla progettazione di questi nuovi impianti è, come al solito, solamente economico.

Il decreto Legislativo del 29 Dicembre 2003, n 387, che aveva il compito di attuare la direttiva europea 2001/77, ha incluso nella lista delle fonti energetiche rinnovabili anche il combustibile da rifiuto, una sorta di selezione della spazzatura ad alto contenuto calorico.
Più semplicemente, visto che in Italia era inesistente una seria programmazione della produzione dell’energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili (come il solare, le biomasse, etc), sono stati inclusi in questa definizione anche gli inceneritori, per avere la possibilità di finanziarli con appositi contributi.

In questo momento, quindi, lo stato spende i nostri soldi per fornire contributi all’incenerimento dei rifiuti (il Cip6), ed investe denaro pubblico per diffondere nella nostra aria polveri sottili ed inquinanti anche cancerogeni.
Questo fatto è gravissimo, e poche persone ne sono a conoscenza: se non ci fossero questi incentivi, non sarebbe economicamente vantaggioso l’incenerimento dei rifiuti.

Come potrete certamente immaginare, se non fosse vantaggioso dal punto di vista meramente lucrativo, le aziende che gestiscono lo smaltimento, le Province, i Comuni e lo Stato stesso sposterebbero la loro attenzione dall’incenerimento alla riduzione dei volumi dei rifiuti ed al potenziamento del recupero di materia con la raccolta differenziata. In aggiunta a tutto questo, per completare il quadro, gli Stati che compongono l’Unione Europea prima o poi interverranno su questo finanziamento pubblico offerto in maniera così contrastante con lo scopo della direttiva. Invece che premiare le fonti rinnovabili, si finanzia l’incenerimento dei rifiuti, e non c’è nessun equilibrio di trattamento economico tra le imprese che operano nei diversi stati dell’Unione.

Il termine stesso utilizzato per questa pratica, termovalorizzazione, è stato coniato da zero e pensato per dare l’idea che un recupero dell’energia sia possibile e vantaggioso. Quando si cerca un nome nuovo per qualcosa che non ne avrebbe bisogno, si sta cercando di aggirare un problema o confondere le idee a qualcuno.
Ora noi compriamo petrolio, produciamo una bottiglia di plastica, la usiamo una volta e la gettiamo, poi la bruciamo. In questo ciclo, lo spreco di energia è immane e l’ultimo passaggio non ci fa recuperare nemmeno il 15% di quella impiegata. Questo non può certamente essere considerato un passaggio positivo, oppure una valorizzazione termica ed energetica.

Capito questo, risulta veramente difficile comprendere alcune politiche di gestione dei rifiuti che non vedono altro che lo smaltimento in discarica dopo la termovalorizzazione. Se queste politiche sono destinate a portare svantaggi anche economici, e certamente non hanno nessun vantaggio per l’ambiente e la salute dei cittadini, non hanno più senso di esistere.
Perché, allora, insistere su questo piano? Probabilmente perché una riduzione della produzione dei rifiuti da destinare allo smaltimento non conviene a chi gestisce questo servizio. Ma questo interesse è palesemente discordante con quello dei cittadini, che devono sapere che esiste una alternativa, già applicata in varie parti d’Italia con successo, che è vantaggiosa sia per le nostre tasche sia per la nostra salute.

Altrove i cittadini pagano per i rifiuti che producono, e questo premia le bollette di chi è più sensibile e diligente. Questo, in una qualsiasi comunità che beneficia dei buoni comportamenti di tutti, dovrebbe essere un obiettivo primario.

Nel terzo millennio abbiamo tutta l’esperienza necessaria per capire come incentivare i buoni comportamenti e disincentivare quelli sbagliati dei cittadini. Purtroppo non si può pensare che l’etica basti a spingere le persone: proprio per questo esistono regole, leggi, leve fiscali ed altri mille strumenti. L’uso di questi strumenti per incentivare fonti di danni seri all’ambiente ed alla salute è criminale, ma con i problemi di informazione che abbiamo nel nostro paese, certi comportamenti vengono celati e diventano normale amministrazione.

Ed il rifiuto diventa polvere e malattia, altro che energia.

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