Politica

Ordine del giorno per l’acqua pubblica

Oggi presenterò un Ordine del Giorno sull’Acqua, che a sostegno del bene comune e della pubblicizzazione dell’acqua.

Segue il testo:

ODG “ACQUA BENE COMUNE”: ADESIONE AL MANIFESTO PER L’ACQUA E AL COORDINAMENTO ENTI LOCALI PER L’ACQUA PUBBLICA, IMPEGNI CONSEGUENTI.

Il Consiglio Comunale di Forlì

PREMESSO che
l’acqua è un bene comune ed è un bene finito indispensabile all’esistenza di tutti gli esseri viventi;
– la disponibilità e l’accesso all’acqua potabile sono diritti umani inalienabili e inviolabili di ciascuno

CONSIDERATO che complessivamente oltre 1 miliardo e 400 milioni di persone che abitano il pianeta non hanno accesso all’acqua potabile e che per far fronte a questa situazione è stata promossa la campagna mondiale Acqua diritto umano bene comune ed è stato costituito un Comitato Internazionale per un contratto mondiale per l’acqua;

CONSIDERATO inoltre
che tra le iniziative del Comitato Internazionale per un contratto mondiale per l’acqua vi è la diffusione del Manifesto dell’Acqua di cui si chiede la sottoscrizione;
che lo scorso 21 novembre a Roma, nell’ambito del Secondo Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, si è tenuta la prima Assemblea del Coordinamento nazionale degli Enti Locali per l’Acqua pubblica

RICORDATO che è stata nuovamente assegnata alla Commissione Ambiente della Camera la proposta di legge di iniziativa popolare per la ripubblicizzazione dell’acqua sulla quel sono state raccolte in tutta Italia nel corso del 2007 oltre 400.000 firme di cittadine e cittadini. La proposta di legge ha l’obiettivo di sottrarre l’acqua (reti, gestione ciclo idrico integrato, erogazione) alle leggi del mercato e della concorrenza, garantendone la proprietà e la gestione interamente pubbliche e il controllo diretto da parte della comunità locale; di assicurare una quantità minima vitale di acqua, gratuita, a tutti gli esseri umani;

Il Consiglio Comunale di Forlì

IMPEGNA Sindaco e Giunta

– ad avviare ogni iniziativa utile affinchè il Parlamento approvi la proposta di legge di iniziativa popolare per la ripubblicizzazione dell’acqua;
– a proseguire l’opera di sensibilizzazione sul tema dell’acqua e della desertificazione coinvolgendo gli altri Comuni della provincia e la Regione;
– a contrastare ogni forma di politica e di sviluppo che di fatto possa comportare direttamente o indirettamente o un impoverimento quantitativo/qualitativo del patrimonio “acqua” o un estendersi dei processi di desertificazione;

a promuovere azioni per

– preservare e salvaguardare le risorse idriche e favorire l’accesso all’acqua per tutti, come diritto a partire dal proprio territorio;
– ridurre il consumo e gli sprechi di acqua potabile a livello di comportamenti ed usi quotidiani, privilegiando per bere il consumo di acqua di rubinetto in casa ed a sollecitarne l’uso nei luoghi pubblici;
– sollecitare i gestori affinchè garantiscano una buona qualità dell’acqua del rubinetto;
– praticare la riduzione dei consumi domestici e a sollecitare l’adozione negli edifici pubblici, nelle abitazioni, di tecnologie di riduzione dei consumi (riduttori di flusso);

– sostenere, con tutti i mezzi legittimi, iniziative concrete in difesa dell’acqua come diritto umano e bene comune da parte delle istituzioni;
– definire le azioni necessarie per garantire una gestione ed un governo pubblico delle risorse idriche del territorio;
– sostenere il finanziamento di progetti che garantiscano l’accesso all’acqua nei paesi più poveri. DELIBERA
di sottoscrivere il Il MANIFESTO DELL’ACQUA a cura Comitato internazionale per il Contratto Mondiale sull’Acqua, All. A) e di aderire al Coordinamento Enti Locali per l’Acqua Pubblica;

S’IMPEGNA

a modificare lo Statuto Comunale introducendo il riconoscimento dell’acqua come bene comune pubblico e patrimonio dell’umanità e di tutte le specie viventi e l’accesso all’acqua potabile come un diritto umano fondamentale che non deve essere assoggettato a norme di mercato.

La tessera di partito ed il Berlusconismo

i-want-youChe schifo i partiti con le tessere e le iscrizioni old style, molto meglio i partiti “fluidi”, senza iscrizioni. Quante volte abbiamo sentito questa sciocchezza, in questi mesi? Ci è stata ripetuta talmente tante volte che quasi quasi sembrava convincente.
Il problema è che partiamo da parole inquinate da significati non loro, che cambiano il nostro modo di pensare senza cambiare il contenuto (come cambiare nome agli inceneritori in “termovalorizzatori” rende loro un aspetto meno negativo).

Le associazioni hanno iscritti, a volte semplici sostenitori a volte attivisti, che eleggono rappresentanti (presidenti, consiglieri) che la dirigono: quali iniziative fare, cosa dire, come spendere il denaro.

I partiti sono associazioni di persone che si occupano di politica e di rapporti con le istituzioni. Visto l’importanza dei temi che trattano, è assolutamente indispensabile che esista una democrazia interna che permetta alle persone di partecipare alle loro decisioni, ed alle elezioni dei rappresentanti ad ogni livello. Questo permetterebbe di evitare anche il nepotismo, la gestione privata o familiare, le piramidi di potere troppo ripide (dove molta base sostiene un piccolo vertice).

L’idea quindi di fare a meno delle persone iscritte ai partiti, per avere solo dirigenza che occupi potere, è assurda. Qualsiasi forma di confronto con la cittadinanza non può che essere diretta, in qualche modo, da quella dirigenza, che a meno di grossi errori di valutazione deciderà temi, persone e maggioranze chiedendo alle persone solo un voto plebiscitario, un sì o un no lontanissimi dalla democrazia vera.

L’America che oggi ha votato Obama e che viene presa come riferimento democratico, è molto più arretrata dell’Italia di qualche decennio fa nel suo rapporto con i cittadini. I cittadini americani hanno talmente sfiducia nel sistema che per metà non votano, e per metà votano 2 persone che fanno a gara per assomigliarsi ed accaparrare gli stessi voti.
Sì e No. Repubblicano o Democratico, Bianco o Nero.
Se oggi il risultato è storico, probabilmente molto lo si deve anche all’illusione di aver trovato un nuovo leader che con una bacchetta magica risolva tutti i problemi.
In realtà i grossi poteri economici hanno sostituito la politica, ed hanno chiesto istituzioni leggere, la scomparsa dei dibattiti politici, l’eliminazione dei partiti, per poter agire in piena libertà e senza regole (con conseguenze tristemente note).

In Italia abbandonata l’educazione civica nelle scuole e nei media, oggi appartenere ad una associazione o ad un partito è visto come qualcosa di infamante, da nascondere o da evitare.
Penso che dovremmo lottare contro questo qualunquismo, e cercare di spiegare che non è tanto il sistema associativo ad essere malato, è la mancanza di una vera base che controlli, voti, discuta, si impegni, a determinare una mancanza di controllo dei cittadini sui partiti.

Se quelli che esistono non vanno bene, se ne possono creare altri (Grillo, pur evitando come la peste la parola partito, di fatto ne ha organizzato uno, senza democrazia interna, iscritti e rappresentanti eletti).

A mio parere non si può sconfiggere il berlusconismo con gli stessi strumenti: un partito agenzia pubblicitaria, nessun congresso per discutere cosa si fa, decisioni imposte da una sola persona.

Se vogliamo superare il nostro sistema dobbiamo imparare che partecipare è importante.
Le elezioni politiche dell’anno scorso dovrebbero aver insegnato qualcosa: che l’astensione, il leaderismo, la vocazione maggioritaria, il “ma anche” possono essere uno strattagemma a visione molto corta, che rischia di seppellire definitivamente la democrazia nel nostro paese.

Il figlio di Di Pietro dovrebbe dimettersi

Io ritengo che sia ingiusto che in Italia essere indagato corrisponda ad una sorta di colpevolezza non dimostrata (probabilmente a causa dei tempi lunghi e del senso di impunità, non si distingue dal condannato).
Però non sono affatto d’accordo con Travaglio quando dice che le accuse al Figlio di Di Pietro non sono penalmente rilevanti. Travaglio minimizza parlando di raccomandazioni, mentre secondo la stampa Cristiano Di Pietro sarebbe indagato per corruzione.
Di Pietro Senior però ha chiesto più volte le dimissioni dei politici indagati (ad accuse non ancora confermate) a tutela delle istituzioni. Per coerenza, quindi, anche suo figlio dovrebbe dimettersi da consigliere provinciale (ha dato quelle dal partito, che sono gratis), in attesa del giudizio.

Una analisi delle società partecipate a partire dal Comune di Forlì

Ieri in Consiglio Comunale abbiamo discusso (senza voto) sul ruolo delle società partecipate del Comune di Forlì. Queste società tolgono in generale potere decisionale dalle mani del Consiglio, e quindi dal controllo elettorale dei cittadini, e servono ad uno scopo ben preciso: conseguire l’oggetto sociale su indirizzo dell’amministrazione.
Non sempre questo avviene, e la gran parte dei problemi deriva non tanto dagli indirizzi che l’amministrazione cerca di imporre, ma dalla struttura societaria. Una S.P.A. come Hera, anche se a maggioranza pubblica, cercherà di perseguire come scopo il maggior dividendo possibile, altrimenti le sue quotazioni in borsa perderanno valore.
In questi giorni si è parlato tanto della crisi finanziaria di Sapro, che deriva dalla mancata vendita dei terreni a disposizione (sulla stampa si parla di circa 100 mln di euro di debiti). In questo caso il problema è aggravato dai conflitti d’interessi tra chi programma l’uso del territorio (il Comune, la Provincia), chi ha bisogno di aree (i privati) e Sapro (che è di proprietà delle amministrazioni locali).
Nella delibera che ci è stata presentata ieri Sapro viene individuata tra le società che si occupano di servizi di interesse generale a libero mercato. Questo però non combacia con le richieste fatte dalla società di coprire con una lettera di patronage (una garanzia) l’indebitamento con le Banche.

Quale società nel libero mercato può godere delle stesse garanzie?
Il ruolo del Comune nei confronti della sua società, al di là del patronage, è particolarmente complesso. Quando il Comune programma il territorio, modificando la destinazione d’uso dei terreni, va ad incidere sul bilancio di Sapro.

Uno schema per chiarire:
– Gli enti pubblici dettano gli indirizzi e fanno la programmazione del territorio.
– Sapro ed altri privati realizzano questi indirizzi, anche con accordi di programma fuori dalle previsioni.
– Gli enti pubblici sono proprietari di Sapro.

Nell’accordo di programma Querzoli-Ferretti, ad esempio, la scelta politica di fare un accordo di programma ha permesso alle aziende di non utilizzare i terreni di Sapro. Se non lo avesse fatto probabilmente le aziende si sarebbero rivolte a questa società, che avrebbe migliorato i suoi bilanci (ed essendo partecipata anche quelli dei suoi proprietari, tra i quali il Comune). In ogni caso queste scelte politiche incidono, in un verso o nell’altro, sul mercato e sui bilanci.

Gli accordi di programma e le continue varianti permettono di superare qualsiasi programmazione, sulla base di un interesse pubblico difficilmente dimostrabile.

Tornando ad Hera, qui i problemi di gestione e governance si moltiplicano:
– Il Comune dovrebbe impostare gli indirizzi
– l’ATO, che raduna tutti i comuni, dovrebbe gestire le tariffe
– Hera ha in affidamento i servizi pubblici
– Il Comune ha una partecipazione in Hera

I problemi sono ben facili da individuare in questo ciclo chiuso: senza fare una gara d’appalto, in questi anni ATO è stata costretta ad accettare le tariffe richieste da Hera. I guadagni di Hera sono anche i guadagni del Comune e degli enti che fanno parte di ATO (quindi paradossalmente il committente è proprietario del fornitore).
I guadagni di Hera sono i guadagni degli enti proprietari, che dovrebbero fare gli indirizzi (inceneritore sì, inceneritore no, porta a porta no).

La scarsa percentuale di partecipazione ha fatto perdere agli enti qualsiasi capacità di indirizzo: il 2.15% del comune di Forlì in Hera certamente non sposta nulla nel CDA.

Si aggiunga poi che il Comune è proprietario di Romagna Acque, che vende l’acqua ad Hera, o che Hera è proprietaria di parte di Agess, che scrive i piani energetici del Comune (che include ad esempio il teleriscaldamento di Hera). Si possono individuare molti altri problemi che certamente rendono più complicata la guida e la gestione dei servizi pubbilci.

Sul teleriscaldamento si gioca un’altra partita complicata e sottovalutata: le reti dell’acqua e del gas, per fortuna, sono pubbliche. Il teleriscaldamento invece è totalmente di proprietà del gestore, che è proprietario anche delle reti: in futuro se un’altra ditta vorrà fornire il servizio dovrà sfruttare le reti di Hera, che come concorrente ha la possibilità di impedirlo.

Non è una ipotesi assurda, se pensiamo a quanto è avvenuto sulla telefonia, sia fissa sia mobile. Per quella fissa abbiamo liberalizzato il mercato vendendo le reti (il doppino è di telecom). In questo modo telecom ha sempre avuto il controllo, che porta le nostre bande larghe per internet tra le più care d’Europa.
La proprietà privata delle reti di telefonia mobile, invece, hanno moltiplicato il numero di antenne per i cellulari: ogni gestore ha le sue. E questo difficilmente può essere considerato un bene.

Bisognerebbe fare quindi una riflessione approfondita sul ruolo delle società partecipate, sulla loro necessità e sulle modalità per recuperare trasparenza, governance e credibilità.

Sono molto curioso di sapere in quanti hanno letto fino alla fine questo lungo articolo, ed hanno una loro opinione in merito, penso che il tema sia uno dei più importanti per una amministrazione pubblica.

Il ricambio e le giovani generazioni in politica

Sono state pubblicate le statistiche dell’età media dei consiglieri comunali e provinciali. Sul sito di RomagnaOggi la notizia è stata accolta con sdegno in alcuni commenti, del tipo “tanto gli elettori trovano sulla scheda sempre gli stessi nominativi” e “Chi è riuscito a “sedersi” una volta, senz’altro vi ha messo un po’ di colla”. Ve lo assicuro, la situazione non è affatto questa. Nel consiglio comunale ci sono ancora i voti di preferenza, ed anche per questo motivo le liste di candidati sono sempre molto eterogenee, per sesso ed età. Se il risultato quindi non è uniforme alla distribuzione di genere e di età, questo non è causato dalle dirigenze di partito, che comunque sono elettive e riflettono il parere degli iscritti, ma dal voto dei cittadini.

C’è da chiedersi se un giovane sia meglio a tutti i costi di un uomo maturo, ed ovviamente la risposta è no. La verità è che gli under 30 interessati di politica ed attivi in prima persona sono pochissimi, e scarsa è anche la selezione. Molti meno di quelli che partecipavano attivamente quarant’anni fa , è un dato di fatto.

Oggi la politica, purtroppo, non è più considerata uno strumento per modificare le cose. Ci si sente ingiustamente impotenti, e si utilizza questo pretesto per fare altro (magari volontariato in qualche associazione).

Nel 2004 avevo 24 anni e 4 anni di politica universitaria (fatta in una associazione apartitica) alle spalle. Mi hanno chiesto di presentarmi alle elezioni amministrative come candidato e l’ho fatto volentieri, facendo campagna elettorale e cercando consenso per me e la mia lista. I pochi giovani che sono nei consigli comunali e provinciali non hanno ricevuto chissà quali investiture dalle gerarchie, ma si sono rimboccati le maniche.

Spesso questi ragazzi sono le ultime foglie di un albero genealogico di politici, e credo che la causa di questo si possa cercare in una cultura politica familiare (i genitori con ogni probabilità impartiranno una diversa cultura sull’impegno politico ai propri figli), e nella mancanza di nuove leve che si fanno avanti senza la certezza di risultati.

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