diritto

Carlucci: stop all’anonimato in rete

Ho già parlato male delle idee di Gabriella Carlucci sul diritto d’autore e su internet, ma pare che questa volta si sia superata.
Dopo i 4 anni di prigione a chi viola il copyright , la stampa clandestina per chi tiene un blog, la censura sul web proposta da D’Alia, ora arriva anche il divieto di anonimato.

Sia chiaro, in questo caso non si tratta di perseguire chi commette reati, ma impedire qualsiasi tentativo di pubblicare i contenuti in forma anonima. Così verrebbero a sparire, ad esempio, tutte le denunce fatte dai cittadini che per qualsiasi motivo non possono rendere pubblica la loro identità (ad esempio chi ha paura di perdere il proprio lavoro, ma vuole denunciare la violazione di norme sulla sicurezza).

Internet è un mezzo che dovremmo imparare a considerare come la stampa, che protegge le proprie fonti. Gli strumenti per bloccare eventuali reati ci sono, indipendentemente dalla forma con la quale vengono inseriti negli spazi pubblici.

Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.(Articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo)

Ordine del giorno per l’acqua pubblica

Oggi presenterò un Ordine del Giorno sull’Acqua, che a sostegno del bene comune e della pubblicizzazione dell’acqua.

Segue il testo:

ODG “ACQUA BENE COMUNE”: ADESIONE AL MANIFESTO PER L’ACQUA E AL COORDINAMENTO ENTI LOCALI PER L’ACQUA PUBBLICA, IMPEGNI CONSEGUENTI.

Il Consiglio Comunale di Forlì

PREMESSO che
l’acqua è un bene comune ed è un bene finito indispensabile all’esistenza di tutti gli esseri viventi;
– la disponibilità e l’accesso all’acqua potabile sono diritti umani inalienabili e inviolabili di ciascuno

CONSIDERATO che complessivamente oltre 1 miliardo e 400 milioni di persone che abitano il pianeta non hanno accesso all’acqua potabile e che per far fronte a questa situazione è stata promossa la campagna mondiale Acqua diritto umano bene comune ed è stato costituito un Comitato Internazionale per un contratto mondiale per l’acqua;

CONSIDERATO inoltre
che tra le iniziative del Comitato Internazionale per un contratto mondiale per l’acqua vi è la diffusione del Manifesto dell’Acqua di cui si chiede la sottoscrizione;
che lo scorso 21 novembre a Roma, nell’ambito del Secondo Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, si è tenuta la prima Assemblea del Coordinamento nazionale degli Enti Locali per l’Acqua pubblica

RICORDATO che è stata nuovamente assegnata alla Commissione Ambiente della Camera la proposta di legge di iniziativa popolare per la ripubblicizzazione dell’acqua sulla quel sono state raccolte in tutta Italia nel corso del 2007 oltre 400.000 firme di cittadine e cittadini. La proposta di legge ha l’obiettivo di sottrarre l’acqua (reti, gestione ciclo idrico integrato, erogazione) alle leggi del mercato e della concorrenza, garantendone la proprietà e la gestione interamente pubbliche e il controllo diretto da parte della comunità locale; di assicurare una quantità minima vitale di acqua, gratuita, a tutti gli esseri umani;

Il Consiglio Comunale di Forlì

IMPEGNA Sindaco e Giunta

– ad avviare ogni iniziativa utile affinchè il Parlamento approvi la proposta di legge di iniziativa popolare per la ripubblicizzazione dell’acqua;
– a proseguire l’opera di sensibilizzazione sul tema dell’acqua e della desertificazione coinvolgendo gli altri Comuni della provincia e la Regione;
– a contrastare ogni forma di politica e di sviluppo che di fatto possa comportare direttamente o indirettamente o un impoverimento quantitativo/qualitativo del patrimonio “acqua” o un estendersi dei processi di desertificazione;

a promuovere azioni per

– preservare e salvaguardare le risorse idriche e favorire l’accesso all’acqua per tutti, come diritto a partire dal proprio territorio;
– ridurre il consumo e gli sprechi di acqua potabile a livello di comportamenti ed usi quotidiani, privilegiando per bere il consumo di acqua di rubinetto in casa ed a sollecitarne l’uso nei luoghi pubblici;
– sollecitare i gestori affinchè garantiscano una buona qualità dell’acqua del rubinetto;
– praticare la riduzione dei consumi domestici e a sollecitare l’adozione negli edifici pubblici, nelle abitazioni, di tecnologie di riduzione dei consumi (riduttori di flusso);

– sostenere, con tutti i mezzi legittimi, iniziative concrete in difesa dell’acqua come diritto umano e bene comune da parte delle istituzioni;
– definire le azioni necessarie per garantire una gestione ed un governo pubblico delle risorse idriche del territorio;
– sostenere il finanziamento di progetti che garantiscano l’accesso all’acqua nei paesi più poveri. DELIBERA
di sottoscrivere il Il MANIFESTO DELL’ACQUA a cura Comitato internazionale per il Contratto Mondiale sull’Acqua, All. A) e di aderire al Coordinamento Enti Locali per l’Acqua Pubblica;

S’IMPEGNA

a modificare lo Statuto Comunale introducendo il riconoscimento dell’acqua come bene comune pubblico e patrimonio dell’umanità e di tutte le specie viventi e l’accesso all’acqua potabile come un diritto umano fondamentale che non deve essere assoggettato a norme di mercato.

Di chi sono i miei dati?

Il tema che ho pensato di portare al nanosocial #2, sul quale certamente scriverò ancora almeno per parlare delle mie impressioni, è il problema della disponibilità dei nostri dati inseriti sulle applicazioni web.
Penso che il futuro vedrà spostare tutti o quasi i nostri programmi sul web, che potranno essere utilizzati da qualsiasi dispositivo mediamente “intelligente”.
Scompariranno, almeno parzialmente, i file sul nostro computer.
Questo in parte per qualcuno è già vero, basta pensare alle foto caricate su flickr e magari salvate malamente ed in maniera disorganizzata su supporti deperibili (anche gli Hard Disk lo sono).

Tutti questi servizi web, però, non offrono la garanzia nelle proprie clausole di utilizzo della futura disponibilità dei nostri dati, e quando forniscono delle funzionalità per scaricarli non sono comode e non sono complete (tornando all’esempio di Flickr, si possono prelevare le foto ma non le note ed i commenti, o le discussioni, o gli elenchi di amici).

Con Facebook si arriva al paradosso di non poter scaricare la propria rubrica di indirizzi e mantenerla per più di 24 ore: si violerebbero i termini del contratto.

Twitter si riserva il diritto di modificare o terminare il servizio per qualsiasi ragione, senza nessuna notifica ed in qualsiasi momento.

Tra le possibili soluzioni sicuramente non è molto percorribile il mantenimento dei propri dati a casa propria (non si potrebbero utilizzare tutti i vantaggi della loro disponibilità online & everywhere).

Una proposta potrebbe essere quella di sottoscrivere un contratto/patto con il fornitore del servizio che permetta ALMENO queste possibilità:
– le modifiche ai termini del contratto devono essere notificate per tempo
– possibilità di stabilire nel dettaglio quale licenza d’uso dei propri dati utilizzare
– possibilità di scaricare in qualsiasi momento tutti i dati frutto della propria attività sul servizio. Non solo quindi le foto o le note, ma anche i contatti, le note, e via dicendo.

Serve un metodo che dia la possibilità a chi fornisce il servizio di garantirsi uno spazio commerciale grazie al valore aggiunto che crea, non grazie all’impossibilità di scegliere alternative.

Troppo spesso dimentichiamo che chi fornisce il servizio è un privato, quindi è in casa sua che andiamo ad inserire contenuti. Questo giustamente può fare quello che vuole: chiuderci la porta, chiudere il servizio, cambiare costi e modalità di fruizione.

Oggi sarebbe impensabile avere una casella postale o una cassetta in banca e vedersela chiudere senza poterne ritirare i contenuti. Nella stragrande maggioranza dei servizi web questo invece potrebbe accadere senza tutela dal punto di vista legale.

E’ una cosa che può starci bene per un insieme di informazioni che riteniamo senza importanza, ma certamente non dovrebbe essere trattata con la leggerezza attuale di chi (compreso il sottoscritto) accetta termini di servizio senza prestare nessuna attenzione, perché tanto “lo usano o lo fanno tutti”.

Nel limite del possibile penso che sia più “sicuro” inserire quello che ci sta più a cuore in un nostro dominio, e legarlo ai social network attraverso ponti che mettano in correlazione i contenuti. Ad esempio pubblicando automaticamente su flickr le foto già inserite su una gallery privata, o pubblicando su twitter le note alimentate da un miniblog.

L’avvocato Antonino Attanasio ha proposto una diversa composizione societaria per le aziende che offrono servizi di questo tipo in modo che anche quella sia “sociale” come il servizio che pretende di offrire. Penso che abbia centrato il problema e spero che ne approfondisca l’analisi per poterla linkare: sicuramente una fondazione o una cooperativa permetterebbero una maggiore sicurezza sulla democraticità del futuro del business legato al servizio.

Penso inoltre che i piccoli mono-poli dei servizi web odierni possano ri-trasformarsi di nuovo in una rete di poli che dialogano tra loro, nella quale non importa quale galleria di immagini utilizzi, avrai comunque la possibilità di interagire con gli altri.

In fondo la rete è nata per resistere al crollo di una sua parte, e penso che nessuno auspichi un futuro nel quale 2-3 grandi aziende (se non una sola) possiedano tutto ciò che è direttamente o indirettamente remunerativo, in assoluta anti-concorrenza ed in una gabbia che limita le libertà dell’utente anche sull’utilizzo del frutto del proprio tempo.

Ci siamo liberati di Microsoft perché la parte della nostra vita che aveva in mano era comunque piuttosto limitata. Potremo liberarci di chi può fare qualsiasi cosa dei nostri ricordi, dei nostri contatti, dei nostri documenti o conti bancari, delle basi del commercio online?

L’ipocrisia di chi chiede il silenzio con comunicati stampa

Sulla proposta di aprire un dibattito sulla disponibilità della nostra AUSL di offrire ospitalità ad Eluana Englaro l’IDV, con il suo portavoce Biserna, e Forza Italia con Nervegna salgono insieme in cattedra e chiedono di evitare strumentalizzazioni.
Se fossero persone serie e coerenti nel chiedere il silenzio non sarebbero i primi ad utilizzare comunicati stampa, al contrario di chi in una sede istituzionale ha fatto una richiesta legittima.

Quello che non riescono a capire è che oggi non si sta discutendo di una tragedia personale, che ha ovviamente un proprio spazio privato invalicabile, ma una questione di diritto.

Oggi tutta Italia chiede che si colmi il vuoto legislativo e si prenda in mano una proposta sul testamento biologico, e se questo spazio si apre lo si deve anche a persone come il padre di Eluana o Piergiorgio Welby che hanno giustamente aperto una battaglia legale ed un dibattito politico.

Oggi si chiede che tutto venga messo a tacere, che si torni nell’ipocrisia dei divieti che vengono superati nelle più buie corsie degli ospedali.
Chi crede nella giustizia e nel diritto oggi deve sostenere la possibilità che la sentenza della Cassazione venga eseguita. Se nei territori d’origine questa possibilità viene negata è giusto che tutta Italia si esprima in favore del diritto che oggi viene negato.

Il Diritto alla vita non è un dovere ad ogni costo

E’ chiaro che qui non si fa il tifo per la morte di nessuno. Però credo che si debba discutere in maniera molto laica sulla vicenda di Eluana Englaro, perché questo caso specifico apre un dibattito sui diritti che è necessario affrontare e generalizzare.

La morte di Eluana poteva essere totalmente indolore e priva di attenzioni mediatiche. Bastava trovare una struttura consenziente: siamo in Italia e le leggi sono semplici indicazioni di massima. Questa battaglia intrapresa dal padre di Eluana è invece una battaglia sul diritto: se la sua intenzione fosse stata quella di disfarsi del problema, avrebbe trovato altre scorciatoie.

16 anni di battaglie legali, chissà quali sofferenze personali e quanti soldi spesi in avvocati.
Pensate a quanto è estenuante un percorso di questo tipo.

La giusta misura sarebbe stata la possibilità per Eluana di scrivere nel proprio testamento biologico la volontà di non rimanere in stato vegetativo permanente (e lo avrebbe fatto). A quel punto, trascorso un tempo ragionevole, i medici avrebbero potuto porre fine alla sua vita con metodi certamente migliori.

Questa possibilità è stata negata anche per le pressioni molto forti nei confronti delle istituzioni chiamate a decidere. Così si è dovuta trovare la scappatoia della sospensione della somministrazione di acqua e cibo.

Ritengo quindi che ci sia un po’ di ipocrisia in tutta la battaglia contro la decisione della cassazione, oggi appesa alle modalità della morte di Eluana. Ognuno dovrebbe poter decidere per sè, nel rispetto dei diritti degli altri, oppure si smetta di parlare di libertà (parola molto utile solo quando ci sono interessi economici).

Un’altra ipocrisia sta nelle spese e nelle doppie misure. Siamo sicuri che la giusta misura sia tenere in vita la Englaro contro la sua volontà, piuttosto che destinare quelle migliaia di euro l’anno per il suo mantenimento a paesi dove con 1€ al giorno un bambino riesce a mangiare?
La vita di Eluana in questo stato è più importante di quella delle persone che muoiono al lavoro per mantenere il nostro stato di vita?
Perché lo stesso accanimento non si vede quando si parla delle missioni di Guerra?

Siamo sicuri che tutto questo sia dovuto veramente all’amore per la vita? Non c’è forse il dubbio che un po’ di questa forza derivi dalla gestione di gran parte delle strutture private nelle quali queste persone sono mantenute?

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