Politiche

al cimitero indiano MANIFESTAZIONE NONVIOLENTA E SILENZIOSA per i diritti inviolabili dell’uomo.

Candle night @ chidorianinvitiamo tutti i cittadini, le associazioni e le forze politiche a compiere un gesto di condanna alla barbara aggressione a Navtej Singh Sidhue rendendo
omaggio ai suoi concittadini che si immolarono per la nostra libertà.

A Forlì, in via Ravegnana, c’è il cimitero che commemora la caduta di centinaia di cittadini indiani di diverse etnie e religioni, fra loro molti Sikh che morirono durante la liberazione dell’Italia e della Romagna inquadrati nell’Ottava Armata Britannica. Nulla sanno di tutto ciò quei delinquenti di Nettuno che a distanza di pochi anni da quegli eventi invece di essere riconoscenti a quei ragazzi che persero a vita ed al loro popolo, hanno aggredito Navtej Singh Sidhue, tentando di
ucciderlo con il fuoco.

Questi episodi di violenza sono la punta di un iceberg di una cultura dell’intolleranza, che sfocia persino in festeggiamenti e battute indecenti sul
male inferto ad una persona. Purtroppo notiamo che questa incultura si manifesta anche quando la TV, invece di chiamare la persona aggredita con il suo nome, utilizza il termine “indiano” , dando alla parola la stessa accezione negativa di “ebreo”, “negro” “rom”.

Il nostro gesto simbolico intende anche dare una risposta ai contenuti razzisti e discriminatori del cosiddetto pacchetto sicurezza messo a punto dal
Governo in questi giorni. Per contrastarli e mostrare la nostra vergogna per quanto sta accadendo a partire da MARTEDI’ 10 Febbraio alle ore 17.45, porteremo delle candele al cimitero di via Ravegnana.

Cercheremo, per qualche giorno, di ricordare che i cittadini italiani non sono questo, che esiste un rispetto per la persona che non conosce distinzioni, che la Costituzione Italiana ha ancora un valore e riconosce i diritti inviolabili dell’uomo.

La giustizia dei forconi, la laicità dello Stato ed i tentativi di golpe

Io credo che un Paese normale abbia bisogno di una giustizia indipendente dalla politica, e di una politica che rispetta le regole. L’annuncio di Di Pietro sul voto favorevole al tentativo di colpo di Stato di Berlusconi, che sovverte le decisioni della giustizia sul caso Englaro, è significativo: tutti gli appelli fatti nei mesi scorsi perdono improvvisamente di valore. La giustizia di Di Pietro non è quella dei tribunali, della corte di cassazione, della Costituzione, ma quella dei forconi. Una giustizia a doppia velocità, forte con i deboli e debole con i poteri forti.

L’indecisione di Veltroni sulla vicenda, sulla quale dice che non è tempo di uno scontro tra laici e cattolici ma quello della coesione dei valori, è palesemente priva di senso. Tutti i cittadini, tutti i partiti, devono esprimere la loro opinione: in democrazia si discute e si prende una decisione. Invece la scelta, anche questa volta, è a doppio binario: la Binetti vola a Lourdes per sostenere il progetto di Golpe del Governo e le anime laiche del partito sostengono timidamente il Presidente della Repubblica. Ma chi vota per questo partito, senza le preferenze, quale delle due strade avrebbe voluto sostenere?

I partiti senza posizione non servono certo a rappresentare le idee dei cittadini
(visto che non è richiesto loro di esprimersi sulle scelte precise, ma di votare sulla pettinatura del leader).

Così ci troviamo, oggi, in una situazione gravissima. Da un lato viene attaccata la giustizia, l’indipendenza del potere giudiziario da quello legislativo (che sono alla base dello stato di diritto, un concetto datato fine 1700), dall’altro le forze politiche in Parlamento sono tutte indifferenti sostenitrici di questo “ME NE FREGO” della Costituzione berlusconiano.

Io penso che i cittadini italiani debbano svegliarsi e muoversi con uno scatto d’orgoglio che impedisca nuovi passi in questa direzione: abbiamo già sperimentato una volta dove portano queste scale e la nostra Costituzione è lì per impedire che la storia si ripeta.

La tessera di partito ed il Berlusconismo

i-want-youChe schifo i partiti con le tessere e le iscrizioni old style, molto meglio i partiti “fluidi”, senza iscrizioni. Quante volte abbiamo sentito questa sciocchezza, in questi mesi? Ci è stata ripetuta talmente tante volte che quasi quasi sembrava convincente.
Il problema è che partiamo da parole inquinate da significati non loro, che cambiano il nostro modo di pensare senza cambiare il contenuto (come cambiare nome agli inceneritori in “termovalorizzatori” rende loro un aspetto meno negativo).

Le associazioni hanno iscritti, a volte semplici sostenitori a volte attivisti, che eleggono rappresentanti (presidenti, consiglieri) che la dirigono: quali iniziative fare, cosa dire, come spendere il denaro.

I partiti sono associazioni di persone che si occupano di politica e di rapporti con le istituzioni. Visto l’importanza dei temi che trattano, è assolutamente indispensabile che esista una democrazia interna che permetta alle persone di partecipare alle loro decisioni, ed alle elezioni dei rappresentanti ad ogni livello. Questo permetterebbe di evitare anche il nepotismo, la gestione privata o familiare, le piramidi di potere troppo ripide (dove molta base sostiene un piccolo vertice).

L’idea quindi di fare a meno delle persone iscritte ai partiti, per avere solo dirigenza che occupi potere, è assurda. Qualsiasi forma di confronto con la cittadinanza non può che essere diretta, in qualche modo, da quella dirigenza, che a meno di grossi errori di valutazione deciderà temi, persone e maggioranze chiedendo alle persone solo un voto plebiscitario, un sì o un no lontanissimi dalla democrazia vera.

L’America che oggi ha votato Obama e che viene presa come riferimento democratico, è molto più arretrata dell’Italia di qualche decennio fa nel suo rapporto con i cittadini. I cittadini americani hanno talmente sfiducia nel sistema che per metà non votano, e per metà votano 2 persone che fanno a gara per assomigliarsi ed accaparrare gli stessi voti.
Sì e No. Repubblicano o Democratico, Bianco o Nero.
Se oggi il risultato è storico, probabilmente molto lo si deve anche all’illusione di aver trovato un nuovo leader che con una bacchetta magica risolva tutti i problemi.
In realtà i grossi poteri economici hanno sostituito la politica, ed hanno chiesto istituzioni leggere, la scomparsa dei dibattiti politici, l’eliminazione dei partiti, per poter agire in piena libertà e senza regole (con conseguenze tristemente note).

In Italia abbandonata l’educazione civica nelle scuole e nei media, oggi appartenere ad una associazione o ad un partito è visto come qualcosa di infamante, da nascondere o da evitare.
Penso che dovremmo lottare contro questo qualunquismo, e cercare di spiegare che non è tanto il sistema associativo ad essere malato, è la mancanza di una vera base che controlli, voti, discuta, si impegni, a determinare una mancanza di controllo dei cittadini sui partiti.

Se quelli che esistono non vanno bene, se ne possono creare altri (Grillo, pur evitando come la peste la parola partito, di fatto ne ha organizzato uno, senza democrazia interna, iscritti e rappresentanti eletti).

A mio parere non si può sconfiggere il berlusconismo con gli stessi strumenti: un partito agenzia pubblicitaria, nessun congresso per discutere cosa si fa, decisioni imposte da una sola persona.

Se vogliamo superare il nostro sistema dobbiamo imparare che partecipare è importante.
Le elezioni politiche dell’anno scorso dovrebbero aver insegnato qualcosa: che l’astensione, il leaderismo, la vocazione maggioritaria, il “ma anche” possono essere uno strattagemma a visione molto corta, che rischia di seppellire definitivamente la democrazia nel nostro paese.

Schierarsi per Obama

Mi piacerebbe molto conoscere il motivo per il quale in questi mesi il 99% dei siti, dei gruppi e delle persone in Italia si è schierato pubblicamente per l’elezione a presidente degli USA per Obama o McCain.
La maggior parte delle stesse persone che oggi si schierano sull’elezione presidenziale USA non lo hanno fatto per le elezioni politiche italiane, probabilmente perché nel primo caso è facile, trendy e gratis (non si hanno comunque responsabilità), mentre un impegno nelle elezioni di casa pone sempre delle responsabilità che è più facile evitare che sostenere.

Più lento, più bello, migliore

I Verdi ripartono con un ottimo risultato in Alto Adige, dove ottengono il 5,8% dei consensi, a soli 400 voti di distanza dal Partito Democratico.

Questo voto dimostra che l’alternativa ecologista ed ambientalista è seria e condivisa dall’elettorato, che invece ha punito sonoramente le forze politiche oggi maggiormente rappresentate in Parlamento e ha però premiato anche formazioni di estrema destra. E’ un dato, quest’ultimo, che desta grande preoccupazione e che rende ancora più necessario il ruolo di un partito Verde impegnato a costruire una società sostenibile da un punto di vista sociale e ambientale, una società aperta, solidale, multietnica.

La crisi economica e quella del clima sono figlie di una stessa radice, che si nutre di sprechi, disuguaglianze e dell’idea della totale assenza di limiti.
Oggi occorre ripartire dall’analisi dei problemi alla fonte, discutere seriamente di processi di decrescita e di miglioramento del ben-essere dei cittadini, continuare a dimostrare con esempi positivi i valori di cui la cultura ecologista è portatrice, dare risposte concrete alle difficoltà che ciascuno incontra quotidianamente.

Tutte le altre forze politiche sono prive di alternative credibili a questo sistema, ed anche di fronte ad uno dei suoi periodi più neri continuano a prescrivere la stessa medicina della crescita, prefigurando così una società caratterizzata da diseguaglianze sempre più forti.
Oggi più di ieri è necessario mantenere una autonomia che liberi i Verdi da etichettature politiche improprie e permetta di iniziare un nuovo percorso, partendo dai gruppi che lavorano localmente e ottengono i consensi che meritano.

Approfondimenti: Programma elettorale Verdi Alto Adige + Liste Civiche

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